Non siamo così blasfemi da usare l’intera allocuzione medioevale secondo cui “vox populi” è “vox Dei”. In un momento in cui un “Nome” da rispettare viene spesso citato invano per mere finalità politiche, è meglio restare ai fatti. Che sono quelli della spontaneità con cui in Italia- ma pure in tante altre parti del mondo, anche se questo non ci viene riportato sempre, come accaduto per la manifestazione, sempre di ieri, a Londra- il popolo è unito in un unico sentimento di pietà per quello che da troppo tempo sta accadendo ai danni del popolo palestinese.

Un sentimento che qualcuno prova a sporcare. Come quei pochi deficienti che hanno fatto proprio lo slogan di Hamas ” dal fiume al mare”, che poi è specularmente simmetrico alla stessa pretesa di Israele di occupare tutto dal Giordano al Mediterraneo. Oppure, chi ha imbrattato la statua di san Giovanni Paolo II della Stazione Termini. Per non parlare dei responsabili della violenza esplosa nella zona di Santa Maria Maggiore a Roma alla conclusione della manifestazione. E a questo riguardo devo denunciare che – come mi hanno riferito due testimoni oculari presenti – un gruppo di questi facinorosi travisati da dei passamontagna era già da tempo in zona senza che chi di dovere li fermasse con largo anticipo.

Ma non erano questi gli intendimenti della enorme folla confluita a Roma ieri, o di quelle che, anche in altre parti del Paese, hanno partecipato allo sciopero generale di venerdì scorso.

E sappiamo bene – li ascoltiamo ogni giorno in televisione – che ci sono quanti, dall’alto della loro cinica conoscenza di “come va il mondo”, preferiranno mettere l’accento più su queste cose più che marginali. Al fine di fare in modo che, poi, la “politica” ritorni a mettere le cose a posto. Sopendo e mediando. A volte, facendo del bene. A volte, tornando a chiudere gli occhi su quella prepotenza contro cui si sta scendendo per le strade.

C’è da chiedersi quanto in questo movimento di folle non ci sia soprattutto l’espressione di un impeto collettivo contro l’istinto alla sopraffazione da parte del più forte. Ben al di là di ogni valutazione politica e delle considerazioni proprie di quella disciplina che da un qualche tempo sentiamo presentare come “geopolitica”. Ed anch’essa, come molte discipline accademiche, rischia di finire per perdere il senso più profondo di quello cui aspira la stragrande maggioranza degli esseri umani.

La reazione popolare è, d’altro canto, anche frutto della catalizzazione di un’impotenza e di una frustrazione che nascono nel vedere come troppi governanti non fanno quello che ci si aspetterebbe facessero. E che, invece, gli è stato visto fare in altre occasioni. Ad esempio, com’è stato ed è per l’altra drammatica e sanguinosa storia dell’Ucraina. E molta della gente in strada negli ultimi tre giorni – com’è nel nostro caso – non ha dubbi nel sostegno contemporaneo da assicurare sia agli ucraini, sia ai palestinesi. Con una  coerenza di cui non c’è traccia in chi guida il Paese.

La gente vorrebbe dedicare il proprio week end ad altro. Ma sente la necessità di passarne almeno una parte a marciare perché è convinta, altrimenti, che nessuno si muoverebbe a pietà, lasciando invece che i Netanyahu, gli Smotric, e i Ben Gvir  massacrino un popolo intero.

Non c’è bisogno quindi di abbandonarsi a complesse elucubrazioni nel commentare quello a cui stiamo assistendo e che, in qualche modo, dà una lettura completamente diversa dell’immagine del popolo italiano. Almeno in questo caso, tanto lontano e diverso da chi guarda le cose del mondo solo attraverso la lente delle proprie alleanze politiche e degli interessi commerciali.

E questo vale anche in altri paesi, non solo europei. Crediamo che senza la “vox populi” molti governanti sarebbero rimasti nel chiuso della loro ambiguità – vedi il caso di Starmer nel Regno Unito- e lo stesso si ha l’impressione che valga per chi comanda o regna nei paesi arabi ed islamici. Insieme alla voglia di risolvere vecchi contenziosi con quei palestinesi, che hanno sempre mostrato uno spirito di indipendenza nei loro confronti, devono però anche fare i conti con oltre un miliardo di persone che, dal Mediterraneo all’Indonesia dicono sempre più basta. Sembra averlo capito persino Donald Trump.

Giancarlo Infante

About Author