Questa è la seconda parte dell’articolo pubblicato ieri (CLICCA QUI)

Un federalismo  oggi in Europa ?

L’idea di federazione era dunque l’idea di una limitazione del potere assoluto degli Stati; l’ idolo della nazione aveva prodotto  autoritarismi e guerre ed, alla fine, persino il totalitarismo nazista. Per tagliare il male alla radice bisognava disciplinare e delimitare quel potere assoluto degli Stati, ponendo al di sopra degli Stati una sovranità di rango superiore rispondente al popolo europeo e quindi a un corpo sociale composito per differenze di orientamento e di interessi, una sorta di  contropotere che opponesse resistenza alla costruzione di eventuali egemonie statuali.

Perché tornare però oggi a ripensare quel federalismo originario che non si è realizzato?  Non certo per il fascino astratto che quel modello ideale offre configurando una forte e compiuta integrazione politica. Non si tratta neppure di cadere nelle trappole del “perfettismo”.

Dobbiamo tornare a ripensare ai principi di Ventotene  per il motivo che la costruzione istituzionale europea è sempre stata, dal 1950 in poi,  una costruzione in divenire almeno sino al 2007 quando si è sottoscritto il trattato di Lisbona dopo il fallimento della Costituzione europea nel 2004. Da allora, proprio nella fase degli intensi e radicali mutamenti del XXI secolo e in un contesto di crisi senza precedenti ( l’esplosione terroristica del 2001, la crisi delle finanze del 2008, la crisi del Covid del 2020, la crisi bellica del 2022, la crisi mediorientale del 2023, quasi una inaudita successione apocalittica di carestia, peste e guerra), quel processo di costruzione europea, si è venuto a bloccare, a paralizzarsi, proprio mentre l’ UE si allargava a dismisura, soprattutto ad est.

Cosa è divenuta dal punto di vista istituzionale oggi l’ UE? A metà strada tra confederazione di Stati e federazione di Stati il problema della struttura istituzionale non può essere semplicemente negato ( non sarebbe necessario, la costruzione sarebbe essenzialmente compiuta, salvo piccoli ritocchi) o archiviato perché rinviato a “tempi migliori” privi cioè di “emergenze”( non sarebbe possibile, come si dice però dal 2007). E naturalmente lo smarrimento che si esprime nell’appello disperato del  “do something” non può certo essere accettato.

Il fatto è che abbiamo abbandonato il principio di limitazione dei poteri statuali – il potere anche come contropotere-  e di disciplinamento del potere politico che era lo spirito del federalismo di Ventotene, in un certo senso il compito e la missione dell’ Europa, che oggi più nessuno ricorda.

L’attuale costruzione europea- notoriamente non coincidente né con la federazione ( modello oggi decisamente scartato nei fatti) né con la confederazione di Stati sovrani ( modello apertamente sostenuto dai Conservatori e Riformisti) , ma un modello intermedio e assolutamente peculiare, ma anche estremamente precario ed ormai inaffidabile-  è stata a suo tempo definita, credo in modo equilibrato,  un “federalismo post nazionale dei poteri esecutivi” ( Barbara Spinelli Phenomenology of Mind n. 8  2015, p. 148) utilizzando un  termine coniato da Jurgen Habermas.

Se vogliamo usare il termine “federalismo” dovremmo infatti dire, come ben spiegano Aglietta e Leron,  che

“ all’inverso del modello di un federalismo unitario, in cui il circolo ascendente della legittimazione  tra cittadini e Stato federale è diretto, mentre il  circolo discendente  di obbedienza è  indiretto, il sistema politico europeo presenta un modello in cui il circolo ascendente   di legittimazione tra cittadini  UE  è indiretto e mediato dai governi nazionali, mentre  il circolo discendente d’obbedienza tra UE  e cittadini è , o è percepito,  come diretto”( M. Aglietta N. Leron  La double democratie, Seuil, Paris, 2017. P. 71).

