Gratta, gratta vengono fuori i radicamenti culturali di Giorgia Meloni. Il suo discorso sul Manifesto di Ventotene ci dice quasi tutto dei suoi, diciamo così, riferimenti nostalgici. A lei, infatti, non le piace sentirsi ricordare in quale humus si è formata, e, dunque di conseguenza, di dove batta il dente sull’Europa.
Il dileggio del Manifesto europeista di Spinelli, Colorni e Rossi, ha anche confermato come lei usi vari pesi e varie misure a seconda delle convenienze. Quando si parla di fascismo dice che si deve contestualizzare. Ma questa corretta pratica non le va bene in altre occasioni. Come nel caso della Carta elaborata nell’isola dei confinati antifascisti in un preciso momento storico. Il fatto è che ella sa bene come quelle pagine significano il contrario del sovranismo nazionalista mussoliniano, di allora, e le stesse sue dottrine in politica estera, di oggi.
A chi dice che noi siamo troppo polemici con questo Governo rispondiamo chiedendo se le cose della vita, la politica, e come la interpretano i suoi personaggi, non abbiano bisogno di essere seguite secondo uno schema logico fissando delle priorità da cui far discendere le valutazioni. E tra le prime di queste vi sono la difesa degli equilibri istituzionali e la partecipazione al processo europeo. E la Meloni, in questo caso, senza che vi fosse alcuna necessità, ha preso a pretesto la valutazione del Manifesto di Ventotene per esprimere in modo sintetico quale sia il suo vero pensare.
Il voler rispondere a tutti costi alla piazza europeista di sabato scorso, segno che il messaggio le è giunto forte e chiaro, si è rivelata come “voce dal sen fuggita”. Non perché ce ne fosse bisogno, almeno per chi la segue attentamente tutti i giorni: ha solo confermato l’animo con cui la nostra Presidente del consiglio si accinge a partecipare al Consiglio europeo illudendosi di poter a lungo stare con un piede di qua e l’altro di là.
In ogni caso, farebbe bene a non dimenticare che va a Bruxelles a rappresentare tutti gli italiani, inclusi quelli delle piazze pro Europa… Non solo, dunque, il suo poco più del 15% effettivo di voto elettorale, e le sue mezze e ambigue mediazioni interne con l’infido Salvini.
Non ascolti dunque solo i leghisti i quali, tra l’altro, le hanno detto a chiare lettere in Parlamento di non averle dato alcun mandato a sottoscrivere l’accordo definito in materia di difesa. Incredibile, ma vero…