L’Avvenire ha pubblicato il seguente editoriale di Stefano Zamagni

Martedì a Roma avrà luogo il convegno – primo del genere – dedicato all’istituzione nel nostro paese del Ministero della Pace. Organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, dall’Azione Cattolica e dalle Acli, in collaborazione con quindici enti nazionali della società civile in rappresentanza di centinaia di migliaia di cittadini, il fine dichiarato è quello di articolare un progetto volto a dare vita a un’Istituzione pubblica che, in seguito alla soppressione nell’immediato dopoguerra del Ministero della Guerra, avrebbe dovuto vedere la luce.

«Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra; è ora di organizzare la pace» – era solito ripetere don Oreste Benzi (di cui si celebra quest’anno il centenario della nascita) già negli anni ’70 del secolo scorso (Chi scrive ne dà personale testimonianza). Si presti attenzione all’espressione usata: «È ora di organizzare la pace», non semplicemente invocarla o urlarla. Non vi è bisogno di essere esperti di scienza dell’organizzazione per comprenderne il significato proprio.

L’art. 52 della Carta Costituzionale recita: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», ma questo non implica affatto che la difesa debba essere esercitata con le armi.

Ben altri e di gran lunga più efficaci sono gli strumenti che – come dirò – si possono usare per la bisogna. Ebbene, il Ministero per la Pace svetta tra questi. In una recente dichiarazione, l’arcivescovo emerito di Seattle Raymond Hunthausen ha affermato: «Le armi nucleari proteggono i privilegi e lo sfruttamento. Rinunciare a esse significherebbe abbandonare il nostro [dell’Occidente] potere economico sugli altri popoli. Pace e giustizia procedono assieme. Sulla strada che seguiamo attualmente, la nostra politica economica verso altri paesi ha bisogno delle armi atomiche.

Abbandonare queste armi significherebbe abbandonare il nostro posto privilegiato in questo mondo». Non penso vi sia bisogno di commento alcuno, tanto chiare e coraggiose sono queste parole che ci obbligano a riflettere su una cruda novità di questa epoca: la privatizzazione della guerra. (Per la lettura completa dell’articolo CLICCA QUI)

Stefano Zamagni

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