In qualità di delegato per il Servizio della Salute della CEC ( Conferenza Episcopale della Calabria, ndr), mi permetto di esprimere alcune osservazioni sull’attuale stato della Regione nella quale mi trovo a svolgere il mio compito pastorale di Vescovo.

Le ultime impietose e volgari ribalte mediatiche, hanno marchiato i calabresi, disegnando scenari forse già noti ma per i quali si è toccato il fondo della vergogna e aperto il cancello della incompetenza. Da qualche giorno la Calabria si è svegliata con la lettera scarlatta sul cuore. Rossa, zona rossa. Un marchio che ha più il sapore della vergogna, del disincanto, del sonno della ragione, di anni di incerte gestioni politiche e gravi violenze sociali, di fame e sogni spezzati, che di un giudizio sulla realtà.

Nella regione, l’attuale quadro pandemico sollecita l’adozione di nuove policy a medio e lungo termine che siano in grado di affrontare alcune questioni centrali: un riesame del piano della rete ospedaliera, un rilancio dei servizi socio-sanitari territoriali, una più efficace gestione dei processi di integrazione ospedale – medicina territoriale.

Gli ultimi dati sulla sperimentazione del Nuovo Sistema Nazionale di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza, condotta dal Ministero della Salute e dalle Regioni, rilevano che la Calabria è inadempiente nel garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria. Con riferimento alla rete ospedaliera sarà necessario adoperarsi per una più
efficace revisione dell’attuale rete ospedaliera per acuti, in ragione di storiche criticità quali gli interventi fuori regione. Penso alla necessità, ad esempio, di risorse allocate “con criterio” in competenze specialistiche, risorse
tecnologiche e specifici investimenti in percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, con particolare riferimento alla rete oncologica.

Per affrontare la curva epidemiologica dei prossimi giorni, sarà fondamentale implementare ulteriori 136 posti letto
di terapia intensiva e 134 di terapia semi-intensiva; quindi la realizzazione di un Centro Covid Regionale e la
conseguente individuazione di Covid Hotel, finalizzati a minimizzare la trasmissione del virus sia fra la popolazione generale, sia all’interno dei nuclei familiari, in particolare quelli con persone fragili.

Sarà altresì opportuno implementare un numero di U.S.C.A. (Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale) proporzionale alla situazione di bisogno. Occorre rilanciare il tema dell’assistenza territoriale, come secondo
pilastro del Servizio sanitario nazionale soprattutto per la particolare configurazione del territorio calabrese che non permette una immediata fruizione dei servizi ospedalieri; si rende necessario un piano di investimento che sappia allocare le risorse non senza una chiara visione strategica; è ad esempio fondamentale la figura dell’infermiere
di famiglia e di comunità introdotta dal Patto per la Salute 2019-2021 e prevista dall’ultimo Decreto Rilancio.

Elemento non secondario è la carenza di personale sanitario e infermieristico. Altra questione centrale, che affiora con sempre più insistenza nel dibattito di questi giorni, è riconducibile al tema di una maggiore integrazione ospedale territorio e alla necessità di coordinare comportamenti e azioni che fanno riferimento a organizzazioni, figure assistenziali e sistemi assistenziali differenti.

Ritengo prioritario ripensare strategicamente e dunque adottare nuovi piani di gestione delle cronicità e delle fragilità da potenziare a scopi preventivi a livello distrettuale, con il concorso della medicina generale, delle
aziende ospedaliere e degli enti del terzo settore. Sarà necessario predisporre sistemi di servizi sociosanitari capaci di contemperare azioni di miglioramento della qualità e di risposta efficace ai bisogni della domanda, spostando
l’attenzione sul territorio quale soggetto attivo  che intercetti il bisogno sanitario e si faccia carico in modo unitario e integrale delle necessità sanitarie e socio-assistenziali del cittadino-paziente.

In tale prospettiva assume sempre maggiore rilevanza il ripensamento dei ruoli professionali in sanità con il
coinvolgimento più ampio di figure differenti da quelle del medico, come ad esempio il farmacista, l’operatore di comunità, insomma di persone che si occupino di attività integrative e sussidiarie rispetto a quelle di cura ed assistenza in senso stretto, come l’educazione e monitoraggio, assicurando così una tenuta della continuità assistenziale sul territorio soprattutto a salvaguardia delle categorie più fragili.

È il tempo favorevole per la sperimentazione di nuove forme associative e assistenziali orientate all’integrazione
sociosanitaria e l’implementazione e potenziamento di alcuni modelli istituzionali di integrazione, quali a titolo
esemplificativo la Casa della Salute, e le Unità Complesse di Cure Primarie. Modelli che consentirebbero di verificare sia la concreta possibilità di presa in carico del cittadino in riferimento a tutte le attività sociosanitarie sia una maggiore integrazione con le strutture ospedaliere per quanto riguarda le proprie prestazioni.

In sintesi sarà auspicabile indirizzare le politiche relative all’allocazione delle risorse verso tre direzioni fondamentali: 1) il potenziamento della rete ospedaliera, 2) il riequilibrio tra ospedale e comunità, 3) l’offerta di servizi e strutture a carattere socioassistenziale.

La possibilità di nuove risorse europee rappresenta l’occasione per colmare gap territoriali. A tal proposito sarebbe auspicabile istituire una cabina di regia composta da esperti, selezionati per competenza e non già per logiche da manuale Cencelli, così da ridefinire una complessiva governance di tutto il sistema sanitario regionale. Non è giunta forse l’ora, come già alcuni affermano da parecchio tempo, che i partiti devono stare fuori dalla organizzazione
sanitaria? E non è forse vero che la questione morale si pone quando i partiti occupano tutte le istituzioni? La
Calabria ha toccato il fondo di una crisi annunciata ed ora spetta, alla nostra fame di speranza, trovare il coraggio di tornare a galla … a respirare.

“Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza.”
(Papa Francesco)

don Francesco Savino
Vescovo di Cassano all’Jonio
Delegato CEC per il Servizio della Salute

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