Donald Trump apre la via al gioco del “tana, libera tutti”? E’ legittimo chiederselo. Perché questo potrebbe essere il rischio confermato dal duro discorso fatto dal suo vice Vance agli europei. Cui si aggiunge il resto, segnatamente le recenti prese di posizioni sul conflitto ucraino e quello di Gaza.

In Ucraina molto fa ritenere che Trump potrebbe, mutatis mutandis, ripercorrere l’esempio inglorioso di Biden con il suo “ritiro” dall’Afghanistan. E questa volta gli europei potrebbero non avere interesse a seguirlo.

Già in molti hanno sottolineato come ci si trovi di fronte alla logica dei tanti sovranismi, se portata alle estreme conseguenze. Così, persino la certezza della Nato scricchiola. E  la “legge del più forte” potrebbe finire per mettere tutti a percorrere sentieri fino ad ieri impensabili. In grado di alterare certezze definite da tempo. E sarebbe paradossale vedere le due sponde dell’Atlantico coinvolte in una definitiva competizione commerciale. Con il rischio concreto di vederla tracimare ben oltre la reciproca rivendicazione tariffaria ed economica.

Non c’è così da meravigliarsi delle per ora vaghe “aperture” Ursula von der Leyen verso la Cina. Anche in considerazione dei possibili riflessi che la competizione sulla Intelligenza artificiale avranno sui vecchi equilibri geopolitici, di cui c’ha ieri parlato Giuseppe Sacco (CLICCA QUI).

In un futuro terribilmente prossimo, si potrebbe materializzare qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa; e cioè che a qualcuno potrebbe fare comodo l’applicazione del detto che l’amico migliore rischia di rivelarsi quello “più lontano”, visto come si è ristretto l’Atlantico.

Il “tana libera tutti” sembra, purtroppo, già serpeggiare nell’inconscio collettivo degli europei. E due recenti interventi su The Financial Times di personaggi come Macron e Draghi, fanno ritenere che anche ai vertici venga davvero avvertito un pericolo. E di tutto questo, si spera, tengano conto non solo Trump, ma pure tutto l’apparato produttivo, economico, tecnologico e militare statunitense.

Da Macron e Draghi viene in fondo, un appello, obtorto collo, ad un’opinione pubblica europea che, nonostante tutto, ancora si riconosce nei fondamentali che hanno fatto crescere il Vecchio continente: libero scambio di idee, persone e mezzi, Pace, inclusione e, in buona parte, solidarismo.

L’attuale situazione di stallo tra antichi alleati ci conferma che la logica del “me first”, e quindi della ricerca di ciascuno del ritorno alla propria singola “grandezza”, porta alla nascita di analoghi sentimenti da parte di altri. Anch’essi capaci di rinchiudersi nella logica del pensare prima ai propri interessi pratici perdendo di vista il quadro complessivo mondiale.

Molti ricordano l’attitudine “commerciale” di Donald Trump, anche se gli ultimi giorni fanno intravedere qualcosa di ben altro e di poco rassicurante. Se è senz’altro vero che quella attitudine, alla fine, potrebbe portare ad evitare i più cupi scenari, resta sempre la possibilità che essa, portata alle estreme conseguenze, finisca per scombinare del tutto quelle certezze cui ci siamo affidati dalla Seconda guerra mondiale in poi. Perché, se si gioca a “libera tutti” nessuno può avere la certezza di vincere.

Per quanto riguarda l’Italia sembra che una maggiore consapevolezza emerga sulla scelta europea, rivedendo le enfatiche, ambiziose aspirazioni a “fare da mediatori”. Forse si è capito che l’altra sponda non offre un approdo sufficientemente solido cui ancorare la gettata del “ponte” che qualcuno aveva in mente di progettare. Un ponte altrettanto indefinito come quello sullo Stretto.

Se questa scelta europea verrà confermata dai fatti, sarà probabilmente inevitabile, viste le attitudini di Matteo Salvini, che molto possa essere destinato a cambiare anche nel prossimo futuro della politica italiana.

Giancarlo Infante

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