Gli appelli contro le guerre e le ingiustizie hanno bisogno di relazioni. Le più efficaci passano sicuramente dall’educazione. Sapere che ci sono organizzazioni che mettono i principi educativi al primo posto della propria attività è segno di una sensibilità che spesso sfugge ai cittadini. Purtroppo. La scuola è sicuramente il luogo dove l’educazione deve riprendere il posto che le spetta ma in relazione alle grandi questioni del nostro tempo come l’ecologia, la partecipazione alla vita sociale, le nuove tecnologie. “Incoraggiare relazioni costruttive per arginare i fenomeni di decomposizione sociale” dicono, per esempio, gli insegnanti cattolici. Sono migliaia in tutta Italia e la loro organizzazione, il Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica, vuole costruire un percorso di questo tipo. Non è facile, ma l’impresa è partita. Lo spiega meglio in questa intervista Giovanni Milazzo, docente di italiano e latino in un liceo, Presidente nazionale del MIEAC.“ Non è facile essere educatori ed educatrici nel mondo contemporaneo – dice Milazzo- in non pochi casi l’attività educativa si configura come un andare controcorrente per suscitare l’umano in una società in cui la disumanizzazione è prevalente”. Il MIEAC è un’associazione ecclesiale che si propone di investire le energie di educatori ed educatrici cristiani per renderli testimoni di ciò in cui credono. E’ un lavoro che viene da lontano che ha attraversato la storia dell’Italia.

Presidente, quello che fate ha bisogno di testimonianza vera. E’ cosi …
”Si. L’attività educativa non può basarsi solo su parole, ha bisogno di essere sostanziata da gesti e scelte e il nostro programma affronta temi come la Comunità, l’ecologia, le nuove tecnologie. Testimonianza, pero’, vuol dire anche lo stile di vita di chi si assume la responsabilità di essere educatore nella società, nel mondo del lavoro, in famiglia, nella scuola”.

Il vostro Movimento comunica solo i valori della fede cattolica ?
“Il naturale legame con tutta la famiglia dell’Azione Cattolica Italiana conferisce un particolare spessore alla scelta educativa del MIEAC che, in questa opzione fondamentale, trova la sua ragione d’essere. La strada da percorrere è nella fedeltà ai valori del Vangelo e al Magistero della Chiesa”.

Il tema dell’ultimo Congresso del MIEAC è stato “Terra di pace – L’educazione per abitare le relazioni”. Che significa?
“Nel documento base del Congresso di Fiuggi di fine ottobre 2024 sono tracciate linee operative e, quindi, il cammino che l’associazione vuole compiere nei tre anni che verranno. I nuovi scenari culturali, politici, etici chiamano in causa in modo provocatorio la coscienza di educatrici ed educatori. I temi da sviluppare e approfondire, ciascuno per ogni anno del nostro triennio di lavoro sono quelli di cui parlavo prima. Siamo molto impegnati ad ogni livello.”

C’è un fine ultimo, in tutto questo ?
“Sono tre attenzioni specifiche che intendono perseguire l’obiettivo di ridefinire l’umano in un tempo in cui è urgente educare al rispetto e alla valorizzazione della persona. Vogliamo lavorare per costruire un sistema di vita in cui ci sia equilibrio e armonia tra ecologia integrale dell’habitat umano ed ecologia virtuale dei media vecchi e nuovi. Questi ultimi, sono sempre protagonisti delle nostre relazioni quotidiane”.
Ma viviamo in un mondo minacciato da mille insidie. La scuola è esposta a fenomeni di ogni tipo. Sembra anche assurdo che in Italia si litighi sull’introduzione del latino tra le materie scolastiche.
“Una sfida all’attività educativa deve considerare il contesto socioculturale. Abbiamo necessità dare risposte che, lungi dall’ispirarsi a uno spirito da crociata, siano intese come servizio alla crescita e alla maturazione della persona umana. Le pare poco ?

No.
“Bisogna agire nella quotidianità: nel mondo del lavoro, in famiglia, sui social media, nella scuola. Qui bisogna riqualificare il concetto stesso di studio. La società, e in particolare le famiglie, devono dare importanza alla quantità e alla qualità del sapere dei ragazzi, alla sapienza acquisita negli anni della formazione più che al successo o al voto finale. Quanto alla rivalutazione dello studio del latino o della storia, può essere valida purché del latino si evidenzi il valore formativo della lingua e della letteratura, della storia si offra un taglio non soltanto nazionale, ma europeo e mondiale. Per il latino, aggiungo che la conoscenza di una civiltà culturalmente inclusiva, proprio perché capace di unire popoli diversi per tradizioni, leggi, religioni, non può essere riproposta solo per decreto”.

Già, certe scelte bisogna condividerle nell’interesse del Paese e della sua crescita culturale.
“L’Italia negli anni trenta, ha già fatto esperienza della strumentalizzazione della romanità. In quel caso è stato assolutizzato l’aspetto militaristico ed imperialistico, senza che ne fossero adeguatamente evidenziati i profondi valori di umanità e interculturalità che la lingua latina ha espresso per secoli”.

Insistere sulla scuola, allora.
“Si, perché è l’ambito tradizionalmente chiamato ad essere luogo di educazione e istruzione della persona in formazione. Un ruolo che oggi, con sempre maggior frequenza, appare contrastato da progetti non sempre adeguati”.

Nunzio Ingiusto

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