Il Consiglio Europeo del 17-18 luglio, con proseguimento ad oltranza fino alla conclusione dell’accordo, ha approvato IL 21/07/2020 lo strumento del Recovery Fund quale documento di “Bilancio comune”. I fondi di tale strumento sono finanziati a mezzo “l’emissione di debito comune e rimborsabili con risorse proprie di Bruxelles”.

E’ stato confermato l’intervento di immissione di liquidità per 750 miliardi di euro, ma divisi diversamente da come aveva proposto in un primo tempo la Commissione europea.

Di fronte alla proposta iniziale di 500 miliardi di trasferimenti diretti (fondo perduto) e 250 di prestiti, il Consiglio Europeo ha approvato quanto segue:

  • I trasferimenti diretti ossia le sovvenzioni a fondo perduto, passano da 500 a 390 miliardi;
  • I prestiti salgono da 250 a 360 miliardi.

“I fondi saranno destinati alle regioni e ai settori maggiormente colpiti. Il 30% del QFP (futuro quadro finanziario) e del fondo per la ripresa sarà destinata ai cambiamenti climatici…” (dalla relazione del Presidente Charles Michel al Parlamento europeo in merito al Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020). Affinché ciò si verifichi ci sarà un rigoroso controllo, tale da assicurare che il denaro del fondo per la ripresa sia speso bene.

I trasferimenti a fondo perduto che spettano all’Italia salgono da 173 a 208,8 miliardi tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti da rimborsare (81,4 a fondo perduto e 127,4 come prestiti).

Questo aumento per l’Italia è dovuto all’andamento previsto dell’economia dei vari paesi europei nel 2020 e nel 2021.

L’aver avuto una maggiore somma non rappresenta certo un premio per l’Italia, ma un concreto aiuto per l’andamento negativo se non drammatico, previsto per l’economia italiana per questo anno e quello prossimo.

“Da notare che il pacchetto da poco più di 200 mld da investire su 4 o 5 anni, varrebbe circa il 12% del prodotto lordo dell’Italia. Una cifra vicino alla caduta del reddito del Paese attesa per quest’anno…dunque una sorta di compensazione” (Fubini:  il Punto del Corriere – Prima Ora del 21/07/2020).

Quanto deliberato dal C. E. ha portato vantaggi anche ai cosiddetti paesi “frugali” (Austria, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia) che, per in cambio della loro concessione sui finanziamenti a fondo perduto, hanno ricevuto una forma di compensazione, consistente in maggiori sconti sul loro contributo da versare al bilancio europeo.

Dalla delibera del C.E. si evince che la governance del Recovery Fund si muove su tre binari:

  • Regole per accesso ai fondi in cambio di riforme e investimenti;
  • L’equilibrio tra gli aiuti sotto forma di trasferimenti diretti (a fondo perduto) e i prestiti;
  • Nuovo calcolo degli sconti (cosiddetti rebate) a favore di Austria, Svezia, Danimarca, Olanda e Finlandia.

I Paesi beneficiari del Recovery Fund presenteranno dei “piani nazionali per la ripresa e la resilienza” per il periodo 2021-2023. Tali piani dovranno prevedere investimenti per la transizione verde e digitale e per incentivare “la crescita e la creazione di posti di lavoro”

“La valutazione di tali piani sarà approvata dal C.E. con votazione a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”. I Paesi frugali, con in testa l’Olanda, avevano chiesto, non la maggioranza qualificata dei membri della Commissione Europea, ma il voto espresso all’unanimità dei membri della Commissione e quindi in sostanza un diritto di veto.

Valutazione sui vantaggi possibili del Recovery Fund all’Italia.

I 209 miliardi assegnati all’Italia rappresentano il 12% circa del reddito nazionale che equivale al crollo che l’economia italiana sta avendo a seguito del covid-19 (Rapporto debito pubblico/PIL del 12,8%). Questa iniezione di liquidità spalmata negli anni in cui si renderanno disponibili i finanziamenti del R.F., permetterà di effettuare investimenti pubblici tali da risollevare l’economia del nostro Paese. E’ una “occasione irripetibile”.  “Tutta l’operazione del R.F. può essere letta come il tentativo di Francia, Germania e anche dell’Olanda di salvare l’Italia – troppo grande per poter fallire senza minacciare l’euro – risparmiandole l’umiliazione politicamente destabilizzante della TroiKa,” (F. Fubini – Prima Ora del Corriere della <Sera del 223/07/2020), la quale è composta da funzionari tecnici dell’Unione Europea, dalla B.C.E. (Banca Centrale europea) e dal F.M.I. (Fondo monetario internazionale).

