Giorgia Meloni ha bisogno che il candidato Fitto come Commissario UE riceva il massimo dei voti possibili all’Assemblea europea di Strasburgo. Per poi cantare di nuovo vittoria e tornare ad esaltare il ritorno della centralità italiana in Europa.
E, allora, fa la mozione degli affetti nazionali chiedendo che anche le opposizioni votino a favore di quello che è sempre rimasto un democristiano e lontano dalle pulsioni del post neofascismo che sono nel Dna di una certa parte dei Fratelli d’Italia.
Il paragone è eccessivo, ma quella mozione degli affetti fa ricordare il drammatico ed accorato appello alla Santa Madre Russia di Stalin per chiamare tutto il suo popolo al combattimento contro gli invasori nazisti con cui era andato a braccetto fino a poche ore prima. Un appello diretto anche a milioni di famiglie di cui lo Zar comunista aveva fatto uccidere uno o più componenti.
Quello di Giorgia Meloni è uno dei governi più divisivi che il nostro Paese abbia mai conosciuto. Forse, batte persino quello giallo verde dei grillini con la Lega di Matteo Salvini. E la mozione degli affetti arriva dopo il varo di tanti provvedimenti destinati a spaccare ancora di più un Paese già troppo diviso, e da troppo tempo. Sul piano istituzionale con il Premierato. Con l’Autonomia differenziata per il Mezzogiorno. Con la impostazione dati a talune leggi sulla Giustizia destinate a rinnovare il conflitto con la Magistratura.
Ultime ciliegine sulla torta i provvedimenti appena varati sulla sicurezza che paiono veri e propri messaggi minacciosi a chi intende dire la propria. Poi, la decisione di dare vita alla Commissione d’inchiesta sulla gestione Covid per vellicare le pulsioni dei “no vax”, i loro ascientifici “no” vanno bene!, e quella porzione di populisti che rispondono al nome di negazionisti. Aggiungiamoci pure i continui messaggi contro giornali non compiacenti e le opposizioni.
Nel caso specifico della candidatura Fitto, lo abbiamo già ricordato, si è trattato di cosa gestita tra pochi intimi dei Fratelli d’Italia e, quindi, al di là della persona, siamo nel campo di quelle decisioni esclusivamente avocate a Palazzo Chigi senza che si fosse ritenuto opportuno coinvolgere anche tutti quelli che oggi vengono chiamati a raccolta per sostenere la Nazione nella sua pugna.
Purtroppo, è ovvio constatarlo, il risultato sarà quello che Fitto non sarà votato da tutti gli europarlamentari italiani. Non sarà una cosa bella, ma la responsabilità sarà divisa tra tante “madri”, a partire da Giorgia Meloni.
Cambierà qualcosa per quella mancanza di voti? Probabilmente no, perché anche molta sinistra resterà vincolata al patto più generale concluso con Ursula von der Leyen e Fitto non dovrebbe cadere sotto i colpi a tradimento dei “franchi tiratori”, come l’Italia ebbe modo di sperimentare a suo tempo con Rocco Buttiglione.
Resta comunque il rimpianto legato alla considerazione che alle cose importanti per questa Nazione si pensa sempre troppo tardi, tanta è la mancanza di lungimiranza e la voglia di restare divisivi, sempre, perché fa parte di una strabordante caratteristica politica ed identitaria.
La nostra fregatura, che ci impedisce sempre di diventare un paese “serio”, è che arriva sempre a salvarci lo “stellone”. Ma qualche volta potrebbe anche non finire bene.