“Prepariamoci a navigare in acque sconosciute” ha scritto rivista “Il Mulino” due giorni prima delle elezioni. ed ha avuto buon gioco a prevedere il successo del partito di destra “Fratelli d’Italia” che ha vinto con un risultato superiore persino a tutte le previsioni.

L’analisi del voto, ben oltre i primi risultati, non sarà breve ma sin ora si possono delineare alcune conclusioni a caldo.

Ha vinto il partito di destra con l’ambizione di presentarsi alla guida del Governo, anche se Forza Italia e Lega non hanno certo avuto un buon risultato, uscendo ridimensionati in voti e in seggi. Berlusconi ha fatto il suo tempo ma alla sua maniera oggi si propone come ago della bilancia. Salvini ancora una volta ha sbagliato tutto e il rischio di trascinare nella caduta le realtà diffuse nelle regioni e negli enti locali gli sarà prima o poi contestata apertamente.

Il Pd ha perso nettamente. Si era posto l’obiettivo di superare il partito di destra ma la coalizione messa in campo in fretta e furia, persa l’occasione del “campo largo” con M5S e l’alleanza con Renzi e Calenda, è apparsa subito poco competitiva. La sua campagna elettorale è stata modesta, ordinaria e quindi insufficiente per un partito che è stato al governo a lungo negli ultimi dieci anni e doveva affrontare chi veniva dall’opposizione.

Ma ciò che va imputato al Pd è di non avere avuto l’iniziativa e la forza di cambiare la legge elettorale e i regolamenti di Senato e Camera, che pure aveva preannunciato nell’accettare e votare la riduzione del numero dei parlamentari. Così facendo ha lasciato giocare alla Meloni la carta che promette di rendere più semplici le istituzioni superando i blocchi che le divisioni interne e le lotte tra i partiti provocano in Parlamento. Poi la signora è andata oltre, vagheggiando riforme costituzionali, favorita dalla vergognosa settimana vissuta da tutti per l’elezione del capo dello Stato.

E’ facile prevedere che dentro il Pd si aprirà ora un confronto serrato e verranno avanti volti nuovi.

Il M5S ha evitato il crollo che era da tempo previsto, con un risultato dignitoso. Non ha influito il fatto che Conte resta pur sempre il primo responsabile della fine anticipata della legislatura, ma ha fatto la sua parte la difesa acritica del reddito di cittadinanza.

La Lega è uscita fortemente ridimensionata, ove si consideri che dimezza il risultato delle ultime elezioni politiche e crolla rispetto al risultato delle ultime elezioni europee, che pure aveva animato ambizioni di premiership. Non accadrà subito, ma la differenza dei consensi raccolti nelle aree del lombardo veneto (dove pure ha perso voti) rispetto a quelli complessivamente raccolti nel Paese non potrà anche qui che aprire un confronto interno dagli esiti imprevedibili.

L’affermazione di Calenda e Renzi, che volevano introdurre un fatto nuovo nello schieramento dei partiti, non c’è stata e in Parlamento saranno poco più che una presenza. Tenuto conto che partivano dal due-tre per cento hanno raccolto non pochi consensi, comunque insufficienti a sfondare la quota superiore al dieci per cento che si erano proposti.

I voti dicono già chiaramente chi ha vinto e chi ha perso, e queste sono le prime certezze. Meno certo il futuro di fronte ai problemi del Paese.

Questo futuro comincia oggi.

Guido Puccio

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