Negli ultimi anni, l’Italia ha sempre cercato di bilanciare la sua bussola geopolitica tra la tradizionale fedeltà all’Alleanza Atlantica e il ruolo di mediatore all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, l’attuale governo sembra navigare in acque sempre più confuse, incapace di esprimere una linea chiara e coerente di politica estera. Il primo grande banco di prova – il conflitto russo-ucraino – ha evidenziato tutte le contraddizioni di una coalizione governativa che fatica a trovare una sintesi tra le diverse anime interne.

Se da un lato la presidente del Consiglio ha ribadito il sostegno a Kiev e la fedeltà alla NATO, dall’altro non sono mancati segnali contrastanti, soprattutto da parte di alcuni esponenti della maggioranza, tradizionalmente vicini a Mosca. Questa ambiguità rischia di compromettere la credibilità italiana in ambito europeo e atlantico, relegando il nostro Paese a un ruolo marginale e irrilevante nei consessi internazionali.

Altro fronte di grande preoccupazione è la politica commerciale dell’amministrazione americana, specialmente dopo le minacce pronunciate dal Presidente Trump nel discorso del suo insediamento il  20 gennaio scorso. La nuova amministrazione ha già imposto dazi del 25% sui prodotti europei esportati negli Stati Uniti, colpendo duramente l’economia italiana, che dipende in larga parte dall’export. Queste tariffe potrebbero colpire merci per un valore stimato di 500 miliardi di dollari, con un costo aggiuntivo di circa 105 miliardi di dollari per l’Europa.  L’industria manifatturiera, i settori agroalimentare e farmaceutico, la meccanica e l’automotive sono tra i comparti più penalizzati. L’Italia appare titubante, divisa tra il tentativo di mantenere buoni rapporti con Washington e la necessità di tutelare gli interessi industriali nazionali. Tuttavia, la mancanza di una strategia chiara potrebbe esporre il nostro Paese a gravi difficoltà economiche e diplomatiche.

A peggiorare la situazione, sono arrivate le dure dichiarazioni del Vicepresidente americano J.D. Vance, che ha criticato apertamente l’Europa, la NATO e la politica di sostegno europeo all’Ucraina in risposta all’aggressione e alla politica imperialista di Putin. Le parole di Vance hanno gettato benzina sul fuoco delle tensioni transatlantiche, lasciando l’Italia in una posizione ancora più precaria. Di fronte a una Casa Bianca sempre più ostile all’alleanza euro-atlantica e alle politiche di difesa comune, il governo italiano non ha ancora espresso una risposta decisa, alimentando dubbi sulla sua capacità di difendere gli interessi strategici nazionali e dell’intera Unione Europea.

Questo quadro di incertezza si inserisce in una più ampia crisi di coerenza della politica estera italiana, che negli ultimi decenni ha oscillato tra fedeltà all’asse euro-atlantico e tentativi di apertura verso altri attori globali, come la Cina con la Via della Seta. Il tentativo di aderire a quest’ultima iniziativa, poi ridimensionato sotto le pressioni statunitensi, è un ulteriore esempio della difficoltà italiana nel definire una strategia autonoma e sostenibile nel lungo periodo

Storicamente, l’Italia ha sempre saputo adattarsi ai mutamenti geopolitici mantenendo una posizione di equilibrio. Durante la Guerra Fredda, la scelta atlantica non impedì a Roma di coltivare rapporti con il Mediterraneo e l’Europa dell’Est. Dopo la caduta del Muro di Berlino, il nostro Paese ha partecipato attivamente alla costruzione dell’Unione Europea, cercando di rafforzarne la coesione politica ed economica. Tuttavia, oggi questo approccio sembra sfaldarsi sotto il peso di una leadership incerta e poco incisiva.

Le conseguenze di questa indecisione potrebbero essere gravi: il rischio è quello di un’Italia sempre più isolata, incapace di influenzare le scelte europee e atlantiche e, soprattutto, di difendere i propri interessi economici e strategici. La mancanza di una linea chiara nei confronti delle tensioni globali e delle nuove sfide commerciali potrebbe indebolire non solo la posizione internazionale dell’Italia, ma anche la sua capacità di garantire stabilità e prosperità per le proprie imprese e cittadini.

Serve un cambio di passo e un governo capace di affrontare con determinazione le sfide della geopolitica contemporanea, senza oscillazioni e ambiguità. In un mondo in cui la competizione tra potenze si fa sempre più serrata, l’Italia non può più balbettare o tergiversare né tantomeno  rimanere nel limbo dell’ ambiguità e dell’incertezza .

Michele Rutigliano

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