In questo momento storico la Chiesa di Puglia non dovrebbe essere maggiormente presente sul piano sociale contro la guerra in Ucraina, il riarmo europeo e la tragedia di Gaza? È una domanda che si impone alla luce degli eventi che hanno caratterizzato il mondo ecclesiale pugliese negli ultimi anni. A Bari, con l’incontro ‘Mediterraneo frontiera di pace’ del 2020, che ha visto convenire i vescovi delle chiese cattoliche dei Paesi del Mediterraneo, e ancor prima, nel 2018, con la grande riunione dei capi delle Chiese e delle comunità cristiane presenti in Medio Oriente, Papa Francesco ha lasciato un’eredità pesante, un segno di quell’ansia di pace che non ha mai abbandonato, neppure nei momenti più critici della sua malattia.

La scelta di Bari e della Puglia per due eventi importanti per il bacino del Mediterraneo non è stata casuale. La regione non è solo il lembo sud dell’Italia che si affaccia a Oriente, ma è terreno fertile, a lungo arato e coltivato dal messaggio profetico di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia, per una diplomazia della pace. Le esperienze che la regione ha vissuto sono da considerarsi emblematiche di una visione alternativa del mondo e delle relazioni internazionali. Si ricorderà, per esempio, la Tecnovar di Bari, azienda specializzata nella produzione di componentistica militare, in particolare di mine antiuomo e anticarro, il cui comproprietario, l’ingegnere Vito Alfieri Fontana ha scelto di occuparsi di sminamento. L’esperienza di Alfieri è finita in un libro pubblicato da Laterza, giunto alla terza edizione.

Non sono segnali episodici e rari, ma il portato di una storia di speranza sedimentata nelle coscienze e che tuttora ha bisogno di essere coltivata, rafforzata e divulgata. Bari è in una posizione strategica, per il suo patrimonio religioso è cerniera tra Oriente e Occidente. Nel capoluogo pugliese, nel nome di San Nicola, l’Oriente cristiano può ancora incontrarsi con l’Occidente cattolico europeo dando forma e sostanza ad una diplomazia informale che pieghi i grandi drammi della storia verso le ragioni dell’incontro e del dialogo. Non si tratta di disegnare scenari utopici o fantasiosi, ma di tradurre in forme concrete quei processi di dialogo che, mediante i centri di studio e di ricerca, sia laici che cattolici, rendono Bari un’enclave del confronto a vari livelli.  Confronto che può diventare strumento di dialogo se tutti, in particolare il mondo ecclesiale, assumono un attivo protagonismo nel rendere la regione un arco di pace nell’inquietudine del Mediterraneo.

Pasquale Pellegrini

Pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno

 

 

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