Nella prefazione del libro “Fraternità Segno dei Tempi. Il magistero sociale di Papa Francesco” del Cardinale Michael Czerny e don Christian Barone, il Papa si sofferma sulla costruzione del Regno di Dio, nota che la dimensione sociale va di pari passo con l’annuncio del Vangelo, invita a non neutralizzare la dimensione sociale della fede cristiana.

Per Papa, Il Regno annunciato da Gesù “è una realtà viva, dinamica, che ci invita alla conversione e chiede alla nostra fede di uscire dalla staticità di una religiosità individuale o ridotta a legalismo”. È un Regno che “in modi diversi, spesso silenziosi e anonimi”, si realizza già dentro di noi, tanto che “ciascuno di noi può contribuire a realizzare l’opera del Regno di Dio nel mondo, aprendo spazi di salvezza e di liberazione, seminando la speranza, sfidando le logiche mortifere dell’egoismo con la fraternità evangelica, impegnandosi nella tenerezza e nella solidarietà a favore del prossimo, specialmente dei più poveri”.

Papa Francesco invita a non neutralizzare questa “dimensione sociale della fede cristiana”, che invita “alla costruzione di una società in cui trionfi la logica delle beatitudini e di un mondo solidale e fraterno”. Per Papa Francesco, nella misura in cui Dio riuscirà a regnare tra noi, “la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti”. Papa Francesco indica nelle sfide “la cura della nostra Madre Terra e l’impegno ad edificare una società solidale in cui siamo ‘fratelli tutti’.”

Il Papa difende se stesso, nota anche “il profondo legame tra l’attuale Magistero sociale e le affermazioni del Concilio Vaticano II”, un legame che “talvolta a prima vista non emerge”.

Il motivo sta nel fatto che “nella storia dell’America Latina in cui sono stato immerso” si è respirato “un clima ecclesiale che, con entusiasmo, ha assorbito e fatte proprie le intuizioni teologiche, ecclesiali e spirituali del Concilio e le ha inculturate e attuate”, tanto che per i più giovani “il Concilio diventò l’orizzonte del nostro credere, dei nostri linguaggi e della nostra prassi, cioè diventò ben presto il nostro ecosistema ecclesiale e pastorale, ma non prendemmo l’abitudine di citare spesso i decreti conciliari o soffermarci su riflessioni di tipo speculativo”.

Significa che “non c’era tanto bisogno di citare i testi del Concilio”, perché questo era già “entro nel nostro modo di essere cristiani”, ma oggi “probabilmente, passati diversi decenni e trovandoci in un mondo – anche ecclesiale – profondamente cambiato, è necessario rendere più espliciti i concetti-chiave del Concilio Vaticano II, i fondamenti delle sue argomentazioni, il suo orizzonte teologico e pastorale, gli argomenti e il metodo che esso ha utilizzato”.

Per Papa Francesco, l’insegnamento del Concilio è dunque “base fondamentale, punto di partenza, luogo che genera domande e idee e che, perciò, orienta anche l’invito che oggi rivolgo alla Chiesa e al mondo intero sulla fraternità”, quest’ultima definita “uno dei segni dei tempi che il Vaticano II porta alla luce, è ciò di cui ha molto bisogno il nostro mondo e la nostra Casa comune, nella quale siamo chiamati a vivere come fratelli e sorelle”.

Sempre dal Concilio, continua il Papa, nasce “l’intuizione conciliare di una Chiesa aperta, in dialogo con il mondo”, anche se oggi “proseguendo nel solco di quel cammino tracciato dai Padri conciliari, ci accorgiamo che c’è bisogno non solo di una Chiesa nel mondo moderno e in dialogo con esso, ma soprattutto di una Chiesa che si pone al servizio dell’uomo, prendendosi cura del creato e annunciando e realizzando una nuova fraternità universale, in cui i rapporti umani siano guariti dall’egoismo e dalla violenza e siano fondati sull’amore reciproco, sull’accoglienza, sulla solidarietà”.

Papa Francesco dà anche una indicazione di metodo, ringraziando il Cardinale Czerny per aver coinvolto don Barone, giovane teologo, in una unione “feconda: un cardinale, chiamato al servizio della Santa Sede e a essere una guida pastorale, e un teologo fondamentale. È un esempio di come si possono unire lo studio, la riflessione e l’esperienza ecclesiale, e anche questo ci indica un metodo: una voce ufficiale e una voce giovane, insieme”.

Conclude Papa Francesco: “Così occorre camminare sempre: il Magistero, la teologia, la prassi pastorale, la leadership. Sempre insieme. La fraternità sarà più credibile, se iniziamo anche nella Chiesa a sentirci ‘fratelli tutti’ e a vivere i nostri rispettivi ministeri come servizio al Vangelo e all’edificazione del Regno di Dio e alla cura della Casa comune”.

Andrea Gagliarducci

 

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