Lukashenko risponde con la minaccia di tagliarci le forniture di gas all’annuncio europeo dell’arrivo di nuove sanzioni contro la Bielorussia. La decisione della Ue giunge a seguito della crisi esplosa ai confini di quel paese con la Polonia dove sono ammassati profughi che si trovano nella “terra di nessuno” e lasciati al freddo e senza cibo ( CLICCA  QUI ).  Un tema su cui siamo intervenuti da tempo ( CLICCA QUIQUI ) perché non è accettabile che tante vite umane siano messe davvero a rischio, utilizzate come veri e propri strumenti di ricatto.

Bene fanno le autorità europee ad intervenire a fronte di una situazione umanitaria che ancora una volta conferma che la frontiera in questione non è solamente un tratto di penna su di una cartina geografica, ma costituisce un autentico spartiacque tra il diverso modo di concepire il senso della Vita e il rispetto della dignità umana. Certo, resta una riflessione su quanto le sanzioni non finiscano per colpire anche altre popolazioni, come quelle della stessa Bielorussia, che poca responsabilità hanno al riguardo di un conflitto politico andato via via crescendo e che, in ogni caso, richiama il comportamento dei vertici dell’ex Repubblica sovietica guidata con il pugno di ferro da una ristretta oligarchia.

Noi italiani, soprattutto i nostri agricoltori, ben ricordiamo le conseguenze dello scambio di sanzioni e blocco delle reciproche esportazioni che ci ha coinvolti nello scontro tra l’Unione europea e la Russia di Putin. Un Putin che è fermamente vicino a Lukashenko, del quale sembra sostenga anche quest’ultima uscita relativa al blocco delle forniture di gas che, guarda caso, vengono proprio dalla Russi.

In ogni caso, è questa un’occasione perché anche molti europei vedano in una diversa visuale la questione delle migrazioni e delle conseguenze con cui siamo destinati a misurarci. Magari, ci sarà modo di riflettere sul fatto che i disperati profughi ammassati al filo spinato che divide Bielorussia da Polonia non siano poi così tanto diversi dalle migliaia che ogni anno sbarcano sulle coste della nostra Italia a lungo lasciata sola a confrontarsi con un fenomeno che non può essere risolto da un solo paese.

Le minacce di Lukaschenko costringono, inoltre, a riflettere sui “costi” che delle sacrosante battaglie da condurre per non venire meno all’adesione ai principi di umanità e di solidarietà fortemente radicati nella storia europea. Queste minacce se messe in atto, per essere concreti, potrebbero finire per colpire chi in Europa vive già in precarie condizioni economiche e già adesso paga per il consistente aumento dei prezzi dell’energia e del riscaldamento.

L’impegno per i principi deve dunque essere assunto nel suo complesso dall’intera Europa e dai singoli stati nazionali che lo condividono. Con la contemporanea salvaguardia e difesa, però, dei ceti più deboli e già prostrati da numerose crisi finanziarie e da una pandemia che ha messo in ginocchio, anche economicamente, persino una gran parte del ceto medio.

Un discorso che abbiamo già fatto sulla transizione ambientale ( CLICCA QUI )che o è vissuta e partecipata da un Paese intero o, altrimenti, porterà molti a chiedersi se vale la pena di “morire per Danzica”… In questo caso per i profughi lasciati al freddo tra Polonia e Bielorussia.

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