Una buona legge elettorale dovrà soddisfare a due caratteristiche: salvaguardare la “rappresentanza” e garantire la “governabilità”.

In questo articolo vorrei approfondire il tema della rappresentanza. Ricordiamo che l’Italia è una repubblica parlamentare, come prevede la costituzione del 1948. È infatti il Parlamento che elegge, in modi diversi, sia il Governo che il Presidente della Repubblica.

Ogni elettore ha il diritto di sentirsi rappresentato in Parlamento da una o più persone che stima e di cui condivide le idee politiche.

Il tema della rappresentanza è un tema vastissimo. In queste righe vorrei affrontare solamente alcune “realtà” molto sentite da parte di tanti elettori, dovute alla legge elettorale, soprannominata “Rosatellum”.

Innanzitutto sceglierei il sistema proporzionale puro rispetto agli altri sistemi misti o maggioritari. Infatti il sistema proporzionale è quello che dà validità alla stragrande maggioranza dei voti dei cittadini; dipende infatti solamente dallo “sbarramento” che si intende proporre. Per esempio nel sistema uninominale puro, se ci sono in lizza 5 candidati, vengono resi vani tutti i voti espressi per i 4 candidati perdenti e solo i voti di chi vince vengono “presi in considerazione”, anche se, come capita spesso, questo raggiunge solo il 30-40 % dei voti validi. Quindi il 60-70% dei voti degli elettori che hanno scelto gli altri candidati vanno “perduti”.

L’amore ai cittadini mi spinge a valorizzare le loro scelte nel numero più ampio possibile e quindi a preferire il sistema proporzionale, abbassando il limite della non considerazione del voto solamente alle liste che non arrivano all’uno per cento, oppure, in alternativa, alle liste che non arrivano ad avere almeno 300-400 mila voti validi.

Prendendo in considerazione i voti espressi nelle politiche del 2018 in cui si è votato con il “rosatellum” sono ben 12 le liste che, alle elezioni per la Camera dei deputati, hanno preso meno di 50.000 voti, ma la loro somma complessiva arriva a meno di 198.000 voti.  Sono invece 6 le liste che hanno preso dai 100 ai 300 mila voti circa restando però sotto l’1%, per un totale di 1.134.000 voti ca.

A questi voti “persi” vanno aggiunti, purtroppo, anche quelli ricevuti da altre tre liste che, pur superando l’1% dei voti validi, sono rimasti sotto allo “sbarramento” del 3% e perciò non hanno ottenuto seggi. Sommando gli elettori che hanno scelto questi tre partiti si ha un totale di circa un milione e 630 mila elettori che hanno visto vanificato il loro voto. Complessivamente quasi tre milioni di elettori.

Sarebbe, a mio avviso, da risolvere Il tema della proliferazione delle liste, ma lo spazio di questo articolo ci proibisce di affrontarlo ora.

Abbiamo ipotizzato il sistema proporzionale puro e lo sbarramento basso per coinvolgere i cittadini nel maggior numero possibile, ora vorrei affrontare un altro tema molto caro a me, ma credo anche a tanti cittadini: essere messi in condizione di poter scegliere persone con cui si ha un certo tipo di rapporto.

Un iscritto ad un partito ha, in qualche misura, un rapporto con il candidato o i candidati di quel partito. Sappiamo però che gli iscritti ai partiti sono sempre meno, mentre una parte considerevole dei cittadini appartiene o simpatizza per associazioni, movimenti sia civili che religiosi. Pensiamo agli enti del Terzo Settore, ma anche ai movimenti spirituali come il Rinnovamento, Sant’Egidio, Azione Cattolica ed altri; pensiamo anche alle associazioni o movimenti civili come il WWF, Emercency e altri. Molti cittadini elettori si sentono “legati” a queste associazioni e, nel caso ci fossero alcune persone “candidate” desidererebbero poter dare la loro preferenza ad una di queste, che sentono molto vicine per sensibilità e di cui hanno fiducia. I media oggi alimentano contatti anche profondi e sintonie di pensiero con persone diffuse in tutto il territorio nazionale. Come tener conto di queste esigenze degli elettori?

Inoltre la realtà dei fatti ci dice che anche i vertici dei partiti hanno la necessità di poter garantire l’elezione in parlamento ad alcune persone “esperte” in qualche campo e loro “consigliere”. “Paracadutati” è il termine negativo con cui queste persone “esperte” vengono percepite dagli elettori di un collegio: non sono sentite come proprie rappresentanti.

Per ovviare a tutte queste difficoltà e mettere in grado i cittadini di votare più sereni offro all’attenzione del lettore questa mia ipotesi.

  • In ogni collegio elettorale ogni partito presenta la propria lista di candidati con un minimo di X ed un massimo di 2X persone. La differenza di genere deve essere garantita almeno al 40%. X potrebbe corrispondere al numero dei seggi collegati ad ogni singolo collegio.
  • A livello Nazionale ogni partito presenta una lista unica nazionale in cui fa confluire le persone che sono ritenute utili e necessarie per una presenza qualificata del partito stesso in Parlamento. Questa lista potrebbe contenere da un minimo di 20 ad un massimo di 40 persone.

Ogni elettore potrà esprimere il proprio voto scegliendo la lista ed esprimendo una preferenza sia nella lista locale del proprio collegio che nella lista unica nazionale.

In base ai voti della lista e alle preferenze, i seggi verranno attribuiti alternativamente uno alla lista unica nazionale e uno alle liste dei collegi del territorio, con il sistema attualmente in uso per l’attribuzione dei seggi proporzionali.

Ecco allora, per ipotesi, un partito piccolo che prende 16 seggi divide i suoi seggi prendendo le prime 8 persone che hanno ricevuto più preferenze dalla lista unica e le prime 8 persone dai collegi del territorio nazionale che hanno avuto la percentuale più alta di voti e, all’interno di questi collegi, il seggio verrà attribuito alla persona che ha avuto maggiori preferenze individuali.

Così un partito grande che prende 120 seggi complessivamente, vedrà attribuiti 40 seggi alla lista nazionale, che vedrà quindi elette tutte le persone in lista, mentre le altre 80 persone verranno nominate dai collegi del territorio.

A mio parere, sarebbero da evitare le pluricandidature. Ogni persona può essere candidata una sola volta ed in una sola lista: o nella lista nazionale o nella lista del collegio territoriale. I leader nazionali e i loro “esperti” si candideranno nella lista nazionale, mentre i leader locali e alcune persone “stimate in loco” potrebbero essere candidate nella lista locale per attirare voti e, la scelta degli elettori potrebbero premiarle.

In questo modo si favorirebbe, sia dal tempo precedente le elezioni, sia poi durante tutto il periodo della legislatura, il contatto diretto tra eletto (eleggibile) ed elettori che è alla base della democrazia rappresentativa.

Mario Chieregato

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