Va ripreso il ragionamento sul popolarismo che prova nuovamente a sentire il soffio del vento nelle vele ( CLICCA QUI ). Soprattutto, dopo due giornate di dibattito tenute venerdì e sabato scorsi. La prima è stata quella organizzata da Insieme. Un lungo ed intenso pomeriggio nel corso del quale sono intervenuti esponenti delle tante componenti, associative, partitiche, culturali e personali, che formano l’estesa galassia di coloro che, sulla base di un’ispirazione popolare, vogliono caratterizzare una specifica presenza politica.
Noi abbiamo ribadito che lavoriamo per la convergenza, ma nella consapevolezza di dover presentare una qualità di pensiero, di capacità programmatica e di facce nuove in modo da delineare un progetto organico di trasformazione. In grado, quindi, d’indicare una credibile alternativa a tutto il quadro politico attuale.
Non si tratta di ragionare in termini d’accordo di vertice tra gli spezzoni in cui sono suddivisi oggi i popolari. Questo sarebbe davvero riduttivo. C’è bisogno di novità, di originalità. Soprattutto, dello sforzo di porsi in ascolto di quell’onda, anzi di quelle tante onde, che si agitano nel profondo della società italiana, tra le categorie rappresentative del lavoro e dell’economia, nel mondo della cultura e dell’associazionismo. Onde che originano tanto impegno spontaneo proprio dei territori dov’è tutto un fiorire di liste civiche e libera organizzazione da parte di chi non trova voce e spazi nel tradizionale sistema politico italiano. Non possiamo limitarci alla ripresentazione monotona e stantia di un progetto dal sapore nostalgico e antico.
Insieme è nato come partito proprio per superare la lunga stagione dell’irrilevanza, andata di pari passi con la divisione, frutto diretto dell’accettazione acritica della logica del bipolarismo, ma anche con la lodevole passione dell’associazionismo o del mero impegno per la formazione. Tutte cose importanti, ma che non sono riuscite a rispondere a quel più alto invito, prima di Pio XI, e poi di san Paolo VI, a recepire l’impegno politico come la più alta forma di carità. Solo con la politica si riesce a risolvere le questioni strutturali che originano disuguaglianze, estraniazione sociale ed esistenziale, divari territoriali, relativizzazione dell’etica rispetto ai fenomeni pubblici e collettivi oltre che accettazione di quella filosofia esistenziale dell’individualismo che sta facendo collassare il quadro sociale, le relazioni umane e, persino, distorcere il senso della Vita.
Non è dunque sufficiente concepire un’iniziativa politica che si limiti a portare qualcuno in Parlamento. Il problema non è quello di piantare delle bandierine, ma costringere l’intera società italiana, i partecipanti al gioco democratico e i responsabili delle istituzioni a misurarsi con un “pensiero forte” in grado di prefigurare una vita civile, economica ed istituzionale moderne ed efficienti, misurate sulla base della risposta effettiva fornita alle richieste pratiche, esistenziali e persino spirituali che, ancorché inespresse ed inascoltate, e dunque in grado di assumere un rilievo pubblicamente riconosciuto, ci agitano tutti.
Con il nostro incontro di venerdì scorso sono state poste le prime basi di una riflessione sì fatta, cui possano partecipare cattolici e laici. Ma il giorno dopo, abbiamo assistito ad un qualcosa del tutto diverso che, diciamocelo con chiarezza e lealtà, è apparso del tutto fuorviante.
Si sono riuniti infatti, vari amici che, a vario titolo, sono stati parte della diaspora, hanno dato vita a formazioni e ad esperienze che hanno finito per anteporre la partecipazione a questo o a quell’altro fronte del bipolarismo a tutto il resto. Purtroppo, sia quelli finiti nel centrodestra, sia quelli finiti nel centrosinistra non sono in grado oggi di indicarci di un solo successo ottenuto se non quello della presenza in Parlamento di qualche deputato e di qualche senatore.
Si tratta di amici, non dobbiamo mai dimenticarlo, ma che forse non si rendono conto di quanto sia difficile ripresentarsi al cospetto del corpo elettorale se non si propone qualcosa di nuovo. Dev’essere avvertita la generosità e la dedizione nell’anteporre gli interessi della gente ai propri. Non certo pensare di assolvere a questo compito limitandosi a ripresentare vecchi simboli.
Oggi ci è chiesto di esprimere un pensiero forte, un impegno coerente e disinteressato senza neppure lontanamente finire per dare l’impressione che si pensi di mettere assieme una sommatoria di sconfitte la quale, miracolosamente, dovrebbe sopperire a quella mancanza di capacità programmatica che ha caratterizzato gran parte della diaspora politica dei cattolici finora.
Giancarlo Infante