Il Governo di Tripoli, fresco fresco di una risistemata interna costata una breve guerra interna contro alcuni capi fazione, molti dei quali coinvolti nella tratta degli esseri umani, ha deciso di riconoscere la Corte Penale internazionale. E’ in corso, infatti, una sorta di “pulizia” necessaria a rafforzare i rapporti con gli europei e gli americani pronti a sbloccare le ingenti risorse accumulate da Gheddafi e poste sotto sequestro nelle banche occidentali.

L’immediata prima conseguenza è stata che la Corte penale internazionale ha chiesto alla Libia di arrestare o di consegnare il generale Njeem Osama Elamsry, più semplicemente detto  Al-Masri, assurto alle cronache italiane per essere stato, lo scorso mese di gennaio, prima, fermato a Torino dalla polizia e, poi, imbarcato frettolosamente su un aereo dei nostri servizi segreti e ricondotto a Tripoli. Non lo si voleva  consegnare alla Corte penale che aveva spiccato contro di lui un mandato di cattura per i tanti crimini di cui si sarebbe macchiato mentre dirigeva le carceri del suo paese. Accuse pesanti: crimini di guerra; oltraggi alla dignità personale; tortura; stupri; violenza sessuale; omicidi. Reati commessi dal 2015 in poi.

Nelle ore del fermo in Italia i nostri governanti non sapevano proprio che fare, visti i nostri interessi petroliferi in Libia, e le minacce che, allora, giungevano da Tripoli di ritorsioni contro nostri cittadini là residenti. Ovviamente, il Governo Meloni cedette e, nonostante tutte le grida sull’intenzione di perseguitare in tutto l’Orbe terraqueo i trafficanti dei migranti, prepararono in fretta e furia una via di fuga per il generale. Al-Masri tornò libero a casa propria e fu accolto con vere e proprie feste popolari accompagnate da sbertucciamenti per l’Italia e gli italiani.

La cosa non sfuggì alla Corte penale che ha protestato con Roma cui ha chiesto spiegazioni sulle ragioni di una decisione che violava l’adesione dell’Italia al Trattato di creazione della Corte, tra l’altro, firmato proprio a Roma nel luglio 2002. La Meloni e il Ministro della Giustizia Nordio non ci fecero proprio una gran bella figura. Il Ministro, ex magistrato, invece di dare seguito all’ordine di cattura di Al-Masri recapitatogli dalla Corte aveva pensato bene, ovviamente non da solo, di disattenderlo con il pretesto che fosse scritto male. Per di più, in inglese senza traduzione. La conseguenza fu che sia Giorgia Meloni, sia il Ministro Nordio hanno ricevuto un avviso di garanzia, così come il Ministro Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Mantovano.

Adesso siamo giunti al paradosso che, dopo tutta questa fatica, potrebbe, anzi, dovrebbe, essere proprio il Governo di Tripoli a fare quello che il nostro di Roma evitò di fare, e cioè spedire sotto scorta Al-Masri all’Aja per essere processato. Tra l’altro per avere commesso reati che, almeno a parole, preoccupano sempre molto Giorgia Meloni e quelli del suo Governo, com’è nel caso della tratta dei migranti. Però la cosa non sembrava valere nel caso della Libia. Petrolio non olet…

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