L’occupazione in Italia fa segnare un nuovo record storico, ma ci sono delle criticità non trascurabili sul mercato del lavoro italiano
Dopo la pausa negativa del mese di agosto, l’occupazione nel mese di settembre 2025 torna a crescere (+67 mila unità), consolidando il record storico italiano per il numero degli occupati (24,221 milioni) e il tasso di occupazione (62,7%).
Le dinamiche positive si concentrano essenzialmente: sull’aumento dei rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato (+97 mila), che compensano l’ulteriore riduzione di quelli a termine; sulla crescita della componente femminile (+67 mila); di età inferiore ai 35 anni (+72 mila). L’incremento del mese di settembre riporta in positivo anche il dato relativo al terzo trimestre 2025 (+31 mila rispetto a quello precedente).
Il confronto con i numeri del settembre 2024 presenta un bilancio lusinghiero (+176 mila), confortato anche dalla riduzione delle persone inattive (-167 mila), soprattutto se si tiene conto del rallentamento della crescita economica e delle incertezze che derivano dall’impatto delle dinamiche geopolitiche sulle relazioni commerciali internazionali.
Quest’ultimo aspetto mette in evidenza una delle caratteristiche della tendenza positiva dell’occupazione negli anni successivi alla pandemia Covid-19, caratterizzata dalla relativa indipendenza della crescita della domanda di nuovi lavoratori da parte delle imprese che non risulta relazionata, in presa diretta, all’andamento del ciclo economico.
Un’evoluzione che trova una spiegazione convincente nella riduzione demografica del numero delle persone in età di lavoro che coincide con la fuoriuscita dal mercato del lavoro di un numero consistente di lavoratori anziani per motivi di pensionamento, che non trova un adeguato ricambio professionale numerico e qualitativo nelle giovani generazioni. La dinamica trova un riscontro evidente nella crescita degli occupati over 50 anni (circa +1,450 milioni rispetto al mese di gennaio 2020), largamente superiore a quella generale del mercato del lavoro (+1,2 milioni), caratterizzata dall’incremento esponenziale del numero dei rapporti a tempo indeterminato (+1,5 milioni) che ha compensato la perdita di circa mezzo milione di quelli a termine.
In generale, la crescita dell’occupazione ha consentito di assorbire una parte rilevante delle persone in cerca di lavoro, ma, da circa tre anni, il tasso di quelle inattive rimane inalterato sul 33% della popolazione in età di lavoro, equivalente a oltre 12 milioni.
Questi numeri rendono evidenti le opportunità e le criticità del nostro mercato del lavoro destinate a influenzare anche le dinamiche dei prossimi anni. Nell’auspicabile assenza di eventi traumatici che, date le criticità delle relazioni geopolitiche internazionali non possono essere esclusi, la domanda di lavoro delle imprese e delle pubbliche amministrazioni è destinata a rimanere superiore all’offerta di lavoratori disponibili.
Nel contesto attuale, tale carenza è motivata in grande prevalenza dalla mancata disponibilità di competenze in grado di supplire l’esodo dei lavoratori anziani, che ha generato in parallelo anche una progressiva crescita della domanda di lavoratori immigrati. Il nostro mercato del lavoro è attualmente caratterizzato da un sottoutilizzo delle persone in età di lavoro, in particolare della componente di genere femminile e delle giovani generazioni con una particolare concentrazione nel Mezzogiorno.
Negli anni recenti si sono registrati alcuni segnali di inversione della tendenza, dovuti anche all’impatto positivo delle risorse del Pnrr, ma la loro intensità rimane distante dai fabbisogni. Le politiche da attivare per riscontrare i fabbisogni della domanda e dell’offerta di lavoro devono essere adeguatamente attenzionate per evitare una caduta della domanda di lavoro nelle aree territoriali meno sviluppate.
Nonostante le critiche sulla qualità dei rapporti di lavoro, i numeri del mercato del lavoro rimangono positivi, in particolare per la tenuta occupazionale dei lavoratori anziani, per l’aumento dei rapporti a tempo indeterminato e per il contributo offerto dalla crescita del numero degli occupati ai redditi familiari e all’incremento del reddito pro capite in coincidenza della riduzione della popolazione residente. Semmai devono essere ponderati i fabbisogni di crescita delle competenze dei lavoratori, in particolare di quelli anziani, per rendere sostenibile l’impatto delle tecnologie digitali di nuova generazione destinato ad aumentare l’obsolescenza delle competenze dei lavoratori.
L’andamento anti-ciclico dell’occupazione, in assenza di una crescita economica sostenuta, è destinato a peggiorare la produttività del lavoro. Questa tendenza offre una spiegazione del paradosso della crescita dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato che non trova corrispondenza nell’aumento adeguato delle retribuzioni per rendere attrattiva la domanda di nuovi lavoratori. L’utilizzo intensivo delle tecnologie può offrire una risposta al problema, ma rimane condizionato alla disponibilità di lavoratori competenti in grado di trasferire e di utilizzare le stesse nelle organizzazioni del lavoro.
Natale Forlani
Pubblicato su www.ilsussidiario.net