Si è sempre parlato della frattura tra paese “legale” e paese “reale”. L’astensionismo e la diffidenza pregiudiziale verso la politica a noi sono fenomeni ben noti. Ma le vicende degli ultimi tempi fanno emergere una sorta di distacco dalle proporzioni più dilatate. La cosa non è ascrivibile solo agli italiani perché tutto fa ritenere che il giudizio su quanto accade a Gaza e il cosiddetto riarmo segni una forte disparità tra come agiscono i governi e quel che pensano gli europei.

Trattandosi di tempi di guerra, da più di tre anni in Ucraina e della metà a Gaza, il riferimento ad un qualcosa di simile non può che andare al Primo conflitto mondiale. Con i “giochi” dei vertici italiani che partirono con la Triplice austro- germanica e si ritrovarono in guerra a fianco dell’Intesa franco- britannica. E in quel caso, comunque, non fu di poco peso lo spirito risorgimentale e identitario che spingeva per il ritorno pieno all’Italia di Trento e Trieste.

In particolare in questo oscuro periodo, gli italiani non vogliono sentir parlare né di guerre né di riarmo. E sembra averlo avvertito bene Giorgia Meloni rimasta, nonostante l’avvento alla Casa Bianca del suo alleato Trump, fermamente al fianco di Zelensky, ma sempre assicurando che mai un soldato italiano metterà piede sul suolo ucraino.

Anche sulla questione di Gaza e della Cisgiordania, la Meloni, almeno una volta, è stata costretta a farsi sentire, sia pure timidamente, con l’altro suo alleato Netanyahu. Sempre guardandosi bene dallo stare troppo vicino a quel fronte sempre più ampio che sta prendendo corpo al fine di imporre uno stop ad Israele: composto da Spagna, Irlanda, Svezia ed altri in pressione per giungere alla sospensione dell’Accordo di cooperazione con Tel Aviv che non è poca cosa per le finanze e l’economia israeliana.

Germania e Italia, soprattutto, svolgono una funzione di freno continuando a sostenere quanto sia necessario mantenere un canale di dialogo con un paese il cui Primo ministro e i suoi vertici della difesa  sono ricercati dalla Corte penale internazionale e che a Gaza hanno ucciso 60mila palestinesi, n mentre in Cisgiordania continuano ad impossessarsi di terre altrui, in violazione di tutti gli accordi succedutisi dal ’48 in poi.

Secondo alcuni vi è in questo la possibilità di leggere un aspetto psicoanalalitico giacché si tratta dei due paesi che più hanno da farsi perdonare per come fecero fare all’antisemitismo il tremendo salto di qualità nella Shoa.

Il che è vero fino ad un certo punto visto quanto la Germania e l’Italia democratiche hanno rotto con quel loro osceno passato. Semmai, c’è da chiedersi se molti della destra, che è stata antisemita e a favore di Putin, non abbiano molto da farsi perdonare dagli alleati internazionali di oggi.

Giorgia Meloni è in difficoltà anche per quanto riguarda il cosiddetto riarmo dei 27. E così, mentre la retorica suborna tutto il resto, si prova a lasciare intendere che, alla fine, si tratta sostanzialmente di una finta. Perché l’ingente volume d’investimenti previsto – secondo alcuni destinato a far fallire definitivamente il nostro welfare, a partire dalla Sanità- e ce lo dicono con insistenza nche la stampa e le televisioni sue fiancheggiatrici, sarebbe spalmato nell’arco di tanti anni. Periodo in cui inevitabilmente giungera’ la fine della stagione di Donald Trump.

Inoltre, più d’uno fa notare la scarsa serietà del progetto della crescita degli investimenti in armamenti al 5% perché non sono previste sanzioni per chi quel livello non raggiungerà.

In ogni caso, questo riarmo non lo vuole circa l’80% della pubblica opinione che, con Giorgia Meloni, si trova in rotta di collisione su di un’altra questione astratta, ma che un suo fondamento ce l’ha, o potrebbe finire per averlo: perché se riarmo ci dev’essere, gli italiani e numerosi altri del Vecchio Continente, lo vorrebbero in una logica europea e non solo in quella della NATO come sostiene la nostra Presidente del Consiglio. Una posizione che, almeno per il momento, le consente di praticare la “politica dei due forni”, uno dei quali mostra l’insegna con su scritto Trump.

Comunque, in particolare in Italia, la netta frattura tra popolo e governanti è favorita anche dai mezzi di comunicazione – molti dei quali tenuti in vita dai soldi di tutti noi– che vengono continuamente meno al loro compito di approfondire e fornire una corretta informazione preferendo, pressoché quotidianamente, trasformarsi in organi di parte.

 

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