Il Principio di Sussidiarietà Abitativa
È una nuova Comunità abitativa Sociale per tutte le persone Associate ad un Ente del Terzo Settore che si impegnano a donare, per sostenere i progetti, per creare Lavoro, Benessere insieme, Distribuire Ricchezza, e servizi, che si prendano cura di tutte le persone deboli e sole, per il loro Bene comune, nell’ambito del Terzo Settore.
Se definiamo i luoghi di benessere abitativo come “spazi capaci di generare, condividere, abitare, vivere, condividendo saperi, affetti, arti e mestieri, talenti e capacita”, capiamo l’importanza che i luoghi rivestono per quelle organizzazioni che si legittimano nell’art.1 e 2 della Riforma del Terzo Settore n.117/2017 nel perseguire gli scopi nelle attività indicati nel Art. 5 di interesse generale per il bene comune.
Negli ultimi anni, sono sempre più numerose le iniziative che hanno catalizzato e addensato intorno a spazi spesso degradati o sottoutilizzati nuove relazioni tra attori diversi, con l’obiettivo di individuare destinazioni d’uso abitativo che rispondessero meglio alle sfide sociali che caratterizzano la nostra epoca.
Le Partnership tra Enti del Terzo Settore e reti attivate non per occasionali “matrimoni d’interesse”, ma per costruire vere e proprie infrastrutture sociali, intorno alle quali i Comuni e le Fondazioni bancarie più lungimiranti stanno costruendo vere e proprie politiche d’innovazione sociale abitativa e d’inclusione.
La stessa finanza, tradizionalmente attenta agli investimenti sugli asset, sta modificando i propri criteri di scelta, preferendo quelle soluzioni urbane capaci di incorporare funzioni sociali abitative e comunitarie spesso co-prodotte con organizzazioni senza scopo di lucro.
Trasformare gli spazi in luoghi di benessere
È infatti con la Pratica del dono, (come indicato nell’art. 2, nella riforma del Terzo settore n. 117 /2017), inteso come relazione e per il sostegno dei progetti tra associati, e il meccanismo capace di trasformare gli “spazi in luoghi di benessere abitativo” di interesse generale per la comunità per il bene comune.
Con l’adesione e partecipazione dei Cittadini attivi, tra associati, motivazioni intrinseche, attivismo comunitario, economie circolari sociali sono gli immancabili ingredienti che insieme alla cultura, vero e proprio “lievito” di questi processi, vengono ricombinati per alimentare valore tanto nelle nostre città quanto nelle più distanti aree interne.
La nuova generazione di luoghi è figlia di un’alchimia che ci restituisce quasi sempre pezzi unici: il Principio di Sussidiarietà Abitativa, che nascono ricombinando il “valore di legame” con il “valore d’uso” degli spazi per il bene comune. Il nesso fra luoghi tra Enti del Terzo Settore è perciò molto significativo, ma anche molto consumato da una cultura che per troppo tempo li ha equiparati a “sedi” oppure a “sportelli”. Occorre, infatti, che gli Associati attivi, anche insieme agli Enti del Terzo Settore debbano insieme gestire i territori, i patrimoni dismessi, uscire dalla strumentalità dentro cui questo rapporto nel tempo si è evoluto, per riscoprirne il nesso originale che da sempre lega i significati dell’agire gratuito e pro-sociale, allo spazio e al territorio.
Nell’era della globalizzazione è nella dimensione di luogo che si giocherà la biodiversità del not for profit e della cooperazione, ossia nella capacità della dimensione civica, solidaristica e di utilità sociale di legarsi alla fisicità del territorio fino a condividerne il valore.
Una relazione dinamica, mai statica, sempre in evoluzione: le relazioni si generano fra le persone, ma i luoghi ne aumentano la densità e le rendono potenzialmente trasformative.
C’è molto Lavoro nelle attività nel Terzo Settore, “DOVE” i giovani e comunità che generano o rigenerano nuovi percorsi di sviluppo locale” nascono dai centri culturali e da un emergente associazionismo informale; c’è molta imprenditorialità sociale e mutualismo nel protagonismo di attraverso una nuova offerta di beni e servizi ad alto contenuto esperienziale (e spesso politico).
Esperienze, queste, che si misurano più sulla qualità dei processi, piuttosto che sulla congruenza a linee guida precostituite, e che tendono a produrre cambiamenti e trasformazioni, piuttosto che output e funzioni. Un terreno di sperimentazione trai Giovani e Anziani.
Lo spazio pubblico (inteso nella concezione di Hannah Arendt), è per gli Enti del Terzo Settore, oggi più che mai, il terreno di sperimentazione per un “nuovo ciclo d’innovazione sociale, ambientale e abitativo”, che passa da “nuove infrastrutture inclusive”, ove la produzione, il consumo e la partecipazione tendono a fondersi Segno evidente di questo dinamismo sono le nuove professionalità̀(welfare manager, community manager, architetti, designer sociali, ecc) che stanno fiorendo nel Terzo Settore, tanto nel mondo della cittadinanza attiva quanto in quello dell’impresa sociale: ruoli che faticano ad attribuirsi un mansionario “codificato”, ma che si riconoscono nell’essere protagonisti di nuove storie che riprendono in mano “oggetti” antichi come la casa, la scuola, la fabbrica, la comunità, il quartiere, li destrutturano per liberarli da recinti burocratici e li socializzano dando loro una vocazione esperienziale e creativa legata però sempre al bisogno degli abitanti (nativi o alieni che siano).
Le Economie circolari della rigenerazione, infatti, non passano più, come in precedenza, da percorsi di economia di scala, bensì da economie di scopo e di prossimità.
Trasformarsi per “trasformare l’esistente patrimonio dismesso”
Sono oltre 750.000 le strutture immobiliari in condizione di abbandono: palazzi, ville, edifici ecclesiastici, strutture industriali, 6.000 chilometri di ferrovie inutilizzate e circa 1.700 stazioni, oltre all’elevato numero di strutture pubbliche di grandi metrature, come ospedali, caserme e sanatori non più utilizzati.
Un valore tacito e dormiente che necessita di comunità intenzionali e intraprendenti, capaci di progettare forme inedite di gestione comunitaria. «Il modello di gestione – diceva l’economista Elinor Ostrom – deve essere congruente con la natura del bene: se questo e comune, anche la gestione deve esserlo».
Ecco perché occorre riscoprire e rilanciare (anche partendo da legami deboli) un nuovo mutualismo comunitario. Il futuro e di molti nostri beni (pubblici e privati) inutilizzati, passa da quella spinta “dal basso” capace di restituire attraverso una “governane comune” nuova vita a risorse fino ad oggi dormienti.
Una sfida, quella dei luoghi, che chiede alle organizzazioni orientate all’interesse generale di “trasformarsi” per “trasformare l’esistente patrimonio”, abbandonando le “passioni tristi” come diceva Spinosa. Abbracciare le aspirazioni spesso divergenti dei giovani, abbassare le soglie e condividere per aggregarsi a un comune rischio in nuovi percorsi d’imprenditorialità, sono passi indispensabili affinché le attività degli enti Terzo Settore e la cooperazione tra loro possano continuare a conversare con tutte quelle comunità che mai come oggi domandano
che il “tempo che scorre” si trasformi in “tempo propizio” e che lo spazio che abitano si possa vivere come “luogo di benessere”
La nostra soluzione è il Social housing in locazione protetta
La povertà abitativa a povertà economica è profondamente connessa, La disponibilità di una casa di qualità rappresentò uno dei pilastri su cui costruire la qualità della vita e prevenzione dell’individuo e la sua inclusione nella società. In tale contesto l’hosting sociale si pone come risposta, Innovativa e complementare
all’emergenza abitativa nazionale, solo attraverso in una locazione protetta commisurata sul
proprio reddito.
I nostri costi per vivere nei villaggi con canoni mensili, tra associati, all’ente del terzo settore di appartenenza. A partire da un reddito di 600,00 € mensile, per un canone di locazione di circa 450 €. mensile. Compreso di tutte spese di Vitto e Alloggio, (spese di Gestione, di utenze, di un Pranzo, e vari servizi interni).
La Comunità Abitativa per la Sussidiarietà sono una componente essenziale del Terzo Settore
Caratterizzate da un approccio collaborativo che le rende attori chiave nello sviluppo locale
e nella promozione del welfare di comunità, sono nate con l’intento di mobilitare risorse
finanziarie e sociali a livello territoriale.
L’Ente VBI di Comunità locale, non si limitano a gestire fondi e progetti, ma si pongono come catalizzatori di processi partecipativi volti a migliorare la qualità della vita nei loro contesti di riferimento. Il loro approccio si differenzia notevolmente da quello di altri Enti del Terzo settore locali. Medesima forma giuridica, differenza intrinseca. L’Ente VBI, di Comunità locale, si propongono di migliorare la qualità della vita delle persone che vivono in un determinato territorio. A differenza, ad esempio, delle Fondazioni d’Impresa, che tendono a sostenere iniziative legate agli interessi specifici dell’azienda fondatrice, e le Fondazioni di Famiglia, laddove queste ultime spesso riflettono la visione e le preferenze filantropiche di una singola famiglia o la visione di uno specifico membro; la mission delle Comunità locali è evidentemente trasversale.
Queste Fondazioni mettono al centro i bisogni dell’Ente VBI di Comunità locali, lavorando con una pluralità di attori, da enti pubblici a organizzazioni del Terzo Settore, per identificare le priorità di intervento.
Giuseppe Paviglianiti