A questo punto serve un piano di riforme serio e l’amministrazione italiana dovrà essere all’altezza del compito.

Cosa dovrebbe fare l’amministrazione pubblica italiana procedendo nelle riforme, non lentamente ma correndo? Bisogna “spendere bene i soldi, con riforme fatte come si deve” scrive l’economista Francesco Daveri. La crescita e l’occupazione potranno ottenersi solo e soltanto riformando la pubblica amministrazione (eliminando tra l’altro la palude della burocrazia), effettuando una seria semplificazione della gestione e della vita delle imprese, e migliorando notevolmente il funzionamento della giustizia, della sanità e della scuola. Ciò sarà possibile, anche se non nel breve periodo, con le entrate finanziarie straordinarie del R.F.

Lo strumento del R.F. fa parte delle misure di emergenza adottate a seguito della pandemia da Covid-19 e per impedire il collasso economico ad essa conseguente. Esso fa parte di un pacchetto di misure che “combina il futuro quadro finanziario (QFP) con uno specifico sforzo per la ripresa nell’ambito dello strumento Next Generation EU” (altrimenti detto Recovery Fund).

“Il piano per la ripresa europea necessiterà di ingenti investimenti pubblici e privati a livello europeo che avviino saldamente l’Unione verso una ripresa sostenibile e resiliente, capace di creare posti di lavoro e di riparare i danni immediati causati dalla pandemia di COVID-19, sostenendo nel contempo le priorità verdi e digitali dell’Unione. Il QFP, rafforzato da Next Generation EU, sarà il principale strumento europeo” (Conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 17,18,19,20,e 21 luglio 2020). Pertanto i fondi saranno investiti per incrementare l’occupazione e per la transizione verde (green deal) e digitale, e quindi “per la competitività, resilienza, produttività, istruzione, ricerca e innovazione, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, occupazione e investimenti, stabilità e sistemi finanziari”. “Sono le priorità definite a livello comunitario che guideranno la valutazione del Recovery Plan nazionali, che dovranno passare l’esame di Bruxelles prima di vedersi riconosciuti gli aiuti” (da Il Sole 24 Ore del 01/08/2020 – Manuela Perrone e GiannI Trovati)

Il Recovery Fund è in ogni caso legato al bilancio europeo 2021 – 2027 e la raccolta fondi sarà effettuata attraverso l’emissione di titoli (bond con “garanzia indiretta degli Stati membri”); il rimborso di tali titoli sarebbe fatto congiuntamente dagli stessi Stati dell’UE a partire dal 2028 e fino al 2058.

Con questa proposta le misure di aiuti europei per affrontare la crisi e a disposizione degli Stati europei sono le seguenti:

  • Il programma Q E (Quantitative Easing) gestito dalla BCE per un totale di 1.350,00 miliardi di euro. Il programma riguarda principalmente acquisti di titoli del debito pubblico contrassegnati con la sigla PSPP (Public Sector Purchase Program) e che si riferiscono al Q E (Quantitative Easing) del settore pubblico ed è cioè “un programma di acquisti di titoli di debito non condizionato a specifiche esigenze di un Paese membro” (Marcello Minenna – La moneta incompiuta) dell’U E;
  • Recovery Fund 750 miliardi di euro
  • MES o ESM (fondo salva Stati o meccanismo europeo di stabilità), 240 miliardi di euro;
  • SURE “fondo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in caso di un’emergenza” – (Il Sole 24 ore di lunedì 18 maggio 2020), 100 miliardi di euro;
  • BEI (Banca europea per gli investimenti), 200 miliardi di euro.

MES

Per quanto riguarda lo strumento del MES, ritengo che il MES o ESM (meccanismo europeo di stabilità o fondo salva Stati), i cui fondi per l’Italia nella misura di 36 o 37 miliardi sono già disponibili dal 01/07/2020, strumento molto discusso e criticato, abbia due aspetti estremamente vantaggiosi: il tasso di interesse dello 0,1% e i tempi di restituzione (che sono passati da due a dieci anni), mentre ha una unica condizione per il suo accesso e cioè quella di finanziare costi diretti ed indiretti relativi alle spese sanitarie, cioè la cura, la prevenzione e la sanità in generale.

Antonio Mascolo

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