Nel “federalismo rovesciato” dell’ UE il potere centrale e unificante è un potere mediato dai poteri governativi ( “federalismo degli esecutivi”) e, per forza di cose, orientato dai governi finanziariamente più forti. Ed in aggiunta, per ciò che concerne il livello economico e finanziario ( laddove esiste un federalismo ma solo della moneta) il livello “europeo” non acquisisce mai poteri che i singoli Stati perdono, ad esempio quello di sviluppare politiche economiche o sociali, dato che, nel sistema liberista accettato, non si prevede alcuna unione fiscale e si accetta la moneta comune senza un fisco comune. Con gli squilibri risolti coi meccanismi finanziari, con le delocalizzazioni o le svalutazioni del lavoro.

Di fronte alle crisi, le debolezze dell’ UE

Quale il risultato? Semplicemente che di fronte alle crisi impreviste e imprevedibili, ma continue ed ininterrotte  dal 2001 in poi , quelle istituzioni vengono sospese, in favore di deroghe particolari ( ad es. agli aiuti di Stato), “trattati paralleli” ( Fiscal Compact e MES) , comunicazioni interpretative della Commissione, uso strumentale di articoli dei trattati restrittivi dei poteri rappresentativi ( art. 122 TFUE), iniziative estemporanee di “volenterosi” a geometria variabile.  Le iniziative di “solidarietà” economica e finanziaria introdotte col Covid sono rimaste eccezioni, persino di fronte al problema della guerra ai confini europei, di fronte alla quale si continua a negare la possibilità del debito comune, cioè della solidarietà finanziaria.

Col risultato di incrementare la competitività tra i governie tra gli stati, di incendiare i sovranismi e i contrapposti nazionalismi, ritornati dopo un secolo in Europa.

Le conseguenze della carenza di un sistema ordinato  di equilibrio e disciplina dei poteri produce un effetto paradossale ma logico. Il potere del’ UE sempre più debole come potere precario, ondivago, sempre bisognoso di derogare alle norme, ma anche perché un potere non rafforzato dal sostegno dei cittadini che si sentono scavalcati e prevaricati dalle stesse scelte che riguardano la pace e la guerra. Non può non suscitare questa percezione il fatto che il Piano ReArm Europe non abbia avuto neppure bisogno di una votazione e di un dibattito parlamentare. Come in un dispotismo o in una autocrazia o in una democrazia illiberale.

I poteri inesistenti del  Parlamento europeo

Forse è qui uno dei punti da cui bisogna ripartire. Nel “Sogno” europeo così ampiamente e retoricamente illustrato da Roberto Benigni nel monologo del 19 marzo, c’era un punto, forse sfuggito a molti, in cui Roberto faceva rilevare un elemento di difficoltà, una grave limitazione di questo sogno ad occhi spalancati: la debolezza dei poteri del Parlamento europeo.

Gli Italiani finora non hanno mai saputo dai loro rappresentanti politici che il Parlamento europeo non ha effettivi poteri di iniziativa legislativa, che solo la Commissione ( cioè il governo) ha poteri di iniziativa legislativa ( che strano vero? Succedeva in qualche regime?), che il Parlamento non può decidere la propria legge elettorale, dato che le elezioni europee ancora attendono una procedura elettorale uniforme, che faccia di tali elezioni vere elezioni europee e non la somma di ventisette elezioni nazionali, come ritiene l’ OCSE in un rapporto ufficiale di molti anni fa.

Lo spirito di Ventotene significa tornare a discutere sulla emergenza delle emergenze per noi europei, cioè su come CAMBIARE I TRATTATI per introdurre i veri elementi di federalismo di cui abbiamo bisogno. Lì troveremo anche gli strumenti per dare un serio contributo alla PACE VERA quella che include sempre la giustizia e non ha alcun bisogno dell’ aggettivo “giusta” ( che è invece necessaria quando si fa un regolamento di conti dopo un conflitto). E’ la PACE senza appellativi ciò a cui può servire una Europa davvero, per certi aspetti,  federale.

Umberto Baldocchi

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