Non capita tutti i giorni di imbattersi in un bel libro di storia italiana, per giunta scritto da uno psicanalista. Nel suo “Narrare l’Italia”, Luigi Zoja, storico per passione e psicanalista-sociologo di professione, ci svela  un mondo che ai più è del tutto sconosciuto. A buon punto di lettura, devo ammettere che su alcuni passaggi, come ad esempio quelli dedicati alla storia del Sud, il libro è veramente illuminante. Ci narra, con stile colto e attraente come la storia di ieri abbia condizionato il mondo di oggi. E al tempo stesso sembra che voglia indicare al Sud,  nella ricchezza e nello splendore del suo passato, percorsi inesplorati per il suo  futuro. Tanto per cominciare, ci racconta che durante la dominazione sveva e in particolare durante il regno di Federico II, il Mezzogiorno era il territorio più ricco e progredito d’Europa. Sarà vero quello che scrive Zoja? E se è vero, quali furono le ragioni politiche, economiche e morali che fecero del nostro Meridione, agli inizi del XIII secolo, il Regno più avanzato e “benestante” d’Europa?

Ebbene, signori miei, quello che scrive Zoja è tutto vero. Le fonti storiche, soprattutto le più autorevoli, ci dicono che durante il Regno di Federico II , il Mezzogiorno d’Italia fu uno dei territori più avanzati d’Europa sia sul fronte economico che su quello culturale. Questo periodo storico viene spesso descritto come un’epoca di splendore  non solo per il Regno di Sicilia ma per tutto il Mezzogiorno. Tanto per iniziare, gli Svevi  portarono in Italia un forte senso dell’organizzazione statale. Riuscirono a unificare il Sud in un unico Regno centralizzato, eliminando la frammentazione politica e feudale che caratterizzava il resto dell’Europa. Federico II fu il dominus, lo Stupor Mundi come lo definirono, che realizzò questo miracolo. Creò una pubblica  amministrazione molto avanzata per quei tempi. Il sistema fiscale era centralizzato, la burocrazia efficiente e nel campo religioso regnava una politica di tolleranza. La famosa “Costituzione di Melfi”, emanata nel 1231, stabilì una giustizia equa e moderna per l’epoca, riducendo il potere arbitrario dei feudatari. Sempre lui, col promuovere il multiculturalismo e la tolleranza, favorì una convivenza tra cristiani, musulmani ed ebrei, che contribuì a una grande circolazione di idee e al progresso culturale.

Gli Svevi intuirono subito che la posizione geografica del Sud era fortemente strategica. Il Mezzogiorno, infatti, era un crocevia commerciale tra Oriente e Occidente. I porti di Napoli, Palermo e Amalfi erano centri vitali per il commercio internazionale, collegati alle rotte mediterranee e alla Via della Seta. Tutta l’agricoltura era avanzata Si aggiunga a tutto ciò che il Regno di Sicilia aveva allora una solida economia monetaria. Un’ economia florida, basata su una moneta stabile (il tarì) e su una vivace attività commerciale che coinvolgeva mercanti di diverse nazionalità. Sul fronte della cultura, poi, il Regno di Sicilia primeggiò in quasi tutti i settori. Gli Svevi crearono un ambiente culturale unico. Invitavano poeti, filosofi, matematici e scienziati da tutta Europa e dal mondo islamico. La corte a Palermo fu un centro di diffusione di conoscenza, con influenze greche, arabe, ebraiche e latine. La coincidenza di una posizione geografica strategica,   con una politica illuminata e centralizzata, con una florida economia e un’apertura culturale senza precedenti fecero del Regno di Sicilia un modello di progresso nel Medioevo. Volendo azzardare un  paragone tra i tempi di allora e quelli di oggi, dovremmo ammettere che  la globalizzazione operata dagli Svevi fu una manna per il Sud.

Invece, quella creata mille anni dopo da un capitalismo senza regole, ci ha procurato solo illusioni, pochi benefici e…. tantissimi guai. Non sarà facile per il Sud occupare posizioni strategiche. Ma, nella prospettiva di nuovi equilibri globali, potrebbe avere qualche chance di riscatto.  Ha l’opportunità, in altre parole, di assumere un ruolo centrale, sfruttando al meglio la sua posizione strategica come ponte naturale tra l’Europa, il Nord Africa e il Medio Oriente.  Qualcosa si sta muovendo pure sul fronte europeo. Dopo la politica monetaria, anche i cosiddetti paesi frugali hanno capito, sotto la minaccia degli appetiti neosovietici di Putin, che è giunta l’ora di promuoverne altre, per completare il percorso avviato nel secondo dopoguerra. E quindi promuovere non solo  la politica economica e fiscale, quanto soprattutto quella della difesa e della sicurezza. Solo così potremo salvaguardare la  nostra libertà e la sopravvivenza dell’Europa. Sul piano geopolitico, il Mezzogiorno ha tutte le carte in regola per diventare un avamposto per la cooperazione diplomatica tra l’Unione Europea e i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Questo ruolo è cruciale in un’epoca in cui la sicurezza energetica e alimentare dipendono sempre più da rapporti stabili con partner come l’Algeria, l’Egitto e la Turchia.

Il Sud, con il suo patrimonio culturale e la sua storia di dialogo tra civiltà, può posizionarsi come mediatore tra il Nord e il Sud del mondo, promuovendo iniziative di pace e sviluppo regionale. Un esempio concreto è il potenziale di partenariati nel settore energetico, come il gas naturale e l’idrogeno verde, dove il Mezzogiorno potrebbe fungere da piattaforma per l’importazione e la distribuzione verso l’Europa. Dal punto di vista culturale, poi, il Meridione può giocare un ruolo di cerniera fra tradizioni europee, arabe e africane, favorendo il dialogo interculturale e il contrasto alla crescente polarizzazione globale. In un’epoca di migrazioni intense, le regioni del Sud possono rappresentare un esempio positivo di integrazione e convivenza, valorizzando le proprie radici multiculturali.  Città come Palermo e Matera sono già simboli di un patrimonio storico e culturale unico, capace di attrarre interesse globale e diventare un modello di rinascita urbana sostenibile.

Purtroppo, il Sud in questi ultimi decenni, è stato relegato ai margini dello sviluppo europeo. Con uno scenario geopolitico sconvolto da due guerre, – che  speriamo sia  pacificato quantoprima- , il Mezzogiorno ha davanti a sé un’opportunità storica, per ridefinire il proprio ruolo nel nuovo ordine mondiale.  E’ vero che la sua rinascita dipende soprattutto dai meridionali. Ma  non può in alcun modo prescindere da un forte impegno dello Stato e dell’Unione Europea. Il Sud, per tornare protagonista, ha bisogno di un Piano straordinario per le infrastrutture, per i trasporti, per la banda larga e la digitalizzazione. Ha bisogno di fondi per l’innovazione e la ricerca. Reclama politiche fiscali vantaggiose per attrarre investimenti. E soprattutto ha bisogno di un maggiore coinvolgimento delle sue comunità locali, per garantire che le politiche siano realmente efficaci per contrastare lo spopolamento, il declino e la fuga delle nuove generazioni.

Michele Rutigliano

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