Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 7 marzo scorso un importante DDL con il quale viene sanzionato con l’ergastolo il grave delitto di Femminicidio oltre ad altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei con fronti delle donne e per la tutela processuale delle Vittime.
Il testo affronta, con un intervento ampio e sistematico, le accresciute esigenze di tutela delle Vittime di un’ormai ricorrente fenomeno di drammatica attualità derivante dalle condotte di prevaricazione e di violenza commesse nei confronti del sesso debole e del clamore che esse suscitano nell’Opinione pubblica sull’onda del risalto mediatico e di una generale condanna di tali episodi.
I contenuti del provvedimento
A tal fine, con le nuove norme, viene introdotta nel Codice Penale la nuova fatti specie penale del “Femminicidio”che, per l’estrema urgenza criminologica del fenomeno e per la particolare struttura del reato, viene sanzionata con la pena massima, come afferma Palazzo Chigi nel suo Comunicato Stampa.
In particolare, il DDL governativo prevede che sia punito con tale pena
”Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo, si applica l ’articolo 575 del codice penale, che prevede una pena non inferiore a 21 anni”.
Inoltre, in linea con tale intervento, le circostanze nella commissione del reato divengono aggravanti con la previsione di un aumento delle pene previste di almeno un terzo e fino alla metà o a due terzi, a seconda del delitto compiuto dal responsabile per i delitti previsti dalla Legge del c.d. Codice Rosso, approvata dl Legislatore nel 2019 e, più di recente, rimaneggiata con la introduzione di termini più rapidi della Giustizia.
In sintesi,il testo approvato ed ora sottoposto all’esame del Parlamento:
- prevede l’audizione obbligatoria della persona offesa da parte del pubblico ministero, non delegabile alla polizia giudiziaria, nei casi di Codice Rosso;
- introduce specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della Vittima di Femminicidio;
- prevede il parere,non vincolante, della Vittima in caso di patteggiamento per i reati del Codice rosso e connessi obblighi informativi ed un obbligo di motivazione da parte del Giudice;
- nei casi in cui sussistano esigenze cautelari, prevede l’applicazione all’imputato della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari;
- interviene sui benefici penitenziari per autori di reati da Codice Rosso;
- introduce, in favore delle Vittime di reati da codice rosso, un diritto di essere avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato,a seguito di concessione di misure premiali;
- rafforza gli obblighi formativi dei Magistrati, previsti dall’art. 6, comma 2, della legge n. 168 del 2023;
- estende alla fase della esecuzione della condanna al risarcimento il regime di favore in tema di prenotazione a debito previsto per i danneggiati dai fatti di omicidio “Codice Rosso” e di Femminicidio;
- introduce una disposizione di coordinamento che prevede l’estensione al nuovo articolo 577-bis dei richiami all’articolo 575 contenuti nel Codice Penale.
Inoltre, è previsto un aumento anche delle pene per il reato di maltrattamenti fino al 50% poiché “La pena è aumentata da un terzo alla metà se, nel caso di maltrattamenti di familiari o conviventi, oppure se il fatto è commesso come atto di discrimina zione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”.
Negli stessi casi, la pena è aumentata da un terzo a due terzi per quanto riguarda le minacce e il reato del c.d. revenge porn.
Attualmente i reati di maltrattamenti in famiglia sono puniti con la reclusione da tre a sette anni, e la pena aumenta nel caso siano coinvolti minori, donne in stato di gravidanza o disabili.
E ancora: in base al nuovo DDL, il PM é obbligato a sentire la Vittima dei reati del Codice Rosso atteso che, in tali casi, l’audizione della persona offesa non è più delegabile alla Polizia Giudiziaria, ma diviene “obbligatoria ”per il PM.
Un’altra norma che riguarda i Magistrati è quella che, rafforzando gli oneri formativi, introduce l’obbligo per gli stessi di partecipare ad almeno uno specifico corso tra quelli organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura, indipendentemente dalla appartenenza alle Sezioni specializzate in materia o dalle funzioni ricoperte in ambito giudiziario.
Il DDL contiene altri rilevanti interventi che “limitano l’accesso dei responsabili ai benefici penitenziari per i reati di Codice Rosso ”e invertono “l’ordine sulla presunzione di adeguatezza delle misure cautelari applicate per i reati più gravi”, il che significa che, nei casi in cui sussistano esigenze cautelari, é prevista la custodia in carcere.
