“La tecnologia è…. una traccia di questa nostra ulteriorità”. Così Papa Francesco.
Se volessimo scegliere tra tutte una sola frase che sintetizzi il senso profondo di quanto il Santo Padre ha affermato, ieri l’altro, in ordine al tema dell’ IA, questa, forse più di altre, sa andare alla radice della questione e può dar conto, in ultima istanza, di quale natura sia ed effettivamente debba essere il rapporto dell’ uomo con la tecnica.
Il discorso che il Pontefice ha rivolto ai potenti della Terra è, anzitutto, anche passando attraverso una considerazione aperta e cruda dei potenziali pericoli cui ci espongono le tecnologie più’ avanzate, una attestazione di stima nei confronti dell’ umanità e di fiducia nel suo destino. E questo, nel momento storico che stiamo vivendo, ha un valore enorme.
Soprattutto sulle labbra del Vescovo di Roma che parla con franchezza, pone questa affermazione come un monito, consapevole dell’ autorevolezza morale che gli viene riconosciuta, anche da chi non crede. E, quindi, della responsabilità universale, davvero cattolica, che gli compete.
Le parole del Papa al G7 rappresentano, dunque, fin d’ora una pietra miliare del Magistero della Chiesa e, nel contempo, un indirizzo fondamentale anche per il mondo laico, un documento capace di orientare le coscienze in un momento confuso.
Le tecnologie più invadenti, infatti, per un verso stupiscono ed affascinano, per altro verso, come osserva Francesco, generano timori difficili da superare, creano problemi potenzialmente dirompenti, per altro verso ancora – e questo succede, in particolare, nel campo appunto dell’ IA – possono indurre nell’ uomo addirittura un sentimento di frustrazione e di angoscia, più sottile e pervasivo della paura, come se la sua stessa identità venisse, in qualche modo, superata ed archiviata, sovrastata dalle “macchine pensanti”. Come se crescesse una nuova forma di alienazione, ancora una “detronizzazione”, la più dolorosa perché, in un certo senso, lo destituisce da sé stesso.
L’algido rigore logico dell’ algoritmo sembra poter dilagare ed imporsi, in virtù di una sorta di inappellabile necessità intrinseca all’ ordine delle cose. Senonché – e qui sta il merito su accennato del suo intervento davanti ai leader del mondo, uomini diversi per storia, cultura, costumi e religione – Papa Francesco rovescia questa narrazione un po’ rassegnata ed oziosa e lo fa tracciando inaspettatamente una linea di connessione addirittura tra tecnologia e trascendenza.
La tecnologia non più vista come un labirinto inestricabile, cui, prima o poi, bisogna pur cedere e sacrificare, bensì come un modo di conoscere il mondo e farne esperienza che, anziché affogare nella prassi dell’ immanente, evoca, promuove e sostiene quell’ “andare oltre”, quella ricerca di senso, quella vocazione alla trascendenza cui l’uomo non può rinunciare perché è originaria e costitutiva della sua essenza. Papa Francesco alza la tecnica a questa dignità.
Domenico Galbiati