Dopo averlo criticato spesso, è giusto dare conto del chiarimento venuto da Matteo Salvini dopo la maretta creata dal suo parlamentare Claudio Borghi. Borghi ha pensato bene di votare contro l’ultimo provvedimento varato dal Governo in materia di “green pass” e vaccinazioni, dopo essere stato condiviso da tutti i ministri leghisti. Lo scontro era immediatamente diventato duro con Enrico Letta, ma anche con Mario Draghi che non ha battuto ciglio mentre nella sostanza diceva a Salvini: o così o niente ( CLICCA QUI ) e, intanto, il Governo va avanti.
Poi, sono arrivati i sondaggi di opinione da cui è venuta la conferma che gli italiani, anche quelli che non le rispettano o non le rispetteranno, sono d’accordo con le norme varate dal Governo in materia di ” green pass” ecc. ecc. Dopo poche ore di effervescenza, allora, Matteo Salvini si è sottratto allo scontro diretto con il Presidente del consiglio, anche se è evidente che il capo della Lega continua, sia pure con toni al momento meno accentuati, a prospettare l’idea di un Salvini “di governo” e un Salvini “d’opposizione”.
All’interno della Lega, egli ha delle frange di no – vax che coincidono con le posizioni di quanti sono sempre stati conto l’Euro e contro l’Europa. Come Alberto Bagnai che ha continuato a sparare contro la moneta unica fino all’arrivo del Coronavirus. Sì, certamente c’è la disquisizione e la precisazione, né più né meno come fa anche Giorgia Meloni, che non si tratta di andare contro l’Europa, ma contro un certo tipo d’Europa. Visto però che in politica si tratta pure di essere pratici e di andare all’essenza delle cose, non si può evitare di mettere nel conto tutta una serie di atteggiamenti e, persino, di “amicizie” consolidate, senza limitarsi a prendere per buone esclusivamente le dichiarazioni. E allora guardiamo anche alle frequentazioni oltre confine di questo/a politico/a e possiamo giungere a più adeguate considerazioni, crude, ma realistiche.
Si parla da tempo di una divisione tra i leghisti. Può darsi che sia così anche in Fratelli d’Italia che, però, ha il vantaggio di godere del fatto che dall’opposizione si può dire un po’ di tutto contando sulla franchigia di cui gode chi non ha responsabilità.
Il vero punto è il quesito su quanto Salvini e la Lega possano, in un contesto del tutto mutato, continuare con l’idea di provare a dare un colpo al cerchio e uno alla botte senza finire prima o poi di ritrovarsi ” a Dio spiacenti e a’ nemici sua”. Che la cosa non possa funzionare sempre lo si capì già non appenano i leghisti parteciparono all’Esecutivo Conte Uno, sorretto da loro e dai 5 Stelle. La vicenda della mancata nomina a ministro dell’Economia di Paolo Savona resta emblematica. Poi, ancora più violenta, venne la lezione dall’estromissione dal Governo e la nascita del Conte Due, con la Lega fuori e i 5 Stelle restati dentro, ma con il Pd. Altro passaggio dirimente, forse il più importante di tutti, la pandemia e le conseguenze economiche, seguite dall’inatteso cambio di marcia da parte di Bruxelles e di molte cancellerie europee. Dopo la sconfitta dei sovranisti nelle elezioni europee del 2020, è giunto il deciso impegno per il Recovery plan e i sempre più ingenti interventi di natura finanziaria previsti per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della Covid-19.
Quando il gioco si fa duro, Salvini, da gestore di questa strategia si ritrova a doversi barcamenare tra un’area “governativa” ed una composta dai definibili come i “più contrari a tutto”. Questi, perché tagliati fuori dai posti di governo, non hanno alcun interesse ad addolcire le proprie posizioni e a deporre quell’aureola da “salvatori della Patria” che si sono dati da soli: salvatori “veri” perché solo loro sanno come si fa a mettere a riparo l’Italia seguendo le formule proposte dal sovranismo più estremo.
Intanto, complice la pandemia, l’area “governativa” ha finito per saldare degli spezzoni interni alla Lega restati a lungo conflittuali tra di loro. Cioè Giancarlo Giorgetti, il Governatore del Veneto Luca Zaia, Roberto Maroni, che pure ha il suo ministro, Massimo Garavaglia, il quale, per quanto alla guida di uno dei dicasteri più disastrati a causa del Coronavirus, conta pur sempre un voto nel Consiglio dei ministri. C’è un elemento che fa tra di loro da collante: il Pnrr. O meglio, i soldi europei che hanno appena cominciato ad arrivare anche in Italia. Uno dei paesi meglio trattati a livello di distribuzione dei fondi da parte dell’Unione. In effetti, il grosso di questi, cosa che fa un po’ infuriare i meridionalisti, pure Politica Insieme se ne è fatta eco con taluni recenti interventi ( CLICCA QUI e QUI ), è destinato al Nord e al Centro.
Matteo Salvini deve tollerare gli “antigovernativi” leghisti, perché rappresentano, in qualche modo, la continuità di una delle anime del movimento fondato da Umberto Bossi. Essi, però, non sono tutti leghisti della prima ora, né appartenenti al suo nucleo storico, e neppure provenienti tutti dalle regioni del Nord; quindi, in parte estranei al tessuto produttivo della Pianura padana che è interessato, e come!, ai fondi del Pnrr.
La Pianura padana non può oggi ritrovarsi all’opposizione. Diventa pertanto inevitabile che il capo della Lega finisca per doversi preoccupare della sostanza che interessa il nucleo forte, e più ampio, del suo movimento. In grado tra l’altro di confermare un radicamento nel territorio a differenza di chi, sarà pure considerato un valente economista, ma al momento non può essere seguito fino in fondo.
Giancarlo Infante