La politica come tale da tempo arranca e soffre, strattonata, come se volessero metterla fuori gioco, da altri poteri. O, forse meglio, da poteri “altri”, cioè differenti, diversi e dissonanti, difformi da quel “discorso pubblico” che – aperto a tutte le voci ed a tutti gli interessi che si muovono nel contesto sociale – declinato sul piano politico, garantisce che la sovranità popolare sussista e sia autorevole.

La politica soffre la vocazione universale che, per sua natura, le compete ed implica un incessante sforzo di sintesi a tutto campo.  Diretto a comporre, nell’interesse generale di un Paese, la pluralità scomposta e sfrangiata di istanze settoriali che tendono a lacerare quel tessuto che la politica deve, appunto, incessantemente ricucire.

Un compito sopportabile in una società più semplice, meno tumultuosa, più stratificata e prevedibile nei suoi sviluppi di quanton on sia oggi, in un ambiente che la complessità rende sfuggente ed impredicibile.

È, al contrario, tutto sommato, un gioco più agevole assumere un approccio alla realtà delle cose che sia parziale ed orientato da interessi privati e particolari, che nulla devono al bene comune. E tanto meno alla democrazia, partita guidata da gruppi elitari che nulla hanno a che vedere con una qualunque legittimazione popolare.

In questo caso, non è la sintesi, la composizione, l’integrazione, la ricerca di equilibrio e di coesione sociale, la promozione contestuale di giustizia e di liberta’ a guidare i processi, bensì la competizione, la rincorsa a primeggiare su altri e, se necessario, la forza, non l’armonia, a tenere il campo.

I poteri dell’economia e della finanza, della tecnologia e della comunicazione, la loro dimensione transnazionale tagliano trasversalmente gli Stati e subornano il potere della politica. Ora, questo processo è avviato da tempo, si muove, in un certo senso, serpeggiando sotto traccia, nel sottosuolo, si potrebbe dire, e via via erode e mina la stabilità del mondo così come lo cogliamo nella sua immediatezza quotidiana.

Solo qua e là questa sorta di fiume carico appare in superficie, forma risorgive che ne mostrano la presenza. È un processo in corso da tempo, ben prima ed a prescindere dalla comparsa di un soggetto, a dir poco, eccentrico come Elon Musk. Eppure, dobbiamo, in un certo senso, essergli grati, nella misura in cui concentra nella sua figura questi poteri “altri” rispetto alla politica: la tecnologia ed il profitto, l’economia e la comunicazione.

Elon Musk ne rappresenta, in un certo senso, l’icona e ci rende plasticamente avvertiti del pericolo verso cui ci inoltriamo, sostanzialmente inconsapevoli.

Domenico Galbiati 

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