Il provvedimento di Palazzo Chigi, introduce pure una importante tempistica delle indagini, in linea con le modifiche apportate alla Legge del Codice Rosso ,poiché “anche nei casi di tentato Femminicidio il Procuratore può revocare l’assegnazione per la trattazione del procedimento se il PM non assume informa zioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo diverse esigenze d’inchiesta” mentre l’ultimo articolo del DDL introduce anche una necessaria quanto opportuna “priorità di valutazione da parte della Magistratura” dei procedimenti per i reati ridefiniti con le nuove sanzioni.
Inoltre,viene ampliato il diritto della Vittima di violenza ad essere informata sullo stato del procedimento e sulla richiesta dell’eventuale patteggiamento avanzata dall’imputato.
Sempre in favore delle Vittime, l’art.2 del DDL apporta alcune modifiche al Codice di procedura penale inserendo all’art.90-bis,comma 1, dopo la lettera d) la seguente: “d-bis) “al diritto di essere avvisata, quando si procede per taluno dei delitti di cui all’art.444, comma 1-quater, della presentazione fuori udienza della richiesta di applicazione della pena di cui all’articolo 444 e della facoltà di presentare memorie e deduzioni in relazione alla richiesta medesima nonché a quella formulata in udienza ai sensi degli articoli 446, comma 2, primo periodo, e 554-ter, comma 2”.
Inoltre, viene assicurata dal Legislatore una maggiore tutela delle Vittime nei procedimenti per Femminicidio, del tentato Femminicidio e altri reati di violenza di genere attraverso la previsione di misure cautelari più severe, con la possibilità di arresti domiciliari o della custodia in carcere per il responsabile in presenza di gravi indizi di colpevolezza nonché l’obbligo di comunicazione alle Vittime o ai loro familiari “quando al condannato o all’internato sono applicate misure alternative alla detenzione o altri benefici analoghi che comportano l’uscita dall’istituto”.
In definitiva, il Governo interviene senza dubbio con efficacia sulla delicata materia per stroncare un fenomeno criminoso che crea grave allarme sociale.
L’intervento legislativo del Governo si inserisce anche nel quadro degli obblighi assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione di Istanbul e nel solco delle linee operative disegnate dalla nuova Direttiva (UE) 1385/2024 in materia di violenza contro le donne, nonché delle direttive in materia di tutela delle vittime di reato.
La Direttiva UE
Come afferma la Dottrina a commento (v. Riflessioni a margine di G. Caletti, K. Summerer, Criminalizing Intimate Image Abuse. A Comparative Perspective, Oxford University Press, 2024) il 14 maggio 2024 è stata approvata la nuova Direttiva (UE) 2024/1385 per la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, allo scopo di rafforzare e armonizzare il contrasto e la prevenzione della violenza di genere nelle legislazioni interne degli Stati membri, perseguendo gli obiettivi comuni sanciti dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2011.
Con la nuova Direttiva la violenza di genere assurge a fenomeno transnazionale, come il terrorismo e la tratta di esseri umani, ed, in quanto tale, necessita di essere combattuta su basi comuni.
Invero, gran parte del documento si concerne il contrasto alla violenza online ed, in particolare, sul comportamento criminoso costituito dalla condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato.
La ratio della decisione è quella di prediligere, quale ambito primario di inter vento, la violenza connessa all’uso delle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), come è chiaramente enunciato nel Considerando n. 17, ove si afferma che questi strumenti sono capaci di “amplificare in modo significativo la gravità dell’impatto dannoso del reato”.
Quattro dei sei reati contemplati dalla Direttiva sono infatti caratterizzati da una modalità online dell’azione criminosa: la condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato (art. 5), lo stalking online (art. 6),le molestie online (art. 7),l’istigazione alla violenza o all’odio online (art. 8).
La necessità di intervenire su reati di genere perpetrati attraverso i moderni strumenti informatici di comunicazione deriva dalla riscontrata pericolosità di queste tecnologie, quali possibili strumenti offensivi capaci di rendere più agevole e rapida la commissione delle varie condotte criminose ed amplificare l’offesa arrecata.
