Si è svolta a Roma la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, in una contemporaneità, forse non casuale, con pesantissimi bombardamenti, i più tremendi dall’inizio del conflitto: e un po’ come stendere i panni mentre diluvia.
Siamo alla quarta Conferenza sulla ricostruzione. Le altre si sono rivelate un flop. Si blatera ad alti livelli di Diritto internazionale, ma si chiudono tutti e due gli occhi su Gaza e su altri scenari. Quattro conferenze per l’Ucraina e neanche mezza per la ricostruzione di Gaza. E riguardo i morti civili, certo Netanyahu è in schiacciante vantaggio su Putin. A Gaza si è perso il conto delle vittime. Ho potuto ascoltare grandi discorsi retorici, ma niente che potesse aiutare ad indirizzare gli eventi verso la risoluzione dello scontro.
A Roma, ha aperto i lavori Antonio Tajani, ma poiché non ha il quid, passo oltre. La Meloni, ribadendo di ritrovarsi finalmente dalla parte giusta della storia, ha esaltato il patriottismo ucraino, forse dimenticando che tra i quasi dieci milioni di esuli in Europa, magari ben contenti di rimanerci, ci sono molti baldi giovani che preferiscono rinunciare al fronte e continuare a vivere. Ha poi esortato gli investitori a non aver timore di investire, magari in elmetti e giubbotti antiproiettile.
Anche Ursula von der Leyen non ha fatto alcun accenno alla volontà di pace. Ma la palma di guerrafondaio ad honorem va senz’altro al Presidente polacco. Ha affermato che i “volenterosi” sosterranno l’Ucraina fino alla vittoria: forse sa qualcosa che noi non sappiamo, ma se le cose dovessero andar male, forse, potrebbe avere qualche difficoltà a raccontarlo. Sulla stessa linea il tedesco Merz, ex uomo di Black Rock: assieme a Starmer sta pensando di trasferire aerei con potenziali armi nucleari in Lettonia: un segnale di pace?
Le fazioni si stanno schierando e il servilismo acritico è la nota predominante. Purtroppo siamo troppo spesso in presenza di semplici esecutori di ordini dall’alto, magari costretti, dobbiamo pensare, all’obbedienza con ricatti di vario tipo.
I nostri politici continuano a ripetere che l’Italia è e sarà vicina all’Ucraina, ma dimenticano di dire che per i sondaggi l’80% degli italiani è contrario al riarmo.
La Russia è scesa in guerra perché chiedeva che l’Ucraina non entrasse nella Nato, ma a tutt’oggi quello rimane ancora un obiettivo dichiarato e il Presidente ucraino partecipa da acclamata star a tutti i convegni dell’Organizzazione atlantica che non lesina aiuti e che, prima del febbraio 2022, aveva “abbaiato” con tre imponenti esercitazioni militari organizzate ai confini russi.
Ad avere una chiara visione su quello che era il compito iniziale della Nato è il Generale Mini, già Capo di Stato Maggiore delle forze Nato dell’Europa del Sud, nonché del contingente in Kossovo. Nel suo recentissimo libro”La Nato in guerra: dal patto di difesa alla frenesia bellica”, il Generale ci spiega, da profondo conoscitore, quella che dovrebbe essere la vera anima dell’Organizzazione, nata per scopi difensivi e cambiata nel tempo. Il libro, con la prefazione di Luciano Canfora, ci consegna un’analisi dei fatti di chi sa di cosa sta parlando, e la lettura è caldamente consigliata a tutti. Cito solo alcune frasi:” I paesi europei della Nato e della UE si dicono disposti a continuare la guerra contro la Russia a prescindere dalla Nato e dagli Stati Uniti: hanno riesumato la carica bellica che li ha sempre portati al disastro e alla smania dell’espansione colonialista”. Per poi aggiungere: ” Usa e Ue sanno che lo scontro diretto sarebbe fatale per tutti. Apparentemente stanno dialogando sull’Ucraina e senz’altro concordano su due punti fondamentali: 1) entrambi devono vincere;2) l’Europa deve pagare per tutti”. E ancora:” Siamo in presenza di uomini e donne che non sanno governare, che non conoscono gli strumenti di cui dispongono, che non si curano dei sacrifici che impongono, che non sanno stabilire le priorità dei propri fini e mezzi. E di questa ignoranza la guerra si pasce e si compiace”.
È palese, quindi, che la Russia non sarà al tavolo delle trattative finché il macigno non verrà rimosso. È così, l’unica alternativa dal suo punto di vista è continuare il conflitto, con danni continui, sofferenze infinite per la popolazione e con la non remota possibilità che tutto possa degenerare. Intanto, l’Ucraina è diventata di fatto una dittatura di guerra dove non esistono più da tempo testate giornalistiche e televisive libere o di opposizione.
Non riconoscere anche gli interessi della Russia, come successe nel 1962, ai tempi della cosiddetta crisi cubana dei missili, ma a parti invertite, quando ci fu il riconoscimento degli interessi americani, è l’errore della nostra squalificata e incapace dirigenza: piccole figure al confronto dei giganti del 1962, tra cui ricordiamo Papa Giovanni XXIIIe Giorgio La Pira.
Ecco allora lo scenario che si sta configurando: il mondo di nuovo spaccato in due con una nuova cortina di ferro e l’Ucraina divisa al posto della Germania divisa. Occidente da una parte e BRICS e soci dall’altra. E dobbiamo sempre sperare che si tratti ancora di “guerra fredda”.
Nel frattempo, la corsa agli armamenti favorirà i soliti. L’Europa, priva di materie prime, e odiata dal resto del mondo anche per le sue posizioni su Gaza, appare destinata purtroppo ad un probabile declino. Il parlare ipocritamente della soluzione dei due popoli e dei due stati senza riconoscerne uno dei due, è una delle più sconcertanti e nefande colpe di cui ci siamo macchiati quasi tutti, stigmatizzando per di più, e sempre servilmente, quanti invece avevano deciso di riconoscere la Palestina.
Se dopo quanto sopra, qualcuno dirà che sono pensieri di un “putiniano”, posso solo rispondere che sono pensieri di un cristiano.
Massimo Brundisini