Chi è solito frequentare le sedi istituzionali per motivi lavorativi  ed ha uno spiccato senso dello Stato, ha la possibilità di vedere alcuni comportamenti anomali – che lo colpiscono seriamente – molto meglio e di più di un comune cittadino (a maggior ragione chi, come il sottoscritto, ebbe l’idea di introdurre il Picchetto d’onore per il I governo Berlusconi, l’11 maggio ’94, v. immagini storiche “Una vita nel Palazzo”, Gangemi ed., 2022).

L’accesso al Palazzo, a cominciare da Montecitorio e Palazzo Madama, ben dopo le sedi dell’Unione Europea, veniva regolamentato agli inizi del millennio soprattutto per effetto di un movimento di cultura politica – Comitato per la regolamentazione del lobbying – che negli anni ’90 propose questo fenomeno al centro del dibattito sulle riforme tenuto conto della diffusione dell’attività di pressione e d’influenza dei lobbisti sul decisore politico, al fine di ottenere una maggiore trasparenza politica e finanziaria, nonché etica comportamentale. Nonostante tale (nostro) impegno, volto a perfezionare le modalità operative e relazionali nei gangli vitali di una democrazia parlamentare ancora “sbarbatella”, nella cosiddetta II Repubblica si tende a fare, inopinatamente, degli evidenti passi indietro o, comunque, non allineati al percorso del “palazzo di cristallo”. Mi riferisco, evidentemente, alle occasioni in cui tale Elon Musk, sudafricano naturalizzato statunitense, secondo i massmedia nostrani, provincialotti, “miliardario”, è stato ricevuto in pompa magna dalla Premier Meloni, orgogliosa ed inebriata, sprovvista però di consiglieri adeguati al ruolo istituzionale.

L’”astro nascente” a livello planetario, padrone delle tecnologie satellitari ma non del senso del proprio limite, veniva a Palazzo da semplice imprenditore e geniale manager, per quanto privo di titoli o credenziali di valenza scientifica o culturale, ovvero di incarichi istituzionali presso il Dipartimento di Stato USA che ne avrebbero giustificato la gloriosa accoglienza nella sede di rappresentanza del governo italiano. Era ispirato, appare chiaro ed evidente, dalle proprie ambizioni arrivistiche, smisurate, che lo avrebbero portato a litigare platealmente con il suo, ormai “vecchio” amico Donald, cui non lo lega più neanche la visione della politica economica, virando di nuovo verso i progressisti da cui proveniva con l’enorme velleità di creare un terzo partito, America party, che con ogni probabilità non avrà alcuna prospettiva nel futuro della grande potenza oltreoceano.

La morale è: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei … quindi, cerchiamo di non guardare con ammirazione a miliardari improvvisati, ma a gente seria per affidare i progetti di sviluppo sostenibile e progresso economico-sociale di cui il Paese ha un enorme bisogno, sia per i ritardi infrastrutturali delle comunicazioni stradali, che nel settore delle telecomunicazioni (specialmente nel Mezzogiorno d’Italia).

Michele Marino

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