L’Ucraina come la Corea? Ne parla Lucio Caracciolo, uno dei più accreditati esperti italiani di geopolitica, in questo video (CLICCA QUI) partendo dalle affermazioni di Stephen Kotkin, autore di una monumentale biografia di Stalin. Lo storico americano in un’intervista concessa al The New Yorker (CLICCA QUI) propone una possibile ‘soluzione coreana’ alla guerra in Ucraina. Un cessate il fuoco che in America viene visto come la soluzione meno peggiore, tracciando una linea di armistizio a tempo indeterminato sulle attuali linee del fronte. Ma la cosa più interessante dell’articolo sul New Yorker è la motivazione: gli Stati Uniti non solo non hanno voglia di continuare questa guerra, ma non ne hanno neppure i mezzi. La paura di Washington è che le forniture militari a Kiev possano indebolire il fronte con la Cina nell’Indo-pacifico, il loro fronte principale, e rendere meno efficace la difesa di Taiwan dalle mire di Pechino.
Sono quindi giustificati i timori di Kiev dopo alcune dichiarazioni dei vertici militari (il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Milley) e degli apparati americani sull’impossibilità da parte Ucraina di riconquistare Donbass e Crimea. A quel punto ecco che l’attenzione posta da Kiev alla proposta di pace cinese sarebbe una valutazione conseguente a tali premesse: se venissero a mancare supporti essenziali, non si potrebbe fare altro che guardare al dopo, cioè alla ricostruzione. A tal proposito, la Cina, già partner privilegiato, andrebbe a svolgere un ruolo chiave. Ricorda ancora Kotkin che a fronte di un PIL ucraino di circa 200 miliardi di dollari l’anno prima del conflitto, una prima valutazione dei costi della ricostruzione potrebbe essere quantificata in circa 350 miliardi, e quindi i 10 consegnati di persona dalla Ministra del Tesoro USA al governo ucraino paiono più un contentino e una goccia nel mare.
Forse, il piano cinese, con tutti suoi limiti, andrebbe in qualche modo sostenuto dall’Europa, o perlomeno discusso, cosa che non sembra avvenire, anzi l’incredibile primo ministro tedesco Scholz, che poco o niente ha a che vedere con l’Incredibile Hulk, si preoccupa solo di ammonire la Cina di non inviare armi alla Russia: si rimpiangono i precedenti veri statisti.
Ha poi destato grande apprensione, e direi quasi sgomento, la sconvolgente inchiesta del programma “Fuori dal coro” sui laboratori di ricerca sui virus già presenti, ma anche altri in via di costruzione, in Italia (CLICCA QUI)
Quello che apprendiamo dal servizio è che a Trieste si sta approntando un laboratorio di ricerca con livello di sicurezza P4, analogo al tristemente famoso laboratorio di Wuhan. Come spiega il Professor Tritto, porterà avanti ricerche di tipo militare sulla guerra batteriologica. Particolare di non poco conto, l’attuale direttore della struttura è inglese. Si passa poi al costruendo laboratorio di Pesaro, ma fortunatamente nel servizio si può anche assistere alla decisa sollevazione della popolazione locale. Colpisce la consapevolezza delle persone presenti, che parlano di laboratori destinati alla produzione di armi batteriologiche, ma affermano anche che i nuovi impianti vanno a sostituire quelli che si sono dovuti smantellare in Ucraina (!!!), e si ritorna così alle vere cause della guerra. Certo, risulta evidente che siamo un paese a sovranità limitata e questa è la realtà, ma forse l’errore è quello di credere che tale status sia ineluttabile: l’inquietante presenza di simili installazioni dovrebbe porci vari interrogativi e non dovremmo limitarci solo alla loro supina accettazione e condivisione, come dimostrano i 10 milioni di euro stanziati da Draghi.
Sull’attuale situazione, che sembra in gran movimento, colpisce anche l’affermazione di Donald Trump, che afferma nel caso in cui ornasse alla presidenza sarebbe in grado di far cessare la guerra in un giorno (CLICCA QUI). Ma, al tempo stesso, minaccia di bandire totalmente gli acquisti di prodotti cinesi.
Massimo Brundisini