I vecchi giornalisti di una volta, riferendosi ai cosiddetti “sovranisti”, avrebbe detto “li fanno con lo stampone”. La conferma di quanto sia vera questa constatazione viene dalle reazioni che entro i confini nostrani sono quelle di Matteo Salvini e in America Donal Trump. Hanno sparso a piene mani furia ideologica, attaccato violentemente gli avversari politici, soffiato sul fuoco della divisione e adesso se ne lamentano. Una volta si diceva: chi semina vento, raccoglie tempesta.

La “Bestia” scatenata dall’attuale capo dei leghisti ha seminato odio a piene mani tra i social e ora che, con altrettanto disdicevole odio, hanno cominciato a rispondere per le rime non va più bene. Il Presidente statunitense usa twittare dalla mattina alla sera contro tutti. Non si astiene dal fare commenti anche sgradevoli nei confronti di avversari e avversarie,  di giornalisti e giornalisti, bianchi o gente di colore, di altri capi di stato o, addirittura, semplici persone che dissentono da quel che egli diffonde quotidianamente.

Quella di Trump è una prolificità digitale senza uguali. Attesa ogni giorno con preoccupazione persino dai suoi collaboratori più stretti, spesso finisce per creare situazioni imbarazzanti per la Casa Bianca e per i vertici dei dipartimenti che guidano gli Usa. In taluni casi ha finito per provocare veri e propri casi diplomatici internazionali.

E’ vero che talvolta Donald Trump è vittima a sua volta di pesanti manipolazioni e di travisamenti di quanto da lui affermato. L’ascolto dell’originale della famosa dichiarazione sulle iniezioni di disinfettante da utilizzare contro il Coronavirus non conferma affatto i concetti che gli sono state attribuiti. Semmai, ne viene la conferma che chi ha importanti responsabilità pubbliche, e le sue sono particolarmente rilevanti, forse farebbe bene a parlare meno a ruota libera e, per di più, al di fuori delle sedi proprie.

Ma questo è il mondo in cui ci è toccato di vivere e di questo mondo è proprio anche il metodo dello scontro politico,  oramai portato sempre alle estreme conseguenze. Non si finisce mai di contare morti e feriti, da una parte e dall’altra. Purtroppo, a scapito della verità o, almeno, dei fatti.

Ciò premesso, viene spontaneo riflettere sul come Donald Trump sia giunto al 1600 di Pennsylvania Anvenue sulla scia di una campagna elettorale non certamente condotta in punta di fioretto. Una volta eletto, è stato persino peggio e non sembra che egli sia riuscito a diventare il Presidente di tutti gli americani come entusiasticamente dichiarò nel novembre del 2016 ( CLICCA QUI ).

Anzi, ha usato tutti i mezzi disponibili per accentuare i caratteri divisori della sua politica e trasformato i social in vere e proprie clave, meglio sarebbe dire mazze da baseball. Adesso, dopo averli usati spregiudicatamente a piene mani, senza andarci troppo per il sottile, scende in guerra contro Twitter, aggiungendo a questo conflitto quello da tempo aperto anche sul fronte Facebook. Fino alla decisione di poche ore fa quando è giunto a cancellare la Section 230 del ​Telecommunications Act del 1996. Ha eliminato quella sorta di “scudo penale” assicurato ai social rispetto a ciò che gli utenti pubblicano di illegale o di controverso. Per tutta risposta, Twitter ha cancellato alcuni degli ultimi messaggi di Trump, poi successivamente rilanciati dalla struttura della Casa Bianca, di nuovo rimossi perché giudicati delle autentiche “fake news”.

E’ evidente che il problema dei contenuti dei social sia attuale più che mai. Negli Usa come in Italia. Ma chi pone una giusta questione, chi si interroga su quanta vera e propria “spazzatura” circoli incontrollata e incontrollabile sulla rete web, non può porre la questione solo quando gli fa comodo e, come accadeva un tempo nei nostri oratori, quando perde al gioco del calcio si porta via il pallone.

Anche in Italia, aumentano sempre più le grida d’allarme al riguardo, i social sono pieni di messaggi aggressivi, persino di minacce. E’ evidente che la “Bestia” salviniana, così come altre “centrali” di pilotaggio e distorsione delle notizie organizzate all’uopo, giustificano la loro esistenza proprio per distorcere e confondere la pubblica opinione digitale. Sono state pensate per “azzannare” e solo quel mestiere sanno svolgere. Neppure serve la riflessione sul fatto che “Bestia” o non bestia, Salvini continua a perdere consensi perché è sul piano politico ad essere stato sconfitto in Europa e in Italia. 

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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