È ancora appropriato parlare di “mondo cattolico” oppure è, se mai, preferibile discutere di un’ “area cattolica”?

Il termine “mondo” allude a qualcosa di globale ed organico, ad un insieme retto ed ordinato da una sintonia che lo pervade in ogni direzione e ne coordina i vari segmenti, cosicché si potrebbe dire che il tutto sta nel frammento e, cioè, affermare che in ogni sua pur piccola parte vive l’espressione piena di un sentire davvero comune e condiviso. Ovviamente, non si sta parlando del mondo ecclesiale e di quella comunità dei credenti che la fede compone in una unità di ordine superiore, rispondente al valore universale della religione, piuttosto che alle particolarità del contesto civile.

Su questo piano, invece – culturale, sociale, politico – non si dovrebbe piuttosto, parlare di “area cattolica”, cioè  di un perimetro definito dalla comune ispirazione cristiana, entro il quale, peraltro, vivono esperienze, sensibilità, opzioni differenti, anche sul piano politico, momenti di aggregazione culturale oppure ambiti di azione solidale che si aprono in un ventaglio libero ed ampio di iniziative?

Ad ogni modo, in questo dibattito fortunatamente sempre più vivo in ordine al ruolo dei cattolici, bisogna, una buona volta – e può essere che finalmente ci siamo vicini – impedire che ci si avviti in tanti bizantinismi, che spesso la fanno da alibi a troppo studiate pigrizie, per andare diretti al punto.

I cattolici, in virtù dei valori in cui si riconoscono e della cultura politica democratica e popolare attestata dalla loro storia, ritengono, oggi, di essere in grado di proporre una visione ed una prospettiva che, in un momento talmente delicato, possa non tanto essere utile al loro “mondo”, quanto orientare il Paese per il quale devono spendersi?

Si attribuiscono, in questa fase, un ruolo
di potere o, piuttosto, in primo luogo, un compito di profezia? E questa, a sua volta, non richiede la costruzione di un “pensiero forte”, originale ed autonomo, che dia conto di una identità, che molti, in fondo, paventano, interpretandola come presunzione ed arroccamento autorerefenziale, laddove, al contrario, la compiuta consapevolezza di sé rappresenta il presupposto necessario
ad ogni prospettiva di dialogo?Assumendo, peraltro, un dato che espone i cattolici ad una responsabilità più grave di quanto non avvenisse in altri tempi.

Mai come oggi, infatti, si può osservare una evidente corrispondenza tra il valore cardinale della “persona” – assioma da cui derivare, per il credente, ogni teorema di indirizzo politico e di azione sociale – e la domanda di un baricentro o, se vogliamo, di un attrattore ideale attorno a cui ricostruire l’ ordine smarrito. Magari a denti stretti, ne sono, via via, consapevoli anche molti che cattolici non sono affatto.

Se si risponde positivamente alla suddetta domanda, è necessario mettersi al lavoro. Ed, a tal punto, non è forse fuori luogo stabilire preventivamente che vi sia una linea di demarcazione tra la fase formativa culturale e sociale del cosiddetto “pre-politico” ed il momento espressamente politico, anche attivo e militante?

L’uno e l’altro versante inevitabilmente si tengono e non possono rapportarsi, né cronologicamente né logicamente, secondo la sequenza del prima l’uno e poi l’altro. E, conseguentemente, dove sta scritto che, al momento di entrare nel vivo della controversia politica, il pensiero dei cattolici debba essere tributario, dall’una e dall’altra – come avviene inefficacemente da quasi trent’anni a questa parte – di culture differenti, piuttosto che animare, nel pluralismo acquisito ed irrevocabile delle opzioni politiche dei cattolici, la presenza autonoma di una forza politica di ispirazione cristiana?

Senza nessuna velleità anti-storica, quale “unire” i cattolici, meno che mai pensare ad un presunto “partito cattolico” o addirittura rieditare quella “singolarità” che è stata la Democrazia Cristiana. Si tratta di tutt‘altra prospettiva.

Oggi il partito di ispirazione cristiana, nella società compiutamente secolarizzata, ha, al contrario, un compito anche più arduo: mostrare, anche a chi viene da culture lontane, quale sia il valore umano e civile, funzionale alla costruzione della comune citta’ terrena, che è connaturato ed intrinseco a tutto ciò che abbiamo ricevuto gratuitamente in dono in uno con la fede. Non per menarne vanto, come pur forse taluni fanno, bensì per aprire, sul presupposto della piena laicità della politica, illuminanti prospettive di dialogo.

In definitiva, pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici e presenza, tra queste, di una forza politica autonoma di ispirazione cristiana, possono stare insieme. Altra cosa quella “trasversalità” che può essere coltivata, in questa fase, fino ad un certo punto, ma non oltre, a meno di confermare i cattolici, ancora una volta, in una marginale e sostanziale irrilevanza

Domenico Galbiati

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