La domanda mette in dubbio la capacità dei partiti presenti in Parlamento di essere in grado di elaborare comportamenti e strategie, all’altezza del compito politico che il Capo dello Stato ha affidato a Draghi. Competenza, sensibilità istituzionale, autorevolezza, maturità civica sono prerogative che delineano la carismatica figura del Presidente del Consiglio, chiamato a ricoprire quell’incarico più per urgenza e necessità che per scelta. In un periodo di estrema difficoltà sociale, economica e sanitaria per il Paese, ci si è affidati alla persona unanimemente riconosciuta come la più idonea a affrontare lo stato di crisi innescato dalla pandemia.

Da fine politico Draghi ha assemblato una compagine di governo, tra le migliori possibili nelle condizioni date. Chi si aspettava il governo dei migliori, sarà rimasto deluso ma, concretezza e sano realismo sono tra le doti che contraddistinguono il personaggio. Lecito quindi chiedersi se e come le attuali forze politiche saranno in grado di svolgere il ruolo cui i tempi chiamano. Questi primi mesi non hanno mostrato cambiamenti apprezzabili; sempre che ce ne siano stati. E’ probabile che l’investitura popolare faccia premio sulla necessità di un’autocritica, assolvendosi gli interessati da qualsiasi colpa o inadeguatezza. Si direbbe la pretesa di un’autopoiesi politica, come se le contingenze favorevoli potessero perpetuare il consenso politico. Si assiste viceversa a fenomeni di breve durata di partiti o movimenti che, come meteore si esauriscono nel tempo stesso in cui compaiono.

Che il sistema politico sia in crisi non lo scopriamo adesso, ma preoccupa la deriva continua dalla politica partecipativa, come dimostra la crescita dell’astensionismo. C’è una crisi di credibilità sociale che oltre all’ambito politico sta interessando anche quello istituzionale e la gestione della pandemia sta dimostrando quanto sia arduo, da parte degli organi di controllo, imporre il rispetto delle regole di prevenzione e sicurezza. Si sta scivolando verso una crisi etica sempre più difficile da contrastare, nonostante l’austero impegno e la buona volontà del Presidente della Repubblica. Il tessuto sociale tende a perdere compattezza, sotto la pressione continua di un antagonismo politico che fa della denigrazione dell’avversario, la propria cifra distintiva. L’obiettivo è sempre quello di portarci a scegliere da che parte stare: o con me o contro di me; da una parte o dall’altra; a destra o a sinistra. Verrebbe da chiedersi se la pandemia è di destra o di sinistra? E i vaccini? Ormai tutti parlano di tutto e il parere di ognuno diventa verbo.

La sincerità è un pregio ma non affranca dall’ignoranza. I problemi si risolvono applicandosi con impegno, ma ci vogliono le competenze necessarie, che non si improvvisano. Il progresso delle conoscenze richiede studio, applicazione, sacrificio e i risultati vanno a beneficio dell’umanità. Essere riusciti a produrre i vaccini in tempi brevi è un fatto rilevante che salverà milioni di persone. E questo grazie al continuo avanzamento delle ricerche, che hanno dei costi, non sempre ripagati dalle ricadute economiche.

E’ importante allora dire INSIEME da che parte sta o non è piuttosto preferibile far capire cosa vuol essere e cosa intende fare. Si potrebbe cominciare mobilitandosi per risvegliare coscienze intorpidite; scuotere sedimentate indifferenze; ridare senso e vigore alla voglia di esserci; riprendere ad assaporare il gusto dell’impresa. Scegliere di essere protagonisti dell’unica vita vera che abbiamo. Ma serve farlo con convinzione, chiarezza, determinazione e soprattutto onestà intellettuale e lealtà relazionale. Agire per il bene deve essere la motivazione che spinge a farci carico dei problemi della comunità e a prenderci l’impegno di ricercare le soluzioni possibili. Se vogliamo essere un partito di programma, allora l’opzione geometrica è fuorviante. E’ il nostro essere che ci porta a fare e non il contrario, altrimenti ricadremmo in quello schema antitetico e spesso acrimonioso ben rappresentato dal bipolarismo.

E’ certo difficile far capire che il moderatismo non ha una posizione prestabilita, non sta pregiudizialmente di qua o di là, non è un luogo ma una forma mentis e un modus operandi. Troppo spesso la geometria politica ha tentato di semplificare il quadro spingendo da una parte o dall’altra, lasciando al centro una funzione residuale e più spesso strumentale. Il sistema bipolare, nell’esperienza nostrana non è mai decollato, avendo sempre avuto necessità di cercare alleati con cui costruire una coalizione di maggioranza.

Dobbiamo ridare dignità a una proposta di Bene comune, senza necessariamente identificarla con uno schieramento. Dobbiamo eliminare il divario che si è creato tra eletti e elettori e diventare soggetti attivi del nostro futuro, avendo la facoltà di scegliere chi dovrà rappresentare i nostri interessi. Sostenere il sistema proporzionale diventa allora una discriminante della nostra proposta politica, così come potrebbe essere utile far sapere che Draghi dovrebbe portare a termine la legislatura, pensando quindi a una proroga del mandato a Mattarella. Credo che sui grandi temi si debba cominciare a esporsi e comunicare con chiarezza alcuni dei punti che consideriamo inderogabili. Mettiamo prima a fuoco le cose da fare, stabilendo delle opportune priorità e poi cercheremo il modo più idoneo a farle conoscere.

Adalberto Notarpietro

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