Nei vecchi telefilm di Perry Mason, fortunata serie di gialli televisivi importati dagli USA, fin dagli anni sessanta, l’imputato – a tutela dei suoi diritti costituzionali – veniva sempre informato che qualunque cosa dicesse poteva essere usata contro di lui.
È un po’ la sgradevole condizione cui è esposta Giorgia Meloni e con lei la “nazione”, la nostra e, quindi, in un certo senso, la generalità degli italiani. In definitiva, potrebbe sì parlare Giorgia, ma saggiamente la Presidente del Consiglio glielo sconsiglia e la frena.
Nell’avanspettacolo della politica, bisogna saper dosare i tempi, creare quel tanto di suspance che – al di fuori della cacofonia delle comparse le cui voci confusamente si sovrappongono – conferisca particolare solennità alla battuta del primo attore, attorno a cui ruota l’intera rappresentazione. Insomma, Giorgia Meloni fa bene a trattenersi da qualunque dichiarazione in un momento talmente inedito, spinto da Trump oltre ogni limite di semplice e comune buon senso, nel quale basta poco per fare la figura del cioccolataio. Anche a tutti noi, a nome e per conto suo.
Ha un’alta considerazione di sé, ma ha trascurato il fatto che perfino Cavour, che se ne intendeva, o De Gasperi – che alla Conferenza di Pace di Parigi si è assunto, a nome della “nazione”, l’ingrato compito di chiedere scusa al mondo per le nefandezze del Duce – hanno sempre evitato di sovraesporre il Paese che rappresentavano al di là dell’ effettiva portata del suo peso sul piano delle relazioni internazionali.
Ci sono italiani – e di quelli importanti che scrivono i giornali intingendo la penna nel calamaio della piaggeria – che hanno creduto o hanno mostrato di credere che l’Italia fosse diventata, grazie alla tempestività del bacio alla pantofola, il cardine su cui ruotava l’asse dell’ alleanza atlantica e, dunque, in qualche modo, l’intero onere di un delicatissimo frangente della storia. Il “ponte”, insomma, che in un’unica campata, collegasse, conciliandole, le due spinte dell’ Atlantico.
Roba da far venire un travaso di bile a Salvini che deve accontentarsi di quello di Messina. Eppure, possiamo scommettere che non mancherà nei prossimi giorni l’occasione – forse già intervenendo alla Conferenza mondiale dei Conservatori – per “epater les bourgeois” e riprendersi la scena del mondo.
Ad ogni modo, avendo pazientato fin qui, non sarebbe male che la Meloni attendesse l’esito delle elezioni in Germania. Non sia mai che domani, grazie a Trump ed al compare Elon, il popolo tedesco non dia una tranvata sui denti ai neo-nazisti, giusto per difendere, se non altro, la dignità della propria indipendenza da intromissioni indebite e dalle loro quinte colonne.
A quel punto, potrebbe, ad esempio, consigliare pubblicamente a Trump che si dia una calmata e si rimetta in saccoccia la pretesa che il G 7 dichiari che la Russia non è un Paese invasore.