Pertanto, rientra in questi comportamenti che generano nuove “criminalità” la diffusione non consentita di immagini intime, attraverso i nuovi strumenti multimediali, in uso anche tra i più giovani, che non solo agevolano la divulga zio ne di queste immagini ma anche la sola creazione e manipolazione.
Nella redazione dell’art.5 (“condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato”), il Legislatore Europeo prende in considerazione tutti questi aspetti affiancando, innanzitutto, nell’ambito dell’oggetto materiale del reato, alle “immagini” e ai “video”, la locuzione ampia e indeterminata di “analogo materiale ”,in modo da coprire tutte le tipologie di supporto posto che il “reato definito nella Direttiva dovrebbe riguardare tutti i tipi di tale materiale, ad esempio le immagini, fotografie e video, comprese le immagini sessualizzate e i clip video e audio”.
Il materiale deve ritrarre “atti sessualmente espliciti o le parti intime di una persona senza il consenso di tale persona” anche se, tuttavia, la norma sembra circoscrivere il perimetro dell’incriminazione richiedendo che tali condotte “possano arrecare un grave danno ”alla Vittima degli abusi.
Sempre nella prospettiva di un contrasto ad ampio raggio e di anticipazione della tutela della Vittima. viene ritenuto un atto criminoso anche “la minaccia di diffondere tali immagini “al fine di costringere una persona a compiere un determinato atto, acconsentirvi o astenersi dallo stesso”.
L’ultimo comma del Considerando n.19 della Direttiva, richiama il bilancia mento con i diritti alla libertà di espressione, di informazione, delle arti e delle scienze, sollecitando gli Stati Membri a prevedere una esenzione da responsabilità nei casi in cui l’incriminazione confligga con tali diritti fondamentali.
A tale riguardo, nel Considerando n. 20,si aggiunge che la non punibilità dovrebbe concernere anche “il trattamento del materiale da parte delle Autorità al fine di condurre procedimenti penali o di prevenire reati, individuarli e indagare su di essi, e gli stessi Stati Membri dovrebbero poter esentare una persona dalla responsabilità in determinate circostanze, come nel caso, ad esempio, di linee di assistenza telefonica o su internet che trattano materiale per segnalare un reato alle Autorità”.
Infine, una parte importante della Direttiva è riservata all’assistenza alle Vittime, alla predisposizione di misure efficaci ed efficienti di protezione, che spesso costituiscono il vero vulnus del sistema-giustizia chiamato a tutelare le donne che denunciano, che chiedono aiuto.
Sul punto diventa fondamentale la semplificazione e sicurezza delle modalità di segnalazione e denuncia, la formazione e specializzazione del personale di Polizia, giudiziario, psicologico, ecc., che opera in questi contesti.
Non è secondaria, sempre nella prospettiva della tutela delle vittime, la predisposizione di misure efficaci e tempestive di rimozione del materiale online e di disabilitazione dell’accesso al medesimo, che causa una vittimizzazione secondaria.
In buona sostanza, sono da ritenersi argomenti su cui é intervenuto il Legislatore italiano con il provvedimento in commento, ora trasmesso al Parlamento.
La statistica del fenomeno criminale
Qualche dato statistico aiuta a comprendere la portata del fenomeno innanzi descritto.
Dall’1 gennaio al 22 dicembre 2024 sono stati registrati 300 omicidi e le Vittime donne sono state 109, di cui 95 uccise in ambito familiare o affettivo. e 59 per mano del partner o ex partner.
Le aree metropolitane sono caratterizzate da un numero alto di risorse e servizi, oltre che di richieste di assistenza.
Nelle metropoli come Milano, ad es.,si riescono a dare risposte rapide, al contrario delle zone più periferiche, dove i servizi dedicati e gli interventi contro i maltratta menti “hanno tempi lunghi”.
Le donne che vivono nelle grandi città si rivolgono più facilmente a un Centro Antiviolenza rispetto a chi vive nei piccoli centri, dove invece “tentano di nascondere il problema”, come afferma l’Associazione“Telefono Donna”che ha avviato un progetto dedicato agli “orfani speciali”,ovvero i minori vittime di violenza per un numero complessivo di 3592 minori assistiti dal 2018 al 2022.
