Che la pandemia costituisca l’occasione per tenere insieme mano pubblica e mano privata al fine di risalirla nei suoi effetti devastanti e di risalire la crisi che oggettivamente la precedeva e l’ha preceduta per molti anni, per certo, può risultare una visione ottimistica. Si accorda alla pandemia, in questo modo, una funzione salvifica che mal si concilia con le morti che ha portato con sé. Eppure, la storia ci consegna molti esempi di lutti estesi, mondiali, per esempio quelli determinati dalle guerre, che sono stati alla base di cicli di ripresa e di nuova socialità.

All’inizio di questi tempi nuovi, una osservazione elementare mostra, per l’appunto, una spontanea collaborazione di tutti i soggetti, pubblici o privati che siano, per far funzionare le proprie competenze e per far valere le  responsabilità assegnate nell’interesse di tutti.

Mostra, anche, che non tutti i processi si riattivano al meglio del loro potenziale. Allora, l’esperienza della storia aiuta a togliere di mezzo ostacoli ed errori che, oggettivamente, sono evitabili.

Nella presente riflessione, lo scopo è quello di rappresentare, in un contesto se si vuole metodologico, ma non disattento rispetto ai contenuti teleologici del PNRR, la ricomposizione del quadro di governo dei processi che, a breve, saranno attivati. Ne è giustificazione l’elementare considerazione che la spinta socializzatrice della crisi pandemica mostra una tendenza alla settorializzazione dei ruoli.

Fin dall’affacciarsi delle prime avvisaglie del varo del programma Next Generation EU, molti caveat sono stati legittimamente messi in campo, spesso con effetti, magari non voluti, di strabismo istituzionale. Così, in molti li hanno espressi nella forma, la più semplice, di preoccupazione per eventuali ingerenze di poteri criminali, con effetti di malaffare e corruzione.  Altrettanti si sono soffermati sulla debolezza amministrativa dello Stato, paventando strozzature tanto nella fase autorizzativa quanto in quella dei controlli. Ecco, l’osservazione che qui si espone riguarda un aspetto che deve ritenersi decisivo per l’attuazione del piano, quello del funzionamento efficace ed efficiente del sistema produttivo sul quale poggiano rivoluzioni e transizioni, verdi ed ecologiche, digitali, infrastrutturali, inclusive e coesive.

Il settore produttivo costituisce l’apparato locomotore dell’intero PNRR. Su questo punto si deve essere chiari.

Il programma Next Generation EU, (probabilmente in esecuzione di un principio non codificato delle organizzazioni sovranazionali e internazionali, definito come “comprehensive approach”, una specie di volontà politica diffusa, ecco un frammento di Costituzione materiale europea), innesca una applicazione di logica circolare che investe l’Unione Europea, ogni Stato nazionale singolarmente considerato e tutti gli Stati nazionali che ricevono i finanziamenti, il settore produttivo di ogni singolo Stato nazionale. Di talché, Stati considerati efficienti dal punto di vista amministrativo potrebbero non esserlo dal punto di vista della produzione, cioè dell’adempimento degli obblighi contrattuali assunti verso l’Unione Europea. Al contrario, Stati amministrativamente deboli potrebbero risultare affidabili sul piano della loro capacità realizzativa dei progetti. Guardando al nostro Paese, al quale si addebita una pubblica amministrazione inefficiente, si deve mettere in campo un’azione concertata del pubblico con il privato per fare in modo che il primo funzioni, il secondo si mostri efficiente, e, insieme, risultino adempienti negli obblighi assunti nei confronti dell’Unione Europea. Non c’è spazio se non per una azione convergente di tutti i soggetti necessari all’impiego, fino all’ultimo centesimo, delle risorse messe in campo dall’Unione Europea.

Si deve avere consapevolezza che il fallimento dell’uno si propaga, infetta tutti gli altri. La semplificazione delle procedure amministrative equivale, rispetto all’obiettivo finale, alla qualità dei processi produttivi.

La Governance del Piano, di qui al 2026, quando gli investimenti avranno prodotto tutti i loro effetti (e li produrranno al 100% se ognuno avrà dato il 100% delle proprie capacità potenziali), sarà vera e propria sperimentazione di condivisione, collaborazione, accettazione integrale delle regole del gioco proposte dall’Unione Europea.

