A Giorgia Meloni sfugge tutto fuorché la forza dell’immagine che, spesso, parla più di mille discorsi. C’è chi a lei ha dedicato, con molto spirito polemico, addirittura un libro chiamandola “Influencer”. Giorgia Meloni si è spesso rivelata una maestra nel gestire la comunicazione ed i gesti della politica così come le sembra, ma non solo a lei, richiesto ai giorni d’oggi.
E allora dobbiamo ritenere che il posto lasciato vuoto dall’Italia sul treno per Kiev abbia un significato. Macron è rimasto l’unico del trio italo – franco – tedesco che andò a trovare Zelensky mentre infuriavano i bombardamenti russi, nel giugno del 22. A conferma che, checché ne dica la stampa fiancheggiatrice dell’attuale inquilina di Palazzo Chigi, il Presidente francese è sempre saldo lì a presidiare la tolda di comando di una Europa che non intende ripetere ai propri confini la brutta figura fatta ai tempi del ritiro dall’Afghanistan.
Sarà poi vera gloria? Non c’è la certezza e Giorgia Meloni pensa evidentemente di no se non si è gettata nella mischia della presenza europea a Kiev in occasione dell’anniversario della sconfitta del nazi-fascismo.
Sul treno diretto nella capitale Ucraina, questa volta al posto del vecchio Cancelliere tedesco, Scholz, c’era il nuovo, Merz. Invece di Mario Draghi, il Primo ministro britannico Starmer. A loro si è poi aggiunto il polacco Tusk. A conferma, come dicono le leggi della fisica, e della politica, che quando c’è un vuoto … si riempie.
Andando avanti così rischierà di essere confermato il fatto che il baricentro dell’Europa sarà sempre più al Nord e spostato ad Oriente. E dobbiamo sentir dire proprio a Starmer: “la presenza a Kiev è la forza della nostra unità”.
Ora, che la posizione europea abbia un senso o meno, che porti o no risultati, e che gli europei non riescano a nascondere del tutto la mancanza di piene identità di vedute, quello che si è visto a Kiev ci fa trovare dinanzi al nuovo quartetto di guida dell’Europa, almeno sulla vicenda Ucraina tanto condizionante.
È stato un bene che l’Italia non ci fosse? É arduo pensare che la pace si raggiunga con manifestazioni di questo genere. Ma non è detto che anche queste non servano allo scopo. Vogliamo sperare che la linea ferma di vicinanza all’Ucraina, magari non solo affidata alla solita litania su nuove sanzioni, si riveli utile a trovare i primi margini di un possibile compromesso.
Siamo in un momento in cui Trump è costretto a tenere conto sia di ciò che ha amaramente definito il “sentirsi preso in giro da Putin”, sia della resistenza degli ucraini per nulla soddisfatti dall’idea di una pace equivalente alla capitolazione tout court. Potrebbe rivelarsi utile un’Europa non completamente supina alle iniziali illusioni del Presidente americano di riuscire a risolvere tutto nello spazio di una serata grazie alla fatidica telefonata con Putin.
Nel caso le cose vadano per meglio, senza per questo abbandonarsi a facili illusioni – ed accettando il fatto che la partita sarà destinata ad essere probabilmente ancora lunga- nella Storia non entrerà quello che Giorgia Meloni ha detto nel corso di una teleconferenza con gli altri europei e con Zelensky. Le cronache, cui lei tiene tanto, ricorderanno semplicemente che gli attori presenti a Kiev erano altri.
Temiamo che il punto su cui si è incagliata ancora una volta Giorgia Meloni sia proprio questo. Ammantando con grande saggezza diplomatica una tendenza alla vicinanza politica ed ideologica a Trump. Giorgia Meloni, e noi con lei, deve fare pesantemente i conti con le posizioni di quella Europa da cui, volenti o nolenti, anche l’Italia dipende dalla testa ai piedi. Come anche Marina Berlusconi ha ricordato inviando un messaggio pure ad Antonio Tajani.
Giorgia Meloni è in una stretta. Continua a provare di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. E così, come si faceva una volta sui vecchi treni prima dell’introduzione della prenotazione obbligatoria, ha lasciato sul sedile “il cappello” – come potremmo considerare la tardiva decisione di partecipare almeno da remoto all’incontro di Kiev- per scendere dal treno su cui non aveva intenzione di salire. In certe occasioni, anche verso l’intero paese che si rappresenta, c’è il dovere di essere presenti, che la cosa porti o meno a qualche risultato immediato.