L’argomentare di Mario Draghi sul Ddl Zan non fa una piega. E’ composto sostanzialmente da tre succinte parti ( CLICCA QUI ). La prima:” Il nostro è uno Stato laico, non confessionale”. Pienamente condivisa, senza dubbio alcuno.

Poi: “Il nostro ordinamento è in grado di dare tutte le garanzie per verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa”. C’è d’apprezzare il bel getto d’acqua fresca lanciato su fiamme che sembravano subito levarsi senza controllo, visto che qualcuno già parlava di cancellare il Concordato. Idea abbastanza frutto delle calure estive da paragonare a quella di chi corre a minacciare la disdetta di un contratto solamente perché la controparte invita a stare attenti a non violarlo.

Il Presidente del consiglio ha poi detto di non voler entrare “nel merito della discussione parlamentare” perché “questo è il momento del Parlamento, non è il momento del governo”.

E’ evidente che, per la qualità della coalizione parlamentare da cui è espresso il suo Esecutivo, Mario Draghi non possa dire altrimenti. Magari solo sperare che il Senato risolva la questione e “raddrizzi” la linea del Ddl Zan così com’è uscito dalla Camera. E’ altrettanto evidente che, se così non dovesse accadere, il Governo se ne dovrà occupare e come.

Se Mario Draghi non entra nel merito, io invece mi permetto di farlo. Perché è questo che conta e perché, così facendo, si allontana ogni rischio di cadere nella retorica e nelle contrapposizione ideologiche di cui sono spesso appassionati sia gli estremisti laicisti, sia quelli della sponda opposta d’impronta clericale.

Il merito lo affronto da cittadino e da giornalista. Io non intendo vedere limitata in alcun modo la mia libertà di esprimere le mie opinioni e i miei convincimenti, così come quelli di tutti gli altri. Ovviamente senza che ciò significhi commettere alcun reato d’odio, cosa già oggi punibile sulla base da quanto previsto dal Codice penale.

Con questa legge scritta male, criticata anche da tanti ambienti della sinistra politica, sociale e culturale, potrei invece finire nei guai se solo, come fatto finora, sostenessi che a mio avviso la famiglia è quella che nasce solamente dall’amore tra un uomo e una donna o che, sempre a mio avviso, anche questo già abbondantemente scritto più volte, non si può consentire l’adozione a coppie dello stesso sesso o l’utilizzazione dell’utero in affitto. Sono inoltre curioso di sapere cosa accadrebbe se, ad esempio, riprendessi o citassi parti di famose opere letterarie. Ad esempio, dovrei stare attento a maneggiare la prima pagina de ” Il nostro agente all’Avana” che, nelle primissime righe, descrive l’andatura dinoccolata di un “nigger”, in italiano traducibile in “negraccio”. Commetterei un reato d’odio? Le domande, così, ragionando sarebbero infinite.

La realtà è che il Ddl Zan, che ripeto è scritto male, oltre a lasciare un quadro confuso persino sulle pene previste, parte dall’ottimo principio di contrastare l’omofobia, ed altre fattispecie di reato commesse contro le persone, per finire per portare un danno più ampio: quello di limitare la sana espressione del proprio pensiero e, persino, delle proprie visioni morali.

Giancarlo Infante

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