Era il 29 aprile 1993 quando Bettino Craxi si ritrovò sotto il lancio delle monetine da parte di un gruppo di contestatori. Tra questi spiccavano quelli del Movimento Sociale. Il clima era quello di Mani pulite e dell’assalto al vecchio sistema politico.
Di Pietro e tutta la Magistratura inquirente erano portati sugli scudi. I giovani e le giovani del Movimento sociale, di pari passo con i leghisti, erano in prima fila nelle proteste. Il lancio delle monetine contro il leader del Ps fu organizzato, infatti, al termine di manifestazioni organizzate dal Msi e dalla Lega a Roma nella speranza che ne arrestassero tanti.
Poi, abbiamo visto com’è finita. I giustizialisti sono dovuti diventare garantisti. Lo abbiamo sentito ripetere ieri dalla Ministra Daniela Santanchè che ha trovato più conveniente dimenticare persino i suoi propri assalti, e quelli dei suoi compagni di Fratelli d’Italia, sparando a raffica richieste di dimissioni per fatti oggettivamente meno rilevanti di quelli a lei contestati. E solo perché c’era stato qualche iscrizione nel registro degli indagati di esponenti di altri partiti.
E questo vale per altre vicende in cui sono finiti coinvolti personaggi della maggioranza e, in particolare, esponenti di Fratelli d’Italia. È passato del tempo, per taluni versi inspiegabili per dei comuni profani in materie giudiziarie, e, così, stiamo ancora attendendo di sapere quale sia la verità, ma solo per fare pochi esempi, sul caso Donzelli – Del Mastro e sulla sparatoria del Capodanno 2023 cui era presente quest’ultimo.
Tutte vicende che spesso hanno prodotto la solita tiritera della “giustizia ad orologeria” e portato ad una frattura nella continuità storica in materia di rapporti con i Giudici tra i nipotini, e le nipotine, di chi tirava le monetine a Craxi. Borsellino non è più il punto di riferimento di qualcuno…
Con la cosiddetta riforma della Giustizia la frattura è diventata insanabile. Un prezzo da pagare a Forza Italia nel ricordo di Silvio Berlusconi che aveva scoperto nella separazione delle carriere l’elisir di lunga vita e la panacea di tutte le storture, di tutti i ritardi e di tutti i problemi.
Una separazione delle carriere che potrebbe anche andare bene se non diventasse uno strumento ideologico e teso al passaggio delle procure sotto le dirette dipendenze della Politica. Che andrebbe, semmai, inserita in una riforma davvero organica di un Sistema giudiziario dal quale, invece, tutte le questioni vere da affrontare e da risolvere sono completamente ignorate. Per prime quelle che riguardano i comuni cittadini. Ma stiamo parlando al vento da decenni e decenni.
C’è, insomma, qualcosa che non convince e che è riuscito a far realizzare il capolavoro di unire, come mai accaduto in precedenza, la stragrande maggioranza dei magistrati. Sembra che, finalmente, le correnti tra i magistrati siano di colpo scomparse. E questo lo ha sottolineato ieri sera in tv anche il Procuratore Gratteri, feroce critico della cosiddetta riforma. Ancora una volta, le proposte governative sono state adottate senza che venisse compiuta una larga ricognizione e un’opera di ascolto delle opinioni di tutti i soggetti partecipi della vita dell’amministrazione giudiziaria: giudici, avvocati, studiosi e, persino, il personale coinvolto che nessuno ascolta mai. Come ha clamorosamente ricordato Gratteri ben altre sono le cose che stanno aggravando le criticissime condizioni in cui versano i tribunali. Talune persino minute, ma importantissime come quelle che dovrebbero dotare forze dell’ordine e procure degli strumenti adeguati, oggi, per combattere efficacemente la criminalità organizzata.
Quelli che furono giustizialisti, per giustificare la loro odierna contraddittorietà, scomodano addirittura il principio della parità tra le parti in un processo. Tutti, però, ben sanno cosa ci sia d’altro cui si dovrebbe mettere mano per assicurare una effettiva terzietà da parte del Giudice giudicante rispetto a quello inquirente. Terzietà che, comunque, nonostante tutto già funziona, come ci dice spesso la cronaca. Basti vedere le tante difformità di decisioni tra Pm e Gup. O sentenze che non confermano le tesi dell’accusa. Già sei anni fa raccogliemmo su queste pagine la voce di chi tanta esperienza ha maturato sulle carte giudiziarie e nelle aule dei tribunali (CLICCA QUI). E secondo queste voci la vera terzietà verrebbe meglio assicurata se si desse vita al cosiddetto “ufficio del Giudice” fornendo “mezzi e strumenti conoscitivi utili per poter affrontare in maniera più competente e professionale il momento decisionale. Ciò è importante, in particolare, per quelle nuove aree in cui deve intervenire il Giudice, come i reati finanziari, per cui appare sempre più evidente la necessità di assicurare nuove competenze e più evolute capacità”.
Ma si sa, in questo Paese lo sport più praticato è sempre quello dalla discussione ideologica, astratta e … politicamente interessata.
Alessandro Di Severo