Alcune settimane fa sembrava che a Istanbul si fosse aperto  uno spiraglio diplomatico tra Russia e Ucraina. Una notizia  che faceva  ben sperare in un  cambio di rotta o in una svolta improvvisa. Ma è  bastato poco per comprendere che siamo ancora ben lontani da una vera trattativa. Sotto banco,  Vladimir Putin continua a giocare su più livelli: rilancia segnali di apertura che smentisce poche ore dopo, promette tregue mentre intensifica i bombardamenti, parla di pace mentre prepara nuove mobilitazioni. È un copione già visto, ma oggi sempre più logoro.

Ambiguità, riserve mentali, doppio gioco
Putin continua a bluffare. Lo fa non solo verso Kiev, ma verso l’intera Europa e persino verso Donald Trump. Proclama la volontà di negoziare, ma pretende che le sue condizioni siano accettate in toto. Simula disponibilità al compromesso, ma poi rilancia la retorica della “Grande Russia” e della “minaccia occidentale”. Un doppio gioco che svela tutta la fragilità di un leader che, in quattro anni di guerra, non è riuscito nemmeno a conquistare interamente il Donbass.

Le certezze che vacillano
Dinanzi alla reazione compatta dell’Europa – che, pur tra esitazioni iniziali, ha rafforzato il sostegno all’Ucraina e consolidato la propria coesione strategica – tutte le certezze del Cremlino sembrano vacillare. Mosca sperava in una resa rapida, ha invece ottenuto un isolamento internazionale crescente e un fronte occidentale insospettabilmente determinato. Non è un caso se ora Putin teme più le parole di Emmanuel Macron che le armi di Kiev. Il presidente francese ha proposto di estendere l’ombrello atomico francese a tutta l’Unione Europea, minando una delle ultime illusioni di Mosca: quella di poter dividere il continente col ricatto nucleare.

Un conflitto sempre più europeo
La guerra iniziata nel 2022 contro l’Ucraina è diventata, nei fatti, una sfida lanciata all’intera Europa. Non solo per la posta in gioco strategica, ma perché ha riattivato nel continente un senso di minaccia che sembrava sopito. L’Unione Europea si è scoperta vulnerabile, ma anche pronta a reagire: ha investito nella difesa comune, ha superato tabù storici sull’invio di armi, ha ridato centralità alla NATO. E oggi – con il sostegno della Germania, la fermezza dei Paesi Baltici, la ritrovata assertività della Francia – rappresenta per Putin un avversario ben più temibile del previsto.

Uno zar debole, ma pericoloso
Putin appare sempre più debole, ma proprio per questo più pericoloso. Circondato da una cerchia di fedelissimi, lontano dal contatto con la realtà, ripete slogan imperiali fuori dal tempo. Ma la realtà lo smentisce: l’economia russa è piegata dalle sanzioni, la leva militare arranca, la società è stanca. Il confronto con la Storia è impietoso: mentre l’Europa guarda avanti, verso una maggiore integrazione politica e militare, lo Zar del Cremlino resta inchiodato a logiche novecentesche. E più cerca di resistere, più si ritrae nel suo isolamento.

La Storia è altrove
Il futuro dell’Europa si gioca oggi anche nella capacità di smascherare l’illusione putiniana. La libertà, l’indipendenza e la sovranità non sono solo parole: sono valori da difendere con fermezza. Putin ha sottovalutato la forza morale e politica di un continente che, pur tra mille contraddizioni, ha ritrovato una ragione per unirsi. Mentre lui, lo Zar fuori dal tempo, appare sempre più ai margini della Storia. E questa volta, senza possibilità di ritorno.

Michele Rutigliano

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