Il Partito Democratico ha un nuovo segretario, anzi una nuova Segretaria. Elly Schlein per partecipare alla corsa, nei mesi scorsi si è dovuta affrettare a prendere la tessera del partito.
Comunque sia, il congresso del Pd, che non si è mai svolto in modo tanto poco appassionante, ha via via assunto le sembianze di un rito scontato che, di fatto, sposta il PD in una posizione politica a cavallo tra populismo, cultura radicale (anche un po’ chic, perché no?) e sinistra estrema. Come a dire: riformismo “bye bye”.
Il voto finale, che ha ribaltato quello espresso dagli iscritti al partito, presenta la luce di un’inequivocabile prova di democrazia accanto all’ombra di un’organizzazione sempre più … disorganizzata, a tratti caotica: soprattutto negli ultimi mesi, si sono visti all’opera gruppi dirigenti incapaci di elaborare ed esprimere linee politiche e strategiche, chiare e definite.
Di qui le domande rimbalzate sui social: “Gli iscritti al PD avevano scelto Bonaccini, i “passanti” hanno scelto Schlein. “A cosa serve iscriversi al partito se poi decidono i ‘passanti?’ ”.
Questo è ciò che resta del Partito Democratico. Anzi, viene da chiedersi che cosa rimarrà dopo un voto che, di fatto, ha messo alla porta posizioni che hanno avuto un ruolo importante nella fondazione di questo partito, come quella cattolico-popolare e quella liberal – democratica. Certo, è presto per dire se questo, con il tempo, si traduca in una ‘fuga’ verso altri lidi di illustri personalità di questi mondi che, nonostante tutto hanno continuato ad ‘esistere’ e a ‘resistere’ dentro il PD.
Una prima riflessione in proposito è arrivata, subito dopo qualche ora dal voto, dal PD Piemontese attraverso Monica Canalis, vice segretaria regionale del partito e consigliera regionale, la quale, dopo le congratulazioni di rito a Elly Schlein, si dice ‘preoccupata’ per il futuro del partito: “L’esito delle Primarie ribalta quello degli iscritti ed è una vittoria di una cultura politica – quella radical libertaria – che non è tra le culture fondative del PD”. Questo, rimarca, apre “una fase delicata”.
“Gioiamo degli elementi positivi” – aggiunge Canalis – come “l’affluenza che ha superato il milione di votanti, l’elezione di una donna per la prima volta, l’avvicinamento al Pd di persone nuove, ma nel contempo – rimarca – non neghiamoci che l’archiviazione della vocazione maggioritaria del PD è un fatto nuovo”. Tutto questo alla luce di una semplice osservazione: “I mondi che si sono recati alle Primarie questa volta, in molti territori, non sono gli stessi che si recarono a votare per Prodi, Veltroni o Renzi”.
È un fatto che, proprio a Torino, i ‘cattolici popolari’ che ancora stanno nel PD avessero individuato in Stefano Bonaccini una sorta di ‘garante’ sulla possibilità che le istanze, le idee, le posizioni di quest’area potessero trovare spazi di espressione e di rappresentanza dentro il Partito Democratico.
Ora, nonostante la presenza (più che altro a titolo… personale) di Dario Franceschini, la componente e le idee dei ‘popolari’ difficilmente troveranno spazio nella ‘squadra’ di Elly Schlein ed è probabile che viceversa trovino maggior visibilità posizioni e personalità bersaniane, dalemiane (con il rientro dei transfughi di Articolo 1 e dintorni) e filogrilline.
A proposito del voto dei ‘passanti’ che ha sconfessato quello degli ‘iscritti’, vien poi il dubbio che questi passanti non siano passati di lì per caso ma l’abbiano fatto seguendo voci, ispirazioni e indicazioni di qualche ‘navigator’ di pentastellata memoria. Se così fosse, saremmo di fronte a un fatto curioso, persino un po’ inquietante.
Solo cattivi pensieri?
Bruno Andolfatto