Roma e l’Italia per la gente di Gaza sotto le bombe perché il massacro si fermi. Pare che fossimo in 300 mila a chiedere almeno un po’ di umanità.

La folla convenuta a Roma non si è persa dietro le fumisterie e le ambiguità della politica. Non si è fatta condizionare dalla presenza delle bandiere di questo o di quel partito. Neppure dai silenzi dell’opportunismo giustificato dalla presunta esistenza di un ingigantito antisemitismo estraneo alla stragrande maggioranza dei partecipanti. I quali chiedevano solo la fine dell’uccisione indiscriminata di bambini, di donne, del personale sanitario e dei giornalisti. Solamente di non continuare ad affamare un intero popolo e con l’occupazione indiscriminata di terra altrui. E non in ostilità verso tutto Israele. Meno che mai con gli ebrei. Non a caso tra la folla c’erano pure ebrei. E come molti di loro, altri manifestanti portavano la coccarda gialla per ricordare gli ostaggi  in mano di Hamas, dopo il terribile attacco terroristico del 7 ottobre del ’23.

Nell’enorme corteo era diffuso il rimpianto di non essere intervenuti prima. E forse anche per questo si è mosso quasi sempre in silenzio. Tutta quella presenza, e il suo modo d’essere, già lanciava, infatti, un grido carico d’intensità forte più di ogni possibile slogan.

Nonostante il caldo asfissiante, si è presentata gente da ogni parte d’Italia con famiglie, gruppi organizzati, e i tantissimi, soli o in coppia,  che intendevano marcare una semplice presenza, un grido di dolore e una richiesta di umanità che manca a Netanyahu, ai capi di Hamas e a tanti responsabili politici che guardano a ciò che accade a Gaza e in Cisgiordania solo come parte dei giochi della cosiddetta geopolitica.

Non è riuscito il facile e puerile gioco di nascondersi dietro l’antisemitismo. I coraggiosi interventi di Gad Lerner e di Anna Foa hanno confermato quanto si tratti di un alibi in cui non crede più nessuno o, comunque, in cui nessuno vuole più cadere di fronte al massacro in corso a Gaza ed alla politica con cui è sottomessa la Cisgiordania.

A fronte della pavidità della politica italiana ed europea, i 300 mila hanno voluto dire  che c’è bisogno di un intervento immediato e concreto perché l’Israele di Netanyahu si fermi. E quelli di Roma sapevano bene di interpretare i sentimenti di quasi tutti gli altri italiani.

Giancarlo Infante

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