Dai dati acquisiti dal Servizio Analisi Criminale del Ministero dell’Interno, riferiti a gennaio 2025,emerge una diminuzione dei casi di Femminicidi in senso positivo derivante dalla lotta contro tale crimine ed alla violenza di genere, grazie a una maggiore sensibilizzazione ed a nuovi strumenti di prevenzione.
L’analisi della casistica è stata effettuata sugli omicidi volontari commessi nei con fronti delle donne,confrontando i dati del primo mese del 2025 con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente e consente di delineare una tendenza alla riduzione poiché gli omicidi volontari in generale scendono per quelli con Vittime femminili ed i Femminicidi,commessi da partner o ex partner,risultano dimezzati
La tendenziale riduzione di questi crimini sempre odiosi è dovuta probabilmente a una maggiore sensibilizzazione, a strumenti di protezione a cui possono ricorrere le donne che si sentono in pericolo, all’attività dei Centri di sostegno e delle Forze dell’Ordine, per cui è doveroso riconoscere che qualcosa sta cambiando in senso positivo. Ma non basta!!
Occorre, ancora, individuare quali siano i processi che hanno contribuito a limitare il fenomeno in modo da intervenire per rafforzarli e se necessario finanziarli in modo adeguato anche con l’ausilio delle Associazioni sul Territorio.
Conclusioni
L’Organismo Congressuale Forense (OCF),rappresentante istituzionale dell’Avvocatura italiana, ha accolto con favore il nuovo disegno di legge contro la violenza sulle donne, che introduce il reato autonomo di Femminicidio e rafforza le misure di protezione per le vittime.
“Questa riforma – ha dichiarato Laura Massaro, responsabile del dipartimento Pari Opportunità dell’OCF – segna un avanzamento importante nella lotta alla violenza di genere, riconoscendo la peculiarità del Femminicidio come fenomeno sociale e giuridico che merita un inquadramento specifico nel Codice penale.
La tipizzazione di questo crimine garantisce una risposta più tempestiva ed efficace da parte della magistratura, ponendo la protezione delle vittime al centro del sistema giudiziario.
E’ apprezzabile, inoltre, l’introduzione di nuove garanzie procedurali, come l’audizione obbligatoria da parte del Pubblico Ministero su richiesta della vittima, e il rafforzamento delle misure cautelari, tra cui l’aumento della distanza minima nei divieti di avvicina mento. Tali strumenti contribuiscono a migliorare la sicurezza delle donne e a prevenire episodi di recidiva”.
Secondo altre opinioni più scettiche, il DDL se, da un lato, risolve la controversia su cosa sia nei fatti un Femminicidio, dall’altro, non convince lo strumento adottato atteso che non basta la misura punitiva ma appare necessario anche prevenire la violenza con una migliore prevenzione.
Peraltro secondo le stesse opinioni nell’attuale Codice penale sono previste alcune aggravanti specifiche per l’omicidio di una donna solamente se il responsabile è legato alla vittima dal matrimonio o da un rapporto di parentela per cui il nuovo reato non terrebbe più conto di vincoli di vario tipo tra vittima e omicida, ma andrebbe a considerare il fatto che l’omicidio sia stato commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti.
“La consapevolezza è il vero traguardo”, ha affermato la responsabile di Telefono Donna in quanto molte donne non sono consapevoli di essere vittime di violenza, tante di loro non pensano di essere donne maltrattate e ritengono di vivere una fase di relazione complicata e difficile, anche se subiscono violenza. In conseguenza, per tutelare le vittime “occorre semplificare l’accesso alla Giustizia poiché l’iter delle denunce e dei processi è spesso troppo lungo”.
Di recente, la stessa CEDU è intervenuta pesantemente sulla annosa questione ed ha emanato lo scorso 13 Febbraio una sentenza di condanna dell’Italia per i ritar di dei procedimenti penali relativi alla Violenza domestica (Ricorso n. 64066/19 – Causa P.P. c. Italia).
In particolare, la decisione verteva sull’accertamento della inefficacia delle indagini svolte e sul mancato rispetto delle garanzie procedurali da parte dell’Italia nei confronti delle Vittime in quanto le Autorità nazionali non avevano agito con la tempestività e la diligenza richieste dal caso né tenuto conto della specificità della violenza domestica con conseguente lesione dell’art.3 CEDU.
Secondo la Corte, incombe sugli stati membri l’obbligo di istituire e di far rispetta re efficacemente un sistema di repressione di tutte le forme di violenza domestica e di fornire sufficienti garanzie procedurali alle vittime, con una particolare diligenza nella gestione delle denunce, specie quando il caso è relativo a tale delitto.
In particolare, le Autorità nazionali devono tenere conto della situazione di precarietà e di particolare vulnerabilità, sia morale, fisica e/o materiale, della Vittima e, in conseguenza, valutare la situazione il più rapidamente possibile.
Tale tempestivo intervento non si era verificato nel caso all’esame dei Giudici per cui, con la sentenza emanata, la Corte ha censurato il modo in cui le Autorità Italiane hanno gestito le denunce di violenza domestica in danno della ricorrente ed il mancato avvio di un’indagine approfondita al fine di garantire che l’autore fosse perseguito e punito senza alcun indebito ritardo.
La Corte, con un’ampia motivazione della decisione, deplora che, nello svolgimento dell’indagine penale, le Autorità non abbiano fornito una risposta proporzionata alla gravità dei fatti denunciati dalla ricorrente con la conseguenza che l’autore del reato ha goduto di una totale impunità, grazie anche alla maturazione della prescrizione del reato allo stesso contestato dai Giudici.
A parere della Corte, i reati relativi alla violenza domestica devono essere inclusi tra i reati più gravi per i quali deve ritenersi incompatibile, con gli obblighi procedurali derivanti dall’art.3 CEDU, che le indagini su tali reati si concludano per prescrizione a causa dell’inattività delle Autorità.
Per contro, spetta allo Stato organizzare il proprio Sistema giudiziario in modo tale da consentire ai propri Tribunali di soddisfare i requisiti della Convenzione anche in ragione della particolare gravità dei reati di violenza domestica, maltrattamenti e violenza sessuale.(Sic!!)
Secondo per la Corte, è dovere dello Stato non solo combattere il sentimento di impunità di cui gli aggressori possono credere di godere ma anche preservare la fiducia e il sostegno dei cittadini nello Stato di diritto, in modo tale da impedire qualsiasi apparenza di tolleranza o collusione rispetto agli atti di violenza. Alla luce del monito della CEDU al Governo, occorre semplificare l’accesso alla Giustizia delle Vittime di tali odiosi reati vecchi e nuovi.
Inoltre, aiutare le donne vittime di violenza significa promuovere una formazione continua per gli operatori, dare sostegno alle case rifugio e garantire così la possibilità di una protezione “seria”.
Per le donne straniere occorre garantire l’accesso a un permesso di soggiorno “precario”, oltre che il riconoscimento di servizi come la mediazione linguistica e la protezione legale. Da ultimo, occorre attivare sostegni reali e restituire alla Comunità, anche attraverso le scuole, l’educazione all’affettività.
Per combattere queste nuove forme di violenza su basi comuni, tuttavia, si ritiene in Dottrina che il ricorso al diritto penale non è sufficiente, anche perché esse trovano le proprie radici in stereotipi di genere, pregiudizi, espressioni “culturali” di discriminazione che travalicano i confini nazionali e che non possono che essere afro tate partendo dall’educazione delle nuove generazioni.
La prevenzione del Femminicidio e della violenza contro le donne è possibile e sta dando risultati importanti estendendo la prevenzione con cui si possono raggiungere obiettivi più soddisfacenti, mentre l’inasprimento delle pene per i reati meno gravi ma altrettanto odiosi sanzionati dal Codice Rosso come pure la introduzione di uno specifico reato di Femminicidio, sanzionato con l’ergastolo sull’onda mediatica, cambierebbe di poco o nulla la situazione reale delle donne.
Nella Direttiva europea, innanzi citata, la valorizzazione dell’aspetto preventivo è evidente, laddove si chiede agli Stati Membri di implementare campagne di sensibilizzazione per contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica, potenziando nelle scuole l’educazione alla sessualità, alle competenze socio-emotive e all’empatia, ma anche promuovendo lo sviluppo di relazioni sane e rispettose del sesso debole.
Mario Pavone