Il linguaggio del corpo è molte volte più espressivo del linguaggio parlato. E’ talmente immediato ed istintivo, soprattutto quando si è colti di sorpresa da qualche accadimento inatteso, da rivelare quei sentimenti profondi che le parole spesso occultano o almeno rendono, se non altro, con quel po’ di distacco o di prudenza che può essere consigliata dal momentaneo contesto o da una più meditata ragione di opportunità.
Se si osserva attentamente il filmato della rissa della scorsa settimana a Montecitorio, si vede chiaramente come il Ministro Calderoli di fronte al tricolore, esibito da un collega 5 Stelle, senza alcun atteggiamento aggressivo, faccia letteralmente due passi indietro e si ritragga vistosamente, quasi si sentisse sì minacciato, ma, in sé e per sé, dal tricolore. Non dal povero Donno.
Il tricolore è poi finito, quasi fosse uno straccio qualunque, nel mezzo di quell’indegno ammasso di corpi, cui hanno concorso anche parlamentari Fratelli d’Italia che del tricolore dovrebbero avere un adamantino rispetto. Come merita da parte di tutti gli italiani.
La vicenda mostra come nel governo Meloni convivano “nazionalisti” e “separatisti”, chi dice di voler esaltare l’unità nazionale e chi, al di là di qualche aggiustamento tattico, non si è allontanato dallo spirito originario della Lega che il tricolore lo ha da sempre in odio La traduzione in chiave istituzionale di questa insanabile contraddizione, cioè il combinato disposto “premierato-autonomia differenziata” non può che essere devastante per il Paese e per il nostro ordinamento democratico.
Stiamo maneggiando una miscela esplosiva orientata verso una proliferazione di “centralismi regionali” che appagheranno, da una parte, la personalizzazione centralizzata del potere, secondo il principio di autorità caro a FdI, dall’altra coloro che vogliono imporre la segmentazione del Paese per “nazioni” – così, infatti, le chiamano – a dimensione loco-regionale.
Una seconda considerazione – da sviluppare a parte – concerne questa esplosione di violenza vergognosa, non ascrivibile alla singolarità del momento, ma frutto di un orientamento di fondo che deve preoccupare. La violenza è, anzitutto, un abito mentale, un tutt’uno che sta insieme da cima a fondo, comincia dalle parole e, una volta lanciato il sasso, non si sa dove vada a parare.
Domenico Galbiati