Le dichiarazioni di Romano Prodi sulla possibilità che Silvio Berlusconi possa entrare a far parte della maggioranza di governo hanno subito riempito le prime pagine dei giornali. Berlusconi non è più un tabù, ha dichiarato quello che è stato il suo principale antagonista per oltre vent’anni. Lungo questo periodo i due sono stati i principali rappresentanti di un’Italia follemente divisa a causa di una logica bipolare che le ha solo fatto male.
Nel corso di quella che, con una certa enfasi, è stata chiamata Seconda repubblica, si è allargata la forbice tra ricchi e poveri, si sono aggravate le divaricazioni economiche, di cui pagano un prezzo altissimo soprattutto il ceto medio, i giovani e la stragrande maggioranza dei pensionati. Le disuguaglianze si sono dilatate anche per quanto riguarda le aree geografiche e stiamo toccando con mano cosa abbia significato la mancata cura e il mancato sviluppo di una rete d’infrastrutture adeguata ad un paese moderno. Il debito pubblico è diventato una voragine, anche a causa di una spesa che ha perso ogni carattere innovativo e si è accentuata la tendenza a lasciare libere le regioni di spendere con il criterio del “piè di lista” senza alcuna visione riassuntiva delle esigenze complessive nazionali.
Sempre nel corso della competizione -scontro, muro contro muro, tra Berlusconi e Prodi, si è avviata una lunga stagione di privatizzazioni, da rivedere, in cui è stato assente l’elemento della “liberalizzazione” e che, a fronte dell’impoverimento del patrimonio pubblico, non ha risolto il problema del debito e non ha significato dare corso ad un effettivo libero mercato regolato in funzione della salvaguardia della responsabilizzazione sociale e collettiva. Decomposto il tessuto sociale. Per non parlare poi della perdita di peso internazionale, di capacità industriale e delle profonde crisi in cui sono finiti, con diversi livelli di acutezza, il sistema delle autonomie amministrativa e quelli sanitario, pensionistico, educativo e scolastico.
L’alternanza tra destra, a lungo rappresentata quasi esclusivamente da Silvio Berlusconi, e sinistra, che ha trovato in Romano Prodi un emblema da ammainare non appena si riteneva non ce ne fosse più bisogno, come accaduto in ben due occasioni, segna dunque un bilancio più che negativo per noi tutti.
Lo diciamo da sempre: ben venga allora tutto ciò che è utile per riportare la politica italiana sulla strada della ragionevolezza, del confronto civile e per superare la logica delle contrapposizioni pregiudiziali, dietro le quali, comunque, non scompare l’attitudine a trovare degli accordi sotto banco utili a soddisfare interessi parziali che giocano sempre un peso, magari contemporaneamente stando dietro l’uno e l’altro fronte. Un paese entra nella modernità del cosiddetto post ideologico anche grazie ad un cambiamento del metodo seguito nell’agire politico e del linguaggio.
Si tratta, dunque, di vedere se il problema sia quello di rafforzare momentaneamente un governo o guardare ad un qualcosa di più importante com’è la necessità di far ritrovare al sistema politico istituzionale quella logicità che negli ultimi anni appare ulteriormente smarrita.
La situazione è tale che all’intervento di qualcuno sul tabellone del Risico della politica italiana i nostri fogli quotidiani si eccitano come se le dichiarazioni fossero ancora in grado di smuovere qualcosa. A maggior ragione se quelle dichiarazioni si rivelano frutto di dinamiche, di fatto, superate dalle cose.
Prodi e Berlusconi solo in parte, così, fanno venire alla mente quelli che un tempo furono definiti i cavalli di razza: Fanfani e Moro. Chiamati ripetutamente ad intervenire nella Dc e nel Paese per gestire i passaggi cruciali e di snodo. Fanfani e Moro svolsero a lungo quel ruolo perché esponenti di una politica alta e non approssimativa. Certamente, non condizionata da questioni personali o d’azienda.
A che serve che Berlusconi si limiti a fare da puntello al Governo Conte? Solo per compensare qualche voto che si perderà per strada nel momento in cui si affronteranno questioni come il Mes e come la cancellazione delle concessione delle autostrade a Benetton? E’ ridotta tutto a ciò la partita? E’ necessario invece che anche Silvio Berlusconi, prendendo netta distanza dall’antieuropeismo di Salvini e della Meloni, contribuisca alla scomposizione dell’attuale quadro politico con una chiara e definitiva partecipazione alla ricostruzione di un’area democratico liberale che, anche a causa sua, ha progressivamente perduto ogni peso perché si è acconciata a stare all’interno della compagine dominata dal capo della Lega.
E se anche ci fosse sullo sfondo il Quirinale, com’è possibile non capire che se un punto d’equilibrio è da individuarsi in modo che affondi nelle pregresse dinamiche degli ultimi 25 anni, questo punto di equilibrio è già bello che in atto ed offre, come abbiamo già scritto da tempo, la soluzione più naturale, più coerente e più efficace con la riconferma al Colle di Sergio Mattarella.
I cavalli di razza erano tali perché non si preoccupavano più di loro stessi e di ciò che rappresentavano. La loro qualità emergeva per la cura e l’attenzione che sapevano dedicare a quelle linee profonde attorno cui si concretizzavano le dinamiche vere del Paese e della politica nazionale.
Giancarlo Infante