Non c’è che dire: siamo un popolo di fantasisti. Il Parlamento che ci rappresenta non può essere da meno. L’emendamento più pazzo del mondo è stato approvato: caccia aperta al cinghiale in città e facoltà di mangiarselo. Da fare invidia ad Obelix e celebrare, all’italiana, la sovranità alimentare che è tanto cara alla Meloni e al cognato, ministro per l’Agricoltura, Lollobrigida.
Se ce lo avessero detto prima non ci avremmo creduto, ma è successo davvero. Macché pizza ed amatriciana, i piatti più noti al mondo e che ovunque “fanno” Italia. Passiamo alle bistecche, ai cosciotti, agli stinchi di cinghiale. Chissà, forse assisteremo a lauti banchetti, nelle piazze del centro, allestiti attorno allo spiedo di un cinghiale intero, addentato con quel gusto un po’ sulfureo con cui il cacciatore prima pregusta la “sua” preda ancora sanguinolenta e poi la sbrana. Come in quei film di costume ambientati nell’alto medioevo, dove compaiono due valletti che recano su un enorme piatto un cinghiale intero e lo servono al signore del castello che ne strappa via con le mani pezzi interi e li serve ai commensali famelici.
In una legge di bilancio talmente sofferta, diciamolo francamente, un colpo di genio ci voleva. E’ giusto che il Paese conosca chi sia il parlamentare che ci ha pensato per primo e lo celebri come merita. Ha trovato modo di dare sfogo a due istinti primordiali che, a dispetto del decantato progresso, albergano tuttora in fondo al nostro cuore: l’istinto della caccia, il gusto della preda e l’istinto della fame.
Ma chi l’avrebbe detto: d’un sol colpo ripuliamo le città, diamo sfogo alle voglie ataviche del popolo e diamo da mangiare alla gente.