È grande l’interesse in tutto il mondo per l’elezione del nuovo Papa. Alcuni hanno evidenziato come, con l’arrivo di Papa Leone XIV, l’enfasi sui temi sociali potrebbe subire un ridimensionamento rispetto al Magistero di Papa Francesco, a vantaggio di questioni più squisitamente religiose. Ebbene, mi sembra che la questione non andrebbe posta in questi termini.

Papa Leone sarà sicuramente se stesso, in continuità con il suo predecessore, così come Francesco lo è stato rispetto al Magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Prendiamo, ad esempio, il tema dell’ecologia integrale di Francesco, già affrontato da Giovanni Paolo II che ha sviluppato l’ecologia morale e ambientale, e da Benedetto XVI, intervenuto sui temi ambientali nel discorso del 22 settembre 2011 al Bundestag tedesco. È evidente, tuttavia, che Papa Leone lo farà con il proprio stile e con la spiritualità che gli è propria, quella di un “figlio di Sant’Agostino”.

Agostino ci ha lasciato un favoloso affresco di un profondo “cambiamento d’epoca”: il crollo dell’impero romano e l’inizio di una nuova era. Ci ha ricordato che la storia degli uomini narra le vicende della civitas hominum, irriducibile alla Civitas Dei. Ci ha insegnato che la pace, nella civitas hominum è la tranquillitas ordinis, una disposizione del cuore che è un dono di Dio, nutrita dalla preghiera e implementata, sempre in maniera imperfetta, dall’azione delle persone che scelgono di intraprendere le tante vie istituzionali della carità e la politica è una di queste vie, non certo l’unica e neppure sovrana.

A tal proposito, la stessa scelta del nome: Leone XIV appare significativa. Il predecessore Leone XIII è stato il papa che ha traghettato la Chiesa, sotto il profilo della dottrina sociale, dall’antico al nuovo regime, da un atteggiamento di ripiegamento su stessa alla proiezione verso le “cose nuove” del proprio tempo. Questo è il giudizio che un laico come Joseph Schumpeter diede della Rerum novarum, la cosiddetta magna charta della moderna dottrina sociale della Chiesa, promulgata il 15 maggio del 1891. Con quel documento, la Chiesa assumeva la questione operaia come una urgenza del proprio tempo e rivendicava tanto il diritto di proprietà quanto il diritto di associazione da parte dei lavoratori. Entrambi i principi saranno sviluppati e assumeranno i caratteri del principio di sussidiarietà e di soggettività creativa. La scelta di Papa Prevost di assumere il nome di Leone XIV fa pensare a una cura particolare per la dottrina sociale della Chiesa e per le “cose nuove” che interpellano la persona in questi giorni, tragici e sfidanti.

In questa prospettiva, non mancano coloro che già prevedono gli argomenti, il tono e le sfide che caratterizzeranno il pontificato di Papa Leone. Personalmente credo che sia difficile, se non impossibile e forse un po’ scorretto, prevedere tutto ciò, oltre a correre il rischio di coprirsi di ridicolo, confondendo e sovrapponendo le proprie legittime aspettative con le intenzioni di un Papa e con il bene della Chiesa.

Dunque, mi limiterò a fare qualche accenno ad alcune linee, prendendo spunto dai pochi indizi a nostra disposizione. L’occidente, politicamente parlando, è plasmato dell’agostinismo. Grazie ad Agostino sappiamo che la città dell’uomo non si confonde con la città di Dio e che la prima è abitata dalla persona, nella quale alberga un cuore nel quale si intrecciano due amori: quello per Dio fino al disprezzo di sé e quello per sé fino al disprezzo di Dio e così sarà fino alla fine dei tempi. Una tale postura religiosa impone una teoria dell’ordine che riconosce il limite della politica e la sovranità della coscienza personale. Ma l’occidente è anche quello dei totalitarismi, della divinizzazione dello stato e della sacralizzazione della politica che hanno cosparso la storia dell’occidente di sangue e lo hanno coperto di vergogna per il genere umano. Mi auguro che prevalga il primo occidente e che il secondo sia quotidianamente sconfitto, fino alla fine dei tempi.

Un secondo indizio ci viene direttamente da Papa Leone, allorché ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto ad adottare il nome di Leone, indicando l’intelligenza artificiale tra le “cose nuove” che non possiamo non conoscere e dalla quale non possiamo non lasciarci interpellare.

Il sapere è sempre più “know how” e, soprattutto, “know why”. Immaginare il sapere del presente come un magazzino di nozioni significa non cogliere la qualità del sapere attuale e relegare la persona a mero custode del magazzino. Se invece realizziamo che il sapere è padronanza dei processi che portano alla conoscenza, abbiamo già fatto un passo avanti, ma non è ancora abbastanza perché anche in questo, oggi, le macchine possono già sostituire l’essere umano. Ciò che un algoritmo oggi non è ancora in grado di fare e, francamente, credo che non potrà mai fare, riguarda l’attribuzione di senso, del perché di una data decisione. Potrei avere mille ragioni per dichiarare una guerra, tutti gli elementi in mio possesso potrebbero suggerirmi che devo sganciare un missile, eppure, per ragioni di senso, mi rifiuto di farlo, mi rifiuto di uccidere, obietto rispetto a una legge che giudico in coscienza ingiusta, accettando le conseguenze negative per tenere fede alla mia umanità. Insomma, il perché delle mie azioni è la cifra della mia umanità che nessun sistema di algoritmi potrà mai sostituire o sequestrare. La carità di Santa Madre Teresa di Calcutta, la santa follia di San Francesco di Assisi, l’amore di San Massimiliano Kolbe che nel campo di sterminio di Auschwitz donò la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia, non potranno mai essere sostituiti dell’intelligenza artificiale e di questo dovremmo essere profondamente fieri e gelosi.

Flavio Felice

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