Perché il progetto di un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana abbia successo è necessario che vi sia, da parte di tutti coloro che intendono concorrervi, un sentimento aperto e generoso di grande disinteresse personale.
Si tratta di una condizione essenziale anche al fine di saper mantenere quella lucida capacità di giudizio che impedisca di incorrere in errori di valutazione politica che possano compromettere la necessaria linearità del nostro percorso.
Le modalità con cui aspetti emozionali, legati, ad esempio, ad attese, aspettative o ambizioni personali, interferiscono con la razionalità dei nostri processi cognitivi, andrebbero studiate con particolare riferimento alla politica. Si scoprirebbero cose interessanti.
Il nostro è un progetto delicato che esige una interpretazione sempre netta e coerente della sua ispirazione cristiana, una ferma attestazione del principio di autonomia anche laddove esigesse la rinuncia a qualche opportunità personale, la costante capacità di mettere in campo una competenza autentica e la volontà di lanciare una nuova classe dirigente. Non possiamo nasconderci che la nostra è un’ambizione alta che va oltre noi stessi e le nostre capacità, per cui a noi compete – se ce la facciamo – innescare un processo che poi sappia auto alimentarsi.
Non possiamo permetterci di sbagliare, tanto meno per assecondare il desiderio, pur legittimo per certi aspetti, che talvolta sembra di poter cogliere in esponenti politici che pensano sia stato un “destino cinico e baro” ad interrompere prematuramente il loro cursus honorum, cosicché soffrono un sentimento, ad un tempo, di deprivazione e di rivalsa. Senonché, ogni cosa a suo tempo.
Fortunatamente è stato il Cristianesimo, questo uno dei suoi tanti meriti, a frantumare quella concezione circolare del tempo coltivata dall’antichità classica che incupiva la vita nel ciclo di un eterno ritorno, restituendole, al contrario, quella linearità per cui il tempo irreversibilmente avanza e ci offre ogni giorno la sorpresa di nuove opportunità. Insomma, nessuno deve poter pensare che la volontà di dar vita ad una nuova stagione di impegno autonomo e competente dei cattolici nel nostro Paese sia in effetti finalizzata a rilanciare esponenti che la loro parte l’hanno già fatta ed in modo onorevole. Il nostro progetto apparirebbe strumentale e verrebbe gravemente compromesso il suo richiamo.
Beninteso, non si tratta di “rottamare”. La rottamazione è francamente parlando un’idiozia. Si tratta, piuttosto, di valorizzare – purché nel modo più utile ed appropriato – le competenze di chi ha maturato, nel tempo della sua lunga esperienza, la capacita’ di comprendere i processi della politica così da consigliare e sostenere i più giovani, studiando ancora, scrivendo, formando. Insomma, si tratta di passare il testimone, senza lasciarlo cadere a terra, senza interrompere la corsa, anzitutto accelerando il passo nelle ultime frazioni della staffetta, affidate, appunto, ai più giovani.
Ma questo intendimento a rinnovare davvero la classe politica – senza nulla concedere ad un “giovanilismo” di maniera non può essere una perorazione astratta, oppure una buona intenzione da conservare “in pectore”, salvo poi vedere come va. Va attestato in termini di fatto ed impegnativi, attraverso un gesto che sia, nel contempo, concreto e simbolico.
Ad esempio – e lo dico da ex-parlamentare – dichiarando, da parte di chi sia già stato eletto a Palazzo Madama o a Montecitorio, nel caso si concorresse alla competizione elettorale, quando sarà, di non proporre, né accettare alcuna propria candidatura. Chi fosse in carica e volesse riconoscersi nelle nostre posizioni, è giusto che – secondo le condizioni date al momento, se dovessimo essere autonomamente in campo – possa continuare la sua corsa. Ma chi ha già conosciuto altre impegnative stagioni politiche o per dichiarazione propria o addirittura per una disposizione interna del partito, se e quando sarà, concorra ad alzare la palla a chi ha il compito di schiacciarla a terra oltre la rete.
La vita, fortunatamente, anche in politica, non è un girotondo destinato a tornare sempre su se stesso, ma un cammino in avanti che si fa insieme. Peraltro – ribadisco – questo più di schietta generosità e di disincantato disinteresse personale è necessario da parte di tutti per il successo della nostra impresa.
Domenico Galbiati