Oggi la Sanità è un settore merceologico economico? Che piaccia o no, la risposta è sì.
Quindi il Servizio Sanitario Nazionale è una Azienda? No, è un Istituto complesso, definito per legge, per rispondere a finalità non economiche, la salute dei cittadini italiani (concetto difficilissimo da definire e quindi operazionalizzare con scelte concrete), dotato di risorse economiche derivanti dal Bilancio dello Stato, regolato dal Ministero Economia e Finanza nei vincoli di Bilancio definiti dal Parlamento, che esplicita la sua azione attraverso 21 sistemi sanitari regionali, organizzati autonomamente, all’interno di leggi quadro nazionali tradotti in decreti o documenti esplicativa ei organizzativi e secondo priorità nazionali dal Ministero della Salute, coadiuvato da suoi organi tecnici, quali ad esempio AGENAS, ISS, etc… . Evidente la estrema complessità del sistema!
Per organizzare i servizi e le attività attraverso cui rispondere al bisogno di salute (Attenzione: bisogno soggettivo e immateriale!), i Servizi Sanitari Regionali sono organizzati in Aziende Pubbliche per produrre “servizi”, attraverso cui il consumatore, ossia il cittadino, trova la risposta al suo bisogno di Salute, riconosciuto come Diritto Costituzionale.
Concorrono al soddisfacimento del bisogno di Salute garantite dal SSN anche Aziende di diritto Privato, a loro volta suddivise in “aziende profit” e “aziende non profit”. Inoltre il cittadino rimane libero di soddisfare il proprio bisogno anche autonomamente (spesa out of pocket), ossia al di fuori del SSN, ricorrendo a servizi offerti da tutte le tipologie di aziende sopra indicate, ma anche direttamente ai professionisti della salute, e acquisendo direttamente prodotti di cura, quali farmaci, integratori, presidi, che, in base alle norme di regolazione nazionale, possono essere acquisiti liberamente o per il tramite della intermediazione di professionisti autorizzati alla prescrizione e/o commercializzazione.
I Servizi organizzati dalle Aziende, sono “prodotti” complessi che necessitano di personale qualificato e di tecnologie sempre più sofisticate sviluppate e messe a disposizione da Aziende Profit (Big Tech e Big Pharma) secondo le regole del mercato capitalistico e che operano nel settore merceologico della Sanità agendo liberamente sul mercato con tecniche di marketing, vuoi sul beneficiario finale – il cittadino -, vuoi sull’intermediario – i professionisti – vuoi sul management aziendale, e anche sul regolatore iniziale – potere politico.
Il Problema più complesso e drammatico, quasi mai evidenziato e discusso, sta nel fatto che la Salute è un “Bene Soggettivo”, ossi è una Condizione di cui il Soggetto – ossia il Cittadino (meglio la Persona) – è non solo “unico titolare”, ma anche giudice ultimo e finale. Questa condizione di Salute deriva dal funzionamento del corpo, nei suoi vari organi mutuamente interagenti, che si esplicita all’interno di una condizione di vita – meglio esistenziale – che è inscindibile da fattori relazionali, fattori culturali, ivi compresi gli aspetti spirituali, fattori ambientali – in senso esteso – e fattori economici.
Il riduzionismo antropologico, ha ridotto la salute a parametri oggettivi, tecnicamente osservabili, relativi solo alla “macchina/corpo” (il “Korper” della filosofia tedesca del secolo scorso) su cui l’Industri della Salute ha sviluppato i suoi prodotti che “vende” come tutti i prodotti commerciali: in realtà, il nostro corpo è un “Leib”, ossia un “corpo vivo e vivente” secondo la terminologia fenomenologica, in cui la soggettività è condizione insopprimibile e addirittura sostanziante il nostro percepito e il nostro giudizio: se quindi siamo Leib, ossia corpi vivi e vitali, ossia “persone”, i Servizi Sanitari devono attuare la loro missione all’interno della “relazione di cura” tra professionisti sanitari e cittadini/persone: i malati quindi non “macchine da aggiustare”, ma persone da guarire – quando si può- e sempre da curare!
Per far funzionare le nostre Aziende (pubbliche e no- Profit) [per quelle Profit il problema non si pone, il profitto è al primo posto] va a priori definito il loro obiettivo principale:
- Sono aziende nel pieno significato del termine, ossia con l’obiettivo del “profitto”, pur nella salvaguardia integrale del bene salute (un po’ come le aziende che cercano di perseguire il profitto salvaguardando l’ambiente), o sono “aziende molto particolari” con l’obiettivo della Salute dei cittadini – nei termini prima descritti – all’interno dei vincoli di sostenibilità, ossia nel vincolo delle risorse disponibili?
Facile la scelta, e da tutti condivisibile.
Con il continuo aumento del numero e del valore dei prodotti utili e a volte necessari per offrire servizi, senza una crescita continua e vigorosa del PIL, le risorse per il SSN finiscono per essere largamente insufficienti: e quindi la scelta non è né facile né scontata.
E così l’assalto alla …” diligenza” è diventato sistematico: chi vende prodotti – ed è chiaro perché; i cittadini che si sentono ad un tempo portatori di diritti e consumatori portatori di diritti, gli operatori dei servizi, a difesa dei loro interessi corporativi.
Il governo del SSN, che in una fase complicata dovrebbe avere un nocchiero (parlamento e governo) competente, abile e risoluto nel definire obiettivi e rotta, è invece debole, ondivago, sostanzialmente reticente nella comunicazione e nelle scelte se non ipocrita e in balia agli umori della ciurma da almeno 5 lustri!
Che fare?
Tutti si affannano a cercare soluzioni immediate e di corto respiro che non hanno nulla di strategico e peggiorano anno su anno le condizioni del SSN.
Non si impara dagli errori perché non si vuole affrontare sul serio la salute e il benessere dei cittadini.
Una politica “buona” e partiti che vogliono il “bene comune” devono invece saper scegliere e avere una prospettiva strategica di lungo respiro, rischiando anche incomprensioni: sono in gioco le prospettive di salute delle nuove generazioni!
- Ridefinire gli obiettivi del SSN (riformulare la 833, superare il 502-517 e 229) introducendo un serio e serrato confronto sul concetto di Salute, il suo significato nella attuale cultura, favorendo un ampio dibattito e coinvolgimento della cittadinanza sulla responsabilità individuale che si deve accompagnare al desiderio di essere in “buona salute”: ci sono fattori biologici su cui a volte si può intervenire, fattori sociali sui quali si deve intervenire (e vuol dire modificare l’agenda delle priorità di sviluppo di una società!), fattori individuali e relazionali sui quali può e deve agire il singolo cittadino e il suo contesto di prossimità.
E questo vuol dire riformare la legge 833 attraverso un processo sociale condiviso
- Riformare la governance delle aziende del servizio pubblico, siano esse “statali” o “no-profit”.
- Ci vuole un giusto equilibrio tra impegno di “mission” – la salute – e risultati economici, costruendo una “governance” trasparente che è il fattore chiave per sperare di avere successo: se lo è per le aziende manifatturiere “profit”, perché no per le aziende di servizi pubblici??
Il successo sostenibile si fonda sul confine di sostenibilità che una “azienda” (e l’insieme del SSR) si dà, rimodulando e riformulando i processi e i prodotti che è possibile produrre con il vincolo delle risorse date.
Questo vuol dire chiamare a condividere con i territori, con gli operatori e con gli stessi stakeholder del mercato sanitario, cosa si può fare e cosa no, condividendo priorità, scelte di priorità, e corresponsabilità nelle scelte: e questo vuol dire superare l’attuale aziendalismo solipsistico (un uomo solo al comando), e portare i rappresentanti del mondo civile, delle autonomie locali e degli operatori nel pieno delle scelte del governo aziendale con pieno e democratico diritto decisionale, anche differenziando la composizione della governance nel caso di grandi aziende solo ospedaliere (i policlinici universitari e gli IRCCS).
Accanto a nuclei di scelte uniformi a livello regionale (a tendere dovrebbero essere uniformi a livello nazionale, ma dopo 24 anni di deriva regionalistica indotta da una discutibile riforma costituzionale, non tenere conto delle oggettive gravi differenze tra le Regioni, vuol dire attuare la politica dello struzzo che allontanerà sempre più il doveroso adeguamento di servizi su tutto il territorio nazionale!), il coinvolgimento dei territori locali, con le loro legittime scelte di priorità, potrà anche far sorgere differenze locali nei servizi accessori: ma non si può essere “sturziani” (ossia autonomisti nel rispetto della nazione, a favore della libertà scolastica [ossia educativa! Non ci può essere un “valore” imposto dallo Stato] del regionalismo, della difesa della libertà, favorire la partecipazione degli operai agli utili dell’azienda etc. etc.) e poi pretendere che tutti facciano le stesse cose, secondo regole minuziose e particolareggiate definite dallo Stato, fatte attuare da manager che rispondono al potere politico regionale! Da non confondere con la” autonomia differenziata” interpretata in chiave “leghista” ma “autonomia” non collima mai con “uniformità” e “statalismo”!
- Poiché questi processi sono necessariamente lunghi e complessi, è urgente favorire quelle riforme o iniziative tese a rimettere al centro la Persona come soggetto attivo, sia esso il Paziente che l’operatore sanitario, rigettando tendenze corporative sia di chi pretende tutto sempre, sia di chi difende le proprie prerogative, anche se legittime.
- Privilegiare fin d subito le reti curanti di patologia e/o per fasce di criticità/età: il che vuol dire mettere al centro le persone fragili e i più deboli.
- Costruire modelli organizzativi trasversali, di “rete” trans-aziendali, scardinando i “silos aziendali” che separano ospedale e territorio, che separano operatori di diverse strutture anche nelle stesse aziende, e che hanno creato regole diverse complicate e costose nei differenti setting di cura, rendendo impossibile o eroica, e comunque molto costosa la “continuità di cura” fondamento di quella cura che dovrebbe essere tutelata.
- Costruire indicatori di outcome (e non di output come le prestazioni! vero inno al consumismo sanitario) su cui misurare la efficacia delle reti e volano dello sviluppo dei servizi sanitari.
- Far partecipare nel governo delle Reti anche portatori di interessi della società civile e degli enti locali
- Rendere invalicabili i vincoli economici, nella attesa di una completa riforma
- degli obiettivi del SSN con le relative priorità inderogabili a carico del bilancio dello Stato,
- della governance “aziendale” che favorisca una sana e opportuna managerialità (la sanità è struttura molto complessa) accanto ad una partecipazione democratica, da intendersi non come mero controllo giuridico-formale affidato alla magistratura contabile, ma come reale partecipazione decisionale del corpo sociale che deve diventare soggetto attivo per il benessere di tutti.
Naturalmente i grandi interessi economici – Big Company, Assicurazioni e Fondi di investimento – e le corporazioni non saranno necessariamente tutti contenti, ma…non si può compiacere a tutti.
Massimo Molteni