Che un ministro si metta in testa di cambiare ministero e pretenda di gestire la cosa in proprio, chiedendo al collega di alzare le terga dalla sua poltrona, è una facendo, oltre che irrituale, del tutto vergognosa. Trasuda una concezione proprietaria delle istituzioni francamente preoccupante e pericolosa. E’ lecito sperare che Giorgia Meloni abbia già provveduto a mettere calmo il suo vice e magari oggi stesso ne dia pubblicamente conto?
Soprattutto, nessun rispetto per il Quirinale, che Salvini vorrebbe alla mercé del Congresso della Lega. E questo la dice lunga in un discorso – ci torniamo poi – che rilancia il tema del premierato. Ma la cosa più sconvolgente è che Salvini vorrebbe il Viminale per fare della Lega il primo partito del Paese. Dovrebbe spiegare agli italiani, cominciando dai suoi alleati di governo, quale sia il nesso tra le due cose e, dunque, quale programma abbia per il suo nuovo incarico.
Eppure Salvini una cosa giusta l’ha detta. Contrariamente a chi ritiene che tra la postura “nazionale” di FdI e il progetto di “autonomia differenziata” della Lega vi sia una insuperabile contraddizione, Salvini risponde che le due cose possono e debbono camminare in parallelo. Come se il collante della maggioranza fosse la reciproca ricattabilità dei due attori della vicenda. Com’è possibile tutto questo?
Almeno per due ragioni. Anzitutto perché, per non darsi mancare niente e, soprattutto, non essere da meno di Trump, la politica è ridotta ad un mercato. In secondo luogo, Salvini sa o intuisce che la Meloni al baratto ci deve pur stare e, in ultima istanza, può addirittura trarne il suo vantaggio. Per quanto, l’introduzione dell’ “autonomia differenziata” non richieda una legge di ordine costituzionale, si tratta, pur sempre, di un provvedimento che può efficacemente concorrere a destrutturare, per la sua parte, il nostro ordinamento istituzionale, così come si pone oggi, e, dunque, facilitare il proposito di cambiarne il verso che Giorgia Meloni persegue con la riforma costituzionale incentrata sul “premierato”.
Tra le due destre al governo, salvo qualche baruffa in quanto alla ricerca del consenso, la sintonia potrebbe confermarsi profonda. E se c’è una rima di frattura nella maggioranza è destinata a correre tra le due destre da una parte e Forza Italia dall’altra.