La convivenza tra Trump e Musk andrà seguita con attenzione nei suoi sviluppi, nei prossimi anni, nella misura in cui e’ il banco di prova di un processo che ha preso avvio ben prima che comparissero sulla scena i due compagni di merenda ed è destinato ad andare ben oltre la loro attuale vicenda. In altri termini, un fenomeno a suo modo, “patognomonico” del tempo che viviamo e, cioè, di per sé significativo della cifra peculiare della stagione della storia in cui stiamo per essere risucchiati, perfino a nostro dispetto.

La politica – intesa come “discordo pubblico” ed espressione del sentimento popolare – sta da tempo cedendo il passo al potere elitario e meccanico, autocratico ed autosufficiente di una tecnica che pretende di fondare da sé e su di sé un percorso che, infine, la conduce a coincidere con sé stessa. Chiudendo e riverberando su di sé, in una sorta di girone infernale inossidabile, che dà ragione ad Emanuele Severino laddove afferma che la tecnica è il fatale ed ultimo approdo in cui, per forza di cose, cioe’ necessariamente ed ineluttabilmente, finisce per dissolversi il nostro destino.

In qualche modo, la diarchia che sta per insediarsi alla Casa Bianca, il rovesciamento delle parti che si intravede, per cui il potere della tecnica suborna la politica, è una sorta di risorgiva che porta alla luce un fiume carsico che via via sgretola ed erode il potere della politica e lascia un vuoto in cui – quasi ex-vacuum – finiscono per insidiarsi altre forze, più grezze e primitive. Una risorgiva, infine, forse addirittura benefica, nella misura in cui ci rende avvertiti – cosicché, se ne saremo capaci, potremo prendere le necessarie contromisure – del percorso rischioso in cui ci stiamo inoltrando.

Dal momento, secondo Severino, che la filosofia dell’ Occidente conosce solo il divenire, non ammette verità eterne e confini invalicabili, assistiamo ad un rovesciamento, che investe frontalmente anche la politica, tale per cui la tecnica da strumento diventa fine. Come se fosse mossa da un demone o, meglio, da una forza originaria, intrinseca e necessaria, ferrea ed inaccessibile, la tecnica assume un potere “illimitato”, destinato ad assorbire, nella sua logica inattaccabile, le istituzioni e la democrazia, lo stesso capitalismo e, perfino, il cristianesimo. Non resta – secondo l’allievo in Cattolica di Gustavo Bontadini – che questa inarrestabile bulimia che spinge la tecnica a gonfiarsi e crescere incessantemente su di sé, senz’altro fine che non sia la sua potenza. Senonché – e ciò concerne, in modo particolare, il discorso inerente l’Intelligenza Artificiale – l’ “illimitato”, ambito proprio della tecnica, attiene, pur sempre, la dimensione del “finito”. E questa è, ad ogni modo, tutt’ altra cosa che non quell’ “infinito”, cui l’uomo incessantemente tende, anche quando non lo sa.

Forse è qui che si apre un spiraglio, attraverso cui invertire la marcia e sottrarci alla deriva ineluttabile che Severino ci segnala. La cosa cosa concerne pure la politica. Peraltro, una risposta a Severino, fonte di una speranza capace di rovesciare il fronte, viene da Francois Jullien, filosofo francese, guarda a caso “ateo, eppure appassionato lettore del Vangelo di Giovanni, laddove afferma che solo il cristianesimo – anzi, Cristo in persona – rappresenta l’unica possibile ed inaudita novità, capace, ad ogni istante, di irrompere nella storia, cosi’ da trasformarla e rianimare il mondo.

Che sia lecito o necessario anche da questa prospettiva, volgere lo sguardo pure alla politica?

Domenico Galbiati

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