“Make Europe great again”? Una proposta forse da definire  un po’ meglio

Mi pare che Michele Serra abbia parlato per la “Piazza  europea” del 15 marzo di una giornata dell’orgoglio europeo. Trovo la definizione non decisamente originale, ma  più che condivisibile,  a patto però che sia chiaro qual è il contenuto esatto e la ragione di questo orgoglio. Nelle dichiarazioni finora disponibili traspare però un po’ di incertezza sulle ragioni concrete di questo orgoglio. Orgoglio richiama evidentemente una distinzione, un primato (CLICCA QUI), nel nostro caso, però,  non un primato culturale europeo (primato difficile da contestare) ma, se anche non vogliamo usare i termini giobertiani “morale e civile”, almeno un “primato politico” dell’ Europa.  Ed in cosa consiste un primato del genere? Non credo basti accontentarsi del  mantra democrazia, diritti umani, stato di diritto, politiche sociali, magari da aggiungere e rendere compatibili col nuovo “riarmo” (è  proprio necessaria l’UE per avere il welfare ?). Salvare l’ UE non può bastare,  se le istituzioni  europee riescono sempre meno a colmare quel gap che si chiama “deficit democratico” e che non è certo diminuito dal trattato di Lisbona ad oggi- e tantomeno dopo la vicenda dell’ Ucraina-  e che allontana progressivamente più gli elettori europei dalle urne, quando non li spinge a simpatizzare per le autocrazie. Ovviamente meglio vivere qui che nelle autocrazie e dispotismi orientali, ma a lungo andare anche l’ UE, come le democrazie liberali, mostra quei segnali di involuzione oligarchica che sono anch’essi elemento di crisi e non di soluzione dei problemi.

Per questi motivi non credo che la manifestazione popolare europeista del  15 marzo indetta da un “comune cittadino”, non da un partito, possa essere considerata una manifestazione a sostegno del governo UE, della UE esistente, contro gli attacchi di Trump!, Un po’ strano in una democrazia liberale sarebbe manifestare a sostegno di un governo. In effetti se non vi fosse una netta  distinzione tra professione di europeismo ( per che cosa manifestare  l’orgoglio europeo? Quale l’ Europa di cui andare orgogliosi?)  e sostegno di una linea di governo, la manifestazione potrebbe essere solo motivo di ulteriore divisione, contrapposizione e strumentalizzazione politica. A chi potrebbe giovare dividere le già frammentate forze politiche e partitiche italiane in “interventisti” e “neutralisti”- qualcuno parla di “tentazione del “neutralismo”, quasi fosse una “tentazione mortale”-, “putiniani” e “zelenskiani” se non ai  soliti noti, agli  avventurieri ed agli opportunisti che hanno sinora giocato sul destino dei governi italiani?

Make Europe great again? No grazie

Va detto in premessa che c’è un certo numero di persone che non nutre alcun tipo di orgoglio europeista. Non c’è niente da fare. Per loro l’ Europa (e anche l’ Occidente con cui essa è erroneamente identificata) è una sorta di repositorium di tutti i mali possibili e immaginabili della storia. Un continente dal passato impresentabile, decisamente  peggiore di quello degli altri.  L’ Europa è considerata come una vecchia col volto pieno di rughe, delle rughe proprie di una persona invecchiata male. E’ questa una convinzione diffusa. Essa però si fonda su una valutazione quantitativa ed astratta dei fatti,  che ignora una particolarità assoluta dell’ Europa. E’ la convinzione che spinge semplicemente a metter da parte l’ “europeismo” ( solo illusione generosa  o strumentalizzazione politica), ad “astenersi” – “Noi non ci saremo”- e ad evitare manifestazioni pro Europa. Una convinzione comprensibile, anche se non giustificabile, che però non dovrebbe far dimenticare a chi la condivide che proprio dall’ eclissi dell’ idea di Europa sono nate due terribili guerre mondiali.

Ciò che questi “astensionisti assoluti” non capiscono è che l’ Europa è un continente “diverso” dagli altri, né migliore, né peggiore. L’ Europa non è tanto una “espressione geografica” (come tale sarebbe soltanto un irrilevante promontorio occidentale dell’ Asia), ma un “contenitore” (continente in questo senso) “aperto all’universale” (Rémi Brague). Dunque, non uno spazio definito da confini fisici, ma piuttosto una comunità umana dai confini mobili,  che tale è venuta riconoscendosi, almeno dal VI secolo dopo Cristo, dai tempi di San Colombano che usa in senso moderno il termine “Europa”, per alcuni valori culturali condivisi, valori non propri, ma “importati” dal suo esterno, a partire da quelli del  Cristianesimo.  Europa, ricordiamo il mito di origine, era una principessa fenicia rapita e portata in volo  da Zeus trasformatosi in un toro  a Creta, cioè in Occidente.

In questo modo di vedere la “ vecchiaia”, per riprendere la metafora sopra accennata,  dell’ Europa è quella di chi, grazie al fatto di costituire una comunità culturale,  e non  solo una comunità geografica, ha potuto tener ferma la connessione col passato ed ha operato per conciliare la creatività e il dinamismo con la saggezza proveniente da una esperienza millenaria. L’ Europa è stata così colpevole di lunghe guerre omicide, ha persino ospitato  entro il cuore della sua civiltà l’ evento dell’ Olocausto. Ma essa ha così potuto conoscere la tragedia dell’esistenza umana, meglio e più a fondo di ogni altro continente. Ha conosciuto, più di ogni altro continente, anche l’intreccio tra bene e male che si configura quasi sempre inevitabilmente in ogni trasformazione ed in ogni  “progresso” umano. Non ha invece- fortunatamente- mai potuto nutrire la fede semplicistica e ottimistica nel progresso universale e necessario, non ha mai creduto in un suo manifest destiny  in un suo proprio “destino di grandezza” come hanno fatto invece gli Stati Uniti d’ America.  L’ Europa non augurerebbe mai a se stessa un MEGAMake Europe great again– Chi fa questo augurio, ignora tutto dell’ Europa. L’ Europa non può né vuole ritornare al passato, può solo “rinascere”, ed ogni “rinascimento” è sempre anche un nuovo inizio.

Viceversa, non per un  caso, proprio in Europa, terra di immani tragedie, di conflitti e di guerre sanguinose, si sono sviluppati i diritti umani, si è formato in embrione il diritto internazionale. Non si è formato invece un vero gendarme del mondo.  Ma torniamo al punto di partenza. Se l’ Europa è questo continente particolare, in cui vicende positive e negative si sono sempre quasi indistinguibilmente intrecciate,  di che cosa è sensato oggi essere orgogliosi?

Cambiare l’ UE per difendere l’ Europa  

C’è molto, moltissimo di cui non possiamo affatto vantarci, di cui dobbiamo addirittura ancora in certi casi liberarci.  Se guardiamo al lontano passato non possiamo certo essere orgogliosi di scelte collettive operate nel disprezzo della umanità e della pari dignità , tra cui possiamo annoverare l’intolleranza, l’abuso della religione come strumento di potere, i nazionalismi, il dominio coloniale, i totalitarismi, l’uso disumanizzante della tecnologia (Prima rivoluzione industriale) l’uso  anti-umano  e anti-giuridico del potere ( negli autoritarismi e nei fascismi), la riduzione del  popolo a massa  e via dicendo. E se veniamo alle vicende più recenti vi è molto, persino nelle scelte dell’ UE, che oggi vediamo ormai inaccettabile e che va radicalmente cambiato, perché ci impedisce di uscire dall’impasse, ci paralizza e ci divide. In sostanza blocca o deforma lo stesso processo di integrazione europea, il cui successo non può certo esser misurato dal suo “allargamento”.

Può sembrare paradossale affermare la necessità di un cambiamento proprio entro una grande crisi epocale. Se c’è un tempo per tutto, questo è proprio quello del cambiamento. L’ europeismo vero  oggi significa prima di tutto avere il coraggio di affrontare il problema di cambiare l’ UE, di porre mano ai trattati, rimasti fermi ad un ventennio fa, cioè quasi a una precedente era “geologica”. Le richieste pressanti di cambiamento dei trattati venute negli ultimi anni  dai cittadini europei ed anche da parte del Parlamento europeo sono rimaste inascoltate, anche da chi aveva promesso di considerarle. Sono cadute nel vuoto. E non per colpa di “emergenze” spesso causate o non ostacolate dalla stessa UE, attraverso omissioni, astrazioni, scelte ideologiche, sottovalutazione della politica.

Queste scelte sbagliate purtroppo rischiano, prima di tutto, se non c’è un cambiamento,  di produrre una ennesima “finis Europae” che per alcuni è ormai una prospettiva inevitabile, se non una realtà già in atto. Si è scritto: “ L’idea di Europa ha perso. Ha perso perché nega la storia. E ne è dunque negata.  E’ antistoria. Utopia. In senso stretto: senza spazio e senza tempo” ( Lucio Caracciolo, La pace è finita, Feltrinelli, 2022 p. 31). Non credo che questo sia vero.  Tuttavia   è vero che c’ è una post-Europa ,  quasi una Anti-Europa  strutturalmente incapace di affrontare per via istituzionale i nuovi problemi epocali  e di cui non possiamo certo trarre vanto. Questa “Europa governante” non può accreditarsi oggi, neppure in considerazione della emergenza guerra, come “unica Europa possibile”. Per accreditarla dovremmo usare il poco laico e molto intollerante principio- che è condiviso da molti accaniti “laicisti”- EXTRA ECCLESIAM NULLA SALUS, Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza. Fuori dall’ UE e delle scelte della Commissione Von der Leyen non  c’è salvezza. Ed anche fingere che l’attuale UE  somigli alla sua versione idealizzata rischia di disorientare l’opinione pubblica.  Deve valere  invece laicamente il grande principio, da cui hanno tratto origine molte  libertà moderne, ECCLESIA SEMPER REFORMANDA, La Chiesa ( o la comunità che si dice UE) deve poter esser sempre “riformata”, vale a dire ricondotta alla sua forma originaria. E questa UE, che si è testardamente opposta nei fatti ad ogni adeguamento anche minimo dei trattati, proveniente anche dalle stesse istituzioni europee, dal suo Parlamento, non può certo esser considerata l’ Europa dei cittadini o l’ Europa dei padri fondatori, di Adenauer Schuman,  Spinelli e De Gasperi.  Ma è di qui che bisogna ripartire (Segue).

Umberto Baldocchi

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