Le democrazie dei nostri tempi non godono di buona salute; a questo tema è dedicato un libro intrigante, scritto dal compianto politologo Pietro Grilli di Cortona e dalla storica del pensiero politico Roberta A. Modugno Pietro Grilli di Cortona, Roberta Adelaide Modugno, Le trame della democrazia. Riflessioni tra politologia e storia del pensiero politico, Rubbettino, 2010, pp. 201). Incrociando le criticità della democrazia evidenziate da entrambi gli autori, si potrebbero sottolineare differenti aspetti: dall’indebolimento della politica rispetto ai grandi poteri economici, allo svilimento dei partiti politici, fino al costante aumento delle aspettative dell’homo democraticus.
Qui si inserisce uno degli aspetti più significativi del contributo di Grilli: la democrazia ha fatto promesse che non ha saputo mantenere, ma che forse, stando all’analisi della Modugno, promesse la cui soddisfazione non è neppure nelle disponibilità della democrazia.
Ecco che ci viene in soccorso Giovanni Sartori, non a caso spesso citato da Grilli, allorché viene introdotto un modello comparativo che non vede contrapposte le diverse forme di democrazia, quanto piuttosto un modello che mette a confronto non l’ideale con il reale, bensì il reale con il reale. Da tale confronto, afferma Grilli, emerge che la democrazia, con tutte le sue imperfezioni, è meno imperfetta di qualsiasi altro sistema non democratico. In tale prospettiva, la democrazia appare, nel contempo, come il dispositivo istituzionale che consente la discussione critica su questioni di interesse comune e un sistema etico-politico nel quale l’influenza della maggioranza è affidata al potere di minoranze concorrenti che l’assicurano.
Dal canto suo, la Modugno, sulla scia di Isaiah Belin, sottolinea che la democrazia è una teoria della legittimazione del potere e il problema emerge in tutta la sua drammaticità quando tale potere tende ad espandersi, fino a ritenersi legibus solutus; è questo il caso in cui la maggioranza si auto incorona sovrana e si sostituisce in tutto e per tutto al Principe, assumendo i caratteri tipici dei regimi assolutistici.
Siamo giunti al fondamento della “democrazia totalitaria” la quale si sostanzia nell’affermazione che esiste una sola verità politica e non è un caso che per rappresentare un tale apparente ossimoro si utilizzi anche l’espressione “democrazia messianica” ovvero “pastorale”. Simile interpretazione del processo democratico però necessita di una specifica interpretazione della categoria di popolo: organicistica, mitica, mistica, in evidente contrasto con la visione poliarchica o plurarchica avanzata dal liberalismo e dal popolarismo sturziano, di qui una delle possibili fonti della cosiddetta “democrazia illiberale” che sfocia inevitabilmente nel populismo.
In questo caso, l’ambito della democrazia giunge a invadere ogni interstizio dell’esistenza umana: tutto è politico e l’ambito del politico è monopolizzato dal partito-chiesa ovvero dal leader carismatico. In entrambi i casi assistiamo alla trasformazione in senso mistico di un processo contingente, la cui unica funzione dovrebbe essere quella di consentire il governo dell’opinione pubblica mediante la discussione critica, disciplinata dal diritto. Nel caso degli autori ottimamente analizzati dalla Modugno, che afferiscono alla cosiddetta tradizione libertarian, erede della Old Right statunitense, queste sono solo alcune delle difficoltà che sfidano la democrazia, fino a demolirne i pilastri sui quali essa è stata costruita: il “Dio che ha fallito”.
Una ipotetica soluzione, che credo possa interessare entrambi gli autori, sebbene in misura diversa, riguarda il superamento delle tradizionali classificazioni del modello democratico, per andare alla ricerca di una cifra che possa qualificare in senso tocquevilliano e sturziano la democrazia liberale. Tale cifra è rintracciabile nell’homo democraticus: nel complesso di quei principi che nutrono le procedure, dando loro un’anima, pur non degradando in alcuna fattispecie di democrazia sostanziale; nello schema di Grilli essi sono: il rule of law, ossia il governo del diritto; l’accountability, nel senso di affidabilità della classe politica; la responsivness, nel senso di capacità della classe politica di rispondere delle conseguenze delle proprie decisioni; la libertà, intesa come ampliamento dei diritti; l’uguaglianza, come processo inclusivo-competitivo da realizzare progressivamente.
Flavio Felice
Pubblicato su Avvenire