L’Ucraina, una delle nazioni più povere d’Europa, sta diventando rapidamente il luogo dove sempre più coppie, italiane ed europee, si recano per una maternità surrogata. Si stima che nel Paese avvengano circa 500 maternità surrogate ogni anno, ma mancano i dati disponibili. La surrogazione, o gravidanza surrogata, si ha quando una donna si presta a portare a termine un’intera gravidanza, fino al parto, su commissione di single o coppie incapaci di generare o concepire un bambino.

Le coppie straniere sono arrivate in massa in questo angolo d’Europa a partire dal 2015, quando in Asia i centri tradizionalmente più noti per ricorrere alla maternità surrogata hanno iniziato a chiudere uno dopo l’altro, a seguito di molti scandali per sfruttamento delle donne che hanno coinvolto quei poli. Infatti in Ucraina è permessa la pratica della maternità surrogata, o dell’utero in affitto, e non è molto regolamentata, cosicché in molti si rivolgono a società ucraine per avere un bambino da una madre surrogata. Il contratto è delineato nei minimi dettagli. Una volta nato, il bambino viene portato via dalla madre naturale e dato alla coppia ‘committente’.

Insieme alla Russia l’Ucraina ha le leggi in materia più permissive d’Europa, che consentono di pagare una ‘madre surrogata’, come si legge sul sito della clinica BioTexCom, compreso tra € 39.000 se è ‘standard’, fino ad € 65.000 se è ‘Vip’. E alle donne va al massimo il 2%. Da qui l’appello dei vescovi delle Chiese cattoliche per ‘bandire il traffico internazionale di bambini a livello legislativo in Ucraina’: “La pandemia del coronavirus ha portato alla luce molte patologie nella vita della società contemporanea. Una di queste è la maternità surrogata, vale a dire trattare persone come merci che possono essere ordinate prodotte e vendute”.

Anche il presidente italiano del Movimento per la vita, Marina Casini Bandini, ha sottolineato che è una nuova forma di schiavitù: “Ho provato tristezza e tanta amarezza pensando a quello che c’è dietro: sfruttamento, miseria, pretesa di possesso, commercio di esseri umani, cosificazione della vita umana sin dal suo venire all’esistenza, progettazione dei figli come beni di consumo da fabbricare su ordinazione per coppie etero o omosessuali che li commissionano. Nel caso di Kiev, non c’è atteggiamento di accoglienza, ma di prepotenza”.

I vescovi cattolici ucraini hanno scritto che l’utero in affitto è una barbarie: per quale motivo?

“Si tratta di una pratica degradante e disumana, perché legata allo sfruttamento e al commercio di esseri umani e cioè di donne (già vittime di condizioni di miseria) e bambini, alla ‘cosificazione’ della vita umana sin dal suo venire all’esistenza, alla progettazione dei figli come beni di consumo da fabbricare su ordinazione per coppie etero o omosessuali che li commissionano, alla pretesa di possedere persone come fossero cose e a una concezione radicalmente distorta dei diritti.

Insomma, umilia il senso materno, insulta quell’intimo legame che dal primo istante si crea tra la madre e la creatura che giorno per giorno vive e cresce dentro di lei, calpesta i diritti del bambino riducendolo a oggetto di scambio. Siamo di fronte ad una nuova forma di schiavitù connessa ad un giro di affari e che implica anche eugenismo e traffico di gameti e di embrioni umani, distorsione del legame di filiazione, della genitorialità e della famiglia.

E’ chiaro che questo approccio alla vita che inizia è un approccio a tutta la vita, segnala un modo generale di guardare l’altro disprezzandone la dignità. Per questo ogni attentato nei confronti di ogni essere umano chiamato all’esistenza è un  attentato a tutto l’uomo, in ogni fase ed in ogni circostanza.

La storia ci ha insegnato che il vero progresso sta nel riconoscere la piena umanità dell’altro, la sua uguale dignità. Oggi, purtroppo, stiamo assistendo al rinnovarsi di antiche tendenze che vanno contro il vero progresso civile corrompendo la teoria moderna dei diritti e pretendendo di legittimare presunti diritti per sottoporre alcuni esseri umani a logiche di potere, possesso e sfruttamento”.

Esiste qualche differenza tra maternità surrogata ed utero in affitto?

“E’ un modo diverso per dire la stessa cosa. A proposito del linguaggio vorrei sottolineare come si usano espressioni eufemistiche ed edulcorate che cercano di abbellire e nobilitare ciò che invece è brutto e deprecabile. In sostanza, ingannano e seducono.  La stessa pratica dell’utero in affitto viene chiamata anche ‘gestazione per altri’ (la sigla è GPA), ‘gestazione solidale’, ‘gestazione collaborativa’:  è chiaro l’intento di trasformare lo sfruttamento commerciale in qualcosa di lodevole perché ‘altruistico’.

E’ questo un fenomeno noto anche in altri campi che, guarda caso, riguardano la vita nascente: interruzione volontaria della gravidanza (o, più asetticamente IVG), al posto di aborto; contraccezione di emergenza (al posto di pillole abortive), clonazione terapeutica per indicare il concepimento in provetta di esseri umani clonati al fine di essere usati (e distrutti) a scopo terapeutico)”.

Come contrastare questo fenomeno?

“Tanto per cominciare è da condividere l’appello al Governo italiano di intervenire sul Governo ucraino per consentire l’adozione dei bambini abbandonati in Ucraina per dare loro una famiglia, nel rispetto delle leggi dello Stato Italiano e di quelle sulle adozioni internazionali. In questo modo si uscirebbe dalla logica della genitorialità come affare di mercato, regolato dalla legge della domanda e dell’offerta. In generale, dobbiamo dire la verità nella carità, tenendo conto non basta dire dei ‘no’, ma è necessario proclamare dei ‘sì’, costruendo l’avvenire su un più alto livello di civiltà e di umanità, superando il male con la forza persuasiva del bene.

Occorre promuovere una visione antropologica che faccia leva sulla bellezza di ciò che è vero e giusto in ordine alla vita umana, alla maternità, alla famiglia, alla meraviglia dell’esistere come figli generati e non commissionati. Qui si apre il vastissimo spazio dell’educazione, della formazione specialmente delle giovani generazioni, ma anche della dimensione pubblica, politica, perché è in gioco il bene comune. Sono però battaglie di civiltà di cui tutti siamo responsabili.

Dobbiamo prendere sul serio le parole di San Giovanni II nell’enciclica ‘Evangelium vitae’, la cui attualità è disarmante: ‘Urgono una generale mobilitazione delle coscienze ed un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita: nuova, perché in grado di affrontare e risolvere gli inediti problemi di oggi circa la vita dell’uomo; nuova, perché fatta propria con più salda e operosa convinzione da parte di tutti i cristiani; nuova, perché capace di suscitare un serio e coraggioso confronto culturale con tutti’ (EV n. 95)”.

Intervista realizzata da Simone Baroncia, pubblicata su korazym.com ( CLICCA QUI )

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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