Prima di delineare una ipotesi di soluzione dei pur complessi problemi che si sono indicati, conviene estrarre dal PNRR opportunità e condizioni per la sua attuazione, sapendo che esso è al servizio di strategie di sviluppo dell’Unione che traguardano al 2050 e riguardano il Green Deal europeo, la razionalizzazione dell’era digitale anche in termini di rule of law, l’economia sociale europea, il ruolo politico dell’Unione negli equilibri internazionali e nei processi globali in corso (quelli migratori, il terrorismo internazionale tradizionale  e cibernetico), il consolidamento di una democrazia europea.

Settecentocinquanta miliardi di Euro sostengono queste strategie, di cui seicentosettantadue e mezzo finanziano ripresa e resilienza, con questi obiettivi faro (flagships): “pulire” le tecnologie, rinnovare l’efficienza energetica, “pulire” i trasporti, tenerci connessi e recuperarci dal digital divide, offrirci il potenziale del cloud industriale europeo, evitarci la piaga dell’analfabetismo digitale.

Questa breve e riassuntiva esposizione dei fini perseguiti, da sola, è sufficiente a confermare che l’interconnessione del pubblico con il privato deve essere immediata e completa, poiché ogni scostamento dalle procedure europee automaticamente ci trasformerà in paese inadempiente e, allora, arriveranno sanzioni dirette e indirette. Insomma, quantunque non lo si trovi espresso esplicitamente, il cammino comune per l’attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza costituisce la via nazionale che porta ad una cittadinanza piena nell’Unione Europea che verrà.

Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza costituisce (e per questo deve essere approvato in sede europea) lo strumento di allineamento delle misure dello Stato alle linee guida e alle raccomandazioni specifiche del semestre europeo, tanto che i pagamenti da eseguirsi entro la fine del 2026 saranno subordinati ad una specifica valutazione positiva da parte della Commissione Europea sul conseguimento degli obiettivi mediante disamina dello stato di avanzamento dei lavori.

A ben considerare, gli Stati riceveranno i fondi stanziati se il sistema produttivo avrà, progetto per progetto, adempiuto alle obbligazioni contrattuali conseguenti alle gare pubbliche che avranno messo a concorso i finanziamenti contenuti nel PNRR. Il rischio d’impresa e il rischio pubblico, nella proiezione dei finanziamenti europei, si ordinano tra loro in una scala logica e temporale che li tiene insieme, come precedentemente accennato,  in una inevitabile connessione circolare che ha il seguente andamento: intervento pubblico-erogazione-attività d’impresa-intervento pubblico-valutazione europea-intervento pubblico-erogazione, fino al conseguimento dell’obiettivo. All’interno di questo processo, non lo si dimentica, si svilupperà una fase endoprocedimentale che avrà per protagonisti il Comitato economico e finanziario e il Consiglio europeo istituito per il coordinamento delle politiche degli Stati membri nell’ambito del semestre europeo.

Sappiamo che nella definizione del PNRR il governo italiano, al pari degli altri governi dell’Unione Europea, ha rispettato le priorità di riforma contenute nelle Raccomandazioni  della UE. E sappiamo che sono attese misure tali da generare liquidità per l’economia reale, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese e alle imprese innovative. Le si cita proprio perché piccole e medie imprese, ma meglio sarebbe dire tutte le imprese, sono lo snodo essenziale, basale del funzionamento del Piano. Non basta quindi che i progetti abbiano carattere organico e siano coerenti con le raccomandazioni specifiche del Semestre europeo. Da ogni attività di impresa ci si aspetta in sede europea che vengano rispettate le norme in ambito sociale, etico e ambientale dell’Unione. Nessuna scorciatoia è configurabile, se non nell’area dell’illegalità.

Vediamo il perché e troveremo ancora una volta l’esistenza dell’indissolubile legame di pubblico e privato. L’Italia, come ogni altro Stato membro, secondo il regolamento del piano, dovrà fornire una valutazione su potenziali danni significativi per ogni singola misura proposta. Per farlo dovrà avere la certezza, per averla verificata sul campo, anticipata nella predisposizione dei requisiti da richiedere al settore produttivo, monitorata in ogni fase dell’attuazione, “bollinata” al collaudo, dovrà avere la certezza, si diceva, che nessun danno significativo s’è determinato a causa dei processi lavorativi del sistema produttivo. Allora, nel paese delle morti bianche dei lavoratori, lo Stato dovrà provvedersi di strumenti più accurati di controllo della produzione per non incappare in danni significativi.  ( Segue )

Alessandro Diotallevi